il Punto Coldiretti

Ambiente e clima, uno sguardo al futuro delle politiche europee

La Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo ha intervistato, attraverso una audizione, il Commissario deputato all’ambiente del Parlamento europeo, Janez Potočnik, e il Commissario deputato alle azioni sul clima, Connie Hedegaard. Le dichiarazioni rilasciate dai commissari delineano lo scenario delle politiche ambientali e climatiche europeo nel prossimo futuro e offrono numerosi spunti di riflessione. Secondo il Commissario Potočnik, ad esempio, la sostenibilità ambientale rappresenta una questione centrale del futuro politico, economico e sociale dell’Unione europea e del pianeta. Le pressioni dell’uomo sugli equilibri ambientali, negli ultimi tempi, hanno, infatti, accelerato le urgenze e reso il problema molto più attuale, con la conseguenza che gli effetti negativi interesseranno non solo le generazioni future, ma anche l’attualità.

L’incremento demografico, la crisi economica, la consapevolezza sempre maggiore dell’incidenza umana su ambiente e clima e sullo sfruttamento delle risorse naturali, fanno si che la questione ambientale oggi sia da considerare sempre più centrale e basata sull’accettazione delle rispettive responsabilità. Il Commissario ribadisce l’urgenza, specie nella Ue, di sviluppare una nuova economia verde, basata sulla conoscenza. Rispetto alle priorità enunciate dal Commissario all’ambiente (promozione economia verde, contenimento della perdita della biodiversità e miglioramento della normativa ambientale) Coldiretti esprime un particolare interesse verso quelle azioni, definite come molto importanti, volte a favorire una sostanziale modifica dei modelli di consumo.

La crescita della consapevolezza dei consumatori, sempre più orientati a preferire prodotti ottenuti in modo sostenibile e sicuri per ambiente e clima, costituisce, infatti, una grande opportunità di risparmio delle risorse sia per la società che per le stesse imprese agricole. Per questo è necessario orientare sempre più gli strumenti di competitività del settore agricolo in questa direzione, anche per recuperare quel valore aggiunto oggi fortemente indebolito dalla forbice dei prezzi tra produzione e consumo. In questo senso, ci si aspetta un sostegno concreto ai modelli di produzione e consumo basati sulla filiera corta, in grado, tra l’altro, di far coincidere gli obiettivi delle politiche ambientali con quelli delle politiche climatiche. La filiera corta, infatti, permette la riduzione delle emissioni da trasporto, il risparmio delle risorse naturali ed energetiche, ma offre anche la garanzia di un maggiore reddito delle imprese agricole, in grado, conseguentemente, di migliorare ulteriormente le proprie performance sociali ed ambientali, quali l’azione di presidio territoriale e la conservazione della biodiversità.

Anche le preoccupazioni espresse dal Commissario circa il rispetto degli obiettivi di conservazione delle biodiversità sono condivise, ed in questo senso si segnala la necessità di una politica comunitaria unitaria, ma che al tempo stesso sia in grado di promuovere e valorizzare le specificità culturali e territoriali dei diversi stati membri. Occorre, inoltre, evitare a tutti i costi che la crisi economica possa costituire un elemento frenante delle politiche ambientali dell’Ue. Sarà, invece, importante sostenerle con maggiore forza e convinzione se non si vuole veder regredire gli importanti risultati conseguiti sino ad oggi con una conseguente perdita anche di importanti posizioni di leadership politica ed economica. Come anche evidenziato nel resoconto dell’audizione del Commissario europeo designato alle azioni sul clima, la danese Connie Hedegaard, infatti, le scelte dell’Europa nell’affrontare la grande sfida dei cambiamenti climatici determineranno il ruolo strategico dell’Ue nel mondo nel prossimo futuro.

Coldiretti non può che concordare sulle enunciazioni della Hedegaard, che indica nei cambiamenti climatici la principale sfida del secolo. Anche nelle politiche climatiche, dunque, l’Europa non può rimanere indietro e il clima deve diventare una parte integrante di tutte le politiche settoriali. Coldiretti è pienamente d’accordo sul fatto che, specie in ambito climatico, l’accumulo di ritardi equivale alla perdita di opportunità per la società e per le imprese. Ritardare gli investimenti su ambiente e clima significa, infatti, perdere occasioni di crescita, di occupazione e rendere l’Europa sempre più dipendente dalle forniture fossili provenienti dall’estero.

La trasformazione necessaria al raggiungimento degli obiettivi climatici in ambito europeo dovrà essere condivisa da tutti i settori e tutti i cittadini europei saranno chiamati a giocare un ruolo. Tuttavia, Coldiretti ritiene che il ruolo dell’agricoltura in questo senso sia particolarmente importante e forse ancora troppo sottovalutato in Europa. Se risulta condivisibile l’approccio del Commissario Hedegaard rivolto ad un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili e ad una particolare attenzione alla riduzione delle emissioni nei processi di produzione energetica, Coldiretti ritiene che un maggiore investimento in agricoltura, nell’ambito delle strategie di mitigazione climatica, possa assicurare risultati importanti e forse superiori, ad esempio, a quelli che potrebbero venire dallo sviluppo delle tecnologie di cattura e stoccaggio fisico della CO2 (CCS). Particolare attenzione dovrà, inoltre, essere posta nella revisione del sistema di scambio delle quote di carbonio (Ets europeo).

La sua integrazione con altri sistemi extraeuropei, uno degli obiettivi del Commissario Hedegaard, è senz’altro auspicabile, ma anche in questo contesto riteniamo che sia da considerare con maggiore attenzione l’opportunità di coinvolgere maggiormente l’agricoltura in questi meccanismi, visto che possono offrire la possibilità di un effettivo riconoscimento del ruolo di carbon sink del settore agroforestale nell’ambito delle strategie di mitigazione climatica. Rispetto all’annunciato impegno del Commissario nel rispettare gli impegni contenuti nell’accordo di Copenhagen, Coldiretti ritiene, tuttavia, che i risultati di Copenhagen non possano considerarsi soddisfacenti rispetto alle attese del mondo agricolo (anche se il fatto può risultare piuttosto comprensibile se si considerano le difficoltà diplomatiche che hanno caratterizzato l’intera Conferenza).

Da Copenhagen, infatti, ci si aspettava la definitiva messa a punto di una strategia climatica caratterizzata da un quadro politico stabile, ma al tempo stesso flessibile, con l’introduzione di specifici meccanismi per offrire incentivi e remunerare gli sforzi delle imprese agricole; per garantire e stabilizzare la loro situazione di fronte alle incertezze relative all’applicazione delle misure di adattamento e mitigazione. Spicca, invece, che, nel testo dell’accordo di Copenhagen, il Protocollo di Kyoto sia menzionato solo due volte (quasi a sancirne la morte politica). Coldiretti ritiene, invece, che il protocollo di Kyoto abbia rappresentato un importante passo verso una maggiore consapevolezza del ruolo del settore agricolo in ambito ambientale e climatico, e che questa azione debba continuare attraverso specifiche politiche, sia a livello comunitario che mondiale.

Per bilanciare responsabilità e ruolo positivo dell’agricoltura occorre che alle attività agricole, oltre ad essere considerate fonti di emissione (il trend delle emissioni agricole, tra l’altro, è in diminuzione) venga dunque riconosciuto anche il ruolo positivo offerto dallo strumento dei carbon sinks attraverso specifiche misure (la revisione del sistema Ets europeo in questo senso potrebbe costituire un opportunità). Inoltre, Coldiretti ritiene che, nonostante il ruolo del settore agricolo nell’ambito delle strategie climatiche sia perfettamente compatibile con il modello dell’agricoltura multifunzionale europea, la Pac non può rappresentare l’unica risorsa a disposizione per le imprese agricole europee. Per questo occorre individuare nuove risorse finanziarie da convertire in incentivi per diffondere tecnologie e sistemi moderni ed innovativi in grado di realizzare concreti risultati di mitigazione e di adattamento. Ora, dopo il pseudo fallimento di Copenhagen, un azione di ulteriore stimolo da parte del Parlamento europeo sarà molto importante.

Il rischio, infatti, è che, considerando il valore giuridico dell’accordo di Copenhagen, in questa fase molto sarà lasciato alle iniziative volontrarie dei singoli Stati. Tuttavia, come chiaramente ribatito dal Commissario Hedegaard, l’obiettivo dell’Ue resta quello di mantenere una leadership nell’ambito del negoziato climatico internazionale, in modo da stimolare anche negli stati membri un atteggiamento sempre più intraprendente e coraggioso. In campo agricolo, ad esempio, ci si aspetta un rinnovato impegno e, piuttosto che lo stanziamento di fondi per fronteggiare le inadempienze al protocollo di Kyoto (multe o ricorso ai meccanismi flessibili), sarebbe opportuno cominciare a mettere a punto, in un’ottica preventiva ed operativa, strumenti economici e remunerativi per le imprese sul territorio, individuando, ad esempio, nuove misure in grado di riconoscere il maggiore valore ambientale che le produzioni agricole a “chilometro zero” assicurano rispetto a modelli produttivi basati sulla filiera lunga.

Questi strumenti potrebbero essere rappresentati dalle certificazioni delle emissioni di CO2 che sono in grado di internalizzare, grazie ad un maggiore prezzo di mercato, i benefici esterni che le filiere corte producono sul territorio, sull’ambiente e sulla popolazione.

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