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Acque di energia: nuovo impulso alle rinnovabili idroelettriche con le riserve irrigue

L’idroelettrico è la fonte di energia rinnovabile che vanta la più lunga tradizione in Italia. Una storia che affonda le sue radici negli ultimi anni dell’Ottocento, quando la penisola italiana rappresentava l’avanguardia mondiale nello sviluppo di sistemi idraulici capaci di ricavare energia pulita.

L’idroelettrico mantiene ancora oggi una quota del 41% del panorama energetico rinnovabile italiano. La conformazione fisica del territorio italiano, caratterizzata dalla dorsale appenninica e soprattutto grazie all’arco alpino, garantisce, infatti, quelle forti pendenze del terreno che sono decisive per avere impianti ad alta produttività.
Finora si è ritenuto che il potenziale idroelettrico italiano sia stato in gran parte già sfruttato, ma forse non è così. È significativo, innanzitutto, che anche laddove gli impianti sono stati realizzati e mantenuti in funzione, l’obsolescenza inizia a farsi sentire. Alcuni studi hanno stimato che con il solo rinnovamento tecnologico di appena un terzo degli impianti italiani si potrebbe accrescere l’energia generata annualmente quasi del 10%, già entro il 2030.

Se in termini di prospettiva l’energia idroelettrica italiana sembra non prevedere nel proprio futuro una crescita esponenziale come altre fonti green, andrebbe comunque considerato che le possibilità di ulteriore sviluppo esistono e sono molto interessanti.

Si deve ragionare, anzitutto, in termini di efficienza: oggi la tecnologia e le soluzioni innovative permettono di trasformare in elettricità quasi tutta l’energia dell’acqua, con valori che spesso si attestano sul 70%-75%, ma che possono arrivare oltre l’80%.

Dato che buona parte dei grandi impianti italiani ha più di 70 anni di vita, oggi l’energia effettivamente ricavata, infatti, risente di almeno tre fattori, che sono i segni dell’età, il mancato ammodernamento delle strutture e il minore potenziale idroelettrico dovuto ai cambiamenti climatici.

Se per quest’ultimo aspetto non si può che agire a livello globale con la transizione energetica e la riduzione dell’inquinamento, il rinnovamento degli impianti anche solo con interventi manutentivi e piccole sostituzioni si stima possa far guadagnare già in pochi anni almeno 5,8 gigawatt di potenza e 4,4 terawattora di energia annua, con un risparmio di oltre 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica e la creazione di 2mila ulteriori posti di lavoro (diretti e indiretti) per l’esecuzione dei lavori. Nuove tecnologie e digitalizzazione possono rendere gli impianti anche più flessibili e longevi.

Oltre che in termini di efficienza, dal punto di vista tecnico le migliorie potrebbero riguardare l’obiettivo di riuscire a garantire buone rese anche con regimi di portata molto diversi. A questo si potrebbe aggiungere una più razionale gestione dei flussi di acqua e di energia in funzione dei fabbisogni.

Un esempio tipico è quello che vede la possibilità di sfruttamento dell’energia prodotta nei momenti di bassa domanda per pompare l’acqua di nuovo in quota, per averla di nuovo a disposizione. Proprio quest’ultima tecnica apre nuovi scenari rispetto alla possibilità di una gestione sinergica e più efficiente delle acque, sia da un punto vista irriguo che energetico, con benefici sia per gli utenti elettrici che per i territori coinvolti.

La valorizzazione delle riserve irrigue in una prospettiva energetica, cogliendo le opportunità legate all’utilizzo degli accumuli di risorsa (esistenti o nuovi) per la produzione di energia, rende possibile coniugare, infatti, i fabbisogni prioritari delle imprese agricole con il quadro di sostenibilità ambientale nel quale si colloca la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Sarebbe opportuno, dunque, identificare una strategia di azione per valutare le possibili iniziative di interesse comune per gli agricoltori e per gestori dei servizi energetici, finalizzate all’ottimizzazione delle risorse irrigue e all’efficientamento energetico, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e di preservazione del patrimonio rurale, favorendo la conservazione della biodiversità tipica della nostra agricoltura. Attraverso il supporto dei Consorzi di bonifica, la previsione di una collaborazione fra il settore agricolo e le società del settore energetico potrebbe consentire, infatti, l’uso congiunto, a fini energetici e agricoli, delle risorse irrigue disponibili attraverso la predisposizione o l’ammodernamento, in chiave di efficientamento energetico, di nuovi o già esistenti.

In un’ottica di recupero della risorsa idrica, infatti, un’altra questione da prendere in considerazione riguarda la gestione delle acque meteoriche: per le attuali carenze infrastrutturali, nel nostro Paese vengono trattenute quantità pari solo all’11%.

Per la programmazione e la realizzazione di interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità, occorrerebbe promuovere il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche esistenti e tra queste gli invasi che rappresentano, oltre che una risorsa a fini irrigui, un servizio con rilevanti effetti sul territorio a beneficio dell’agricoltura e dell’ambiente, a partire dall’ecosistema silvo-faunistico che si sviluppa intorno a tali habitat, nonché di utilità nella conservazione delle specie vegetali e animali.

Pertanto, anche considerando la prospettiva di un loro impiego plurimo (irrigazione-produzione energia rinnovabile) si ritiene necessario prevedere interventi di manutenzione e di sostegno per il completamento dei bacini esistenti, nonché avviare, contestualmente, un Piano Nazionale Invasi per la creazione di bacini di raccolta della risorsa idrica multifunzionali di piccola e media dimensione e basso impatto paesaggistico, favorendo una loro diffusione capillare sul territorio nazionale con l’obiettivo di conservare l’acqua e distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione.

Mediante tali interventi, si potrebbe arrivare a trattenere fino al 40-50% di acqua piovana, portando risorsa idrica nei territori più bisognosi, con la possibilità di triplicare le rese e combattere il dissesto idrogeologico. In molte aree del territorio nazionale, infatti, a causa dei cambiamenti climatici, sussiste una reale necessità di creare bacini di contenimento a scopo irriguo durante i periodi di prolungata siccità: la creazione di “riserve” di acqua rappresenta pertanto una strada obbligata in certi contesti per gestire in maniera non emergenziale e sporadica il problema.

Attualmente, la capacità complessiva degli invasi esistenti appare ridotta anche a causa del progressivo interrimento, dovuto al depositarsi di sedime sul fondale: è necessario quindi programmare attività di manutenzione per consentire il naturale incremento della quantità di acque meteoriche “raccolte” al fine di pianificare l’utilizzo plurimo delle stesse, oltre che prevedere una revisione della normativa di riferimento in termini di semplificazione burocratica degli iter autorizzatori che fanno capo alle Regioni.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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