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Agricoltura biologica, pubblicate le linee guida per l’armonizzazione degli aiuti nei Psr

L’obiettivo principale del Working Paper "L’agricoltura biologica nello sviluppo rurale e l’uso della Rica per il calcolo dei pagamenti delle aziende biologiche", pubblicato in questi giorni dalla Rete Rurale Nazionale,  è fornire una base di discussione per promuovere un eventuale coordinamento tra le Regioni, al fine di favorire una maggiore omogeneità dei pagamenti per l’agricoltura biologica tra i Psr di Regioni limitrofe, ma che presentano caratteristiche pedo-climatiche, tecnico-economiche e di mercato simili, evitando sovra o sotto-compensazioni distorsive della concorrenza tra i produttori biologici.

Si intende lanciare, così, alcuni elementi di riflessione sull’opportunità di ripensare all’utilizzazione dei diversi strumenti di natura agroambientale messi in campo dalla politica di sviluppo rurale comunitaria, al fine di un utilizzo più mirato della stessa misura agricoltura biologica in quei contesti dove l’adozione di tale metodo di produzione può determinare degli effettivi benefici ambientali.

All’inizio del nuovo periodo di programmazione 2014‐2020 degli interventi per lo sviluppo rurale, si ripropone la questione della congruità dei pagamenti destinati a compensare i servizi di interesse collettivo (esternalità) forniti dalle aziende biologiche. Malgrado siano passati oltre venti anni dalle prime misure agro‐ambientali comunitarie (reg.CE 2078/1992), il meccanismo di calcolo dei pagamenti è rimasto sostanzialmente immutato e basato prevalentemente sulla compensazione del mancato reddito (maggiori costi e/o minori ricavi) indotto dall’adesione al disciplinare produttivo biologico.

Dopo vent’anni è tuttavia necessario riflettere non solo sui risultati conseguiti dalle politiche agro‐ambientali, ma anche sul meccanismo dei pagamenti in funzione degli obiettivi di lungo termine che si intendono perseguire. I pagamenti agro‐ambientali hanno avuto l’innegabile merito di accelerare lo sviluppo e la diffusione del metodo biologico in Italia, come evidenziano i dati del trend 1996-2012 (Sau +349 per cento, operatori +287 per cento), ma è altrettanto chiaro che sono emerse diverse criticità, alcune delle quali direttamente connesse al meccanismo contributivo.

In questo lavoro è affrontata con particolare attenzione la questione relativa alla determinazione dei premi, proponendo una metodologia di calcolo e una base informativa di riferimento per le Autorità di Gestione (AdG) dei Psr. Le passate programmazioni, infatti, si sono sempre caratterizzate per uno scarso coordinamento tra le AdG, impegnate nel rispetto dei tempi di implementazione e avvio dei Psr, per cui gli sforzi si sono concentrati sugli aspetti più pratici che su quelli “relazionali” e di concertazione. Si è così ottenuto un effetto non desiderato, dato dalle notevoli differenze tra i livelli dei pagamenti stabiliti dalle Regioni per le stesse colture. Queste differenze hanno in alcuni casi penalizzato o favorito le aziende biologiche che operano in condizioni pedo‐climatiche, tecnico‐economiche e di mercato analoghe, ma localizzate in regioni diverse. Da considerare infine che una notevole diversificazione regionale dei pagamenti potrebbe anche alimentare dei dubbi sull’effettiva congruità dei pagamenti stabiliti per la stessa coltivazione in aree limitrofe.

Secondo il nuovo regolamento per lo sviluppo rurale (Reg. (UE) n. 1305/2013, art. 29), i pagamenti per l’agricoltura biologica compensano i mancati redditi, i costi addizionali e quelli di transazione direttamente connessi all’adesione dell’azienda agricola al disciplinare produttivo biologico (Reg. (UE) n. 834/2007). Lo stesso regolamento, all’art. 62, fornisce alcuni criteri di base da rispettare per la definizione del pagamento.

Ben venga, quindi, il lavoro svolto dalla Rete Rurale Nazionale, alle cui indicazioni, Coldiretti ritiene che le Regioni debbano attenersi con la massima attenzione in quanto lo sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia, può essere incentivato ulteriormente, colmando alcune criticità del settore, proprio impegnando in modo più razionale i regimi di sostegno previsti dalle misure agroambientali, evitando, inoltre, che si verifichino situazioni di gap concorrenziali, rispetto ai medesimi orientamenti produttivi aziendali, tra imprese biologiche operanti in Regioni diverse. 

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