Aumentano i lupi in Italia ma il Piano di gestione è ancora un miraggio
Il lupo non è più, di fatto, una specie in via di estinzione, ma, anzi, sta ripopolando il territorio italiano ed europeo in modo sempre più numeroso grazie alle politiche di salvaguardia della specie che però nel nostro Paese non riescono a salvaguardare gli allevamenti dai danni provocati dalle aggressioni al bestiame. Secondo i dati divulgati in occasione dell’evento organizzato dall’Ispra Verso un Piano nazionale di monitoraggio del lupo, dal 2013 al 2017 in Europa i lupi sono aumentati da 14.000 a 17.000 unità e sono state identificate 9 principali popolazioni. In Italia si stimano 1800 lupi e 321 branchi la cui presenza interessa ormai non solo le Alpi, l’Appennino e Aspromonte, ma persino il Salento. Purtroppo non essendo stato avviato un monitoraggio esaustivo da parte dell’Ispra i dati sono stimati sulla base dei progetti condotti per lo studio della specie. In ogni caso da circa 600-800 lupi stimati nella penisola nel periodo 2008-2011 oggi si parla di un numero compreso tra i 1100 e i 2400. In sostanza, la loro presenza è raddoppiata se non addirittura triplicata. Del resto, il lupo si adatta a qualunque ambiente purché abbia cibo disponibile e sembra ormai non temere neanche la presenza umana visto che ne sono stati avvistati anche in aree abitate. Nell’ambito del convegno sono state illustrate dai tecnici le diverse tecniche di monitoraggio della specie ed il Ministero dell’Ambiente ha anticipato che successivamente ci sarà una sessione di studio rispetto alle misure di gestione. Il primo passo per l’Ispra ed il Minambiente è effettuare un monitoraggio esaustivo che consenta di sapere con esattezza dove sono i lupi, in quale entità e come si muovono sul territorio. Già soltanto rispetto a questo, è stato fatto notare da un esperto che il monitoraggio richiede un approccio a 360° gradi, in quanto non è solo una raccolta di numeri sulla presenza del lupo ma richiede anche un fase dedicata a valutare se l’obiettivo di anticipare i rischi dei potenziali danni provocati dalla specie è raggiunto tramite un’adeguata politica di gestione del lupo soprattutto laddove insistono allevamenti da reddito e la presenza dell’uomo. Il monitoraggio non può avere quindi solo una finalità scientifica ma deve essere lo strumento per verificare se le politiche di gestione garantiscono un’equilibrata coesistenza uomo-lupo con riferimento soprattutto all’esercizio delle attività di allevamento. Intanto però non sono emerse indicazioni precise sui tempi di approvazione del Piano nazionale ma il Ministero dell’ambiente ha tenuto a specificare che, in ogni caso, si tratterà di “un piano di conservazione e non di gestione della specie”. Non è chiaro, quindi, quando finalmente gli allevatori potranno contare su un Piano d’azione che orienti le Regioni in modo da gestire gli aspetti relativi alla prevenzione ed al risarcimento dei danni, aspetti questi di non facile approccio come hanno ammesso anche onestamente i tecnici. Anche la semplice realizzazione di recinzioni (elettrificate o meno) può comportare diversi impedimenti burocratici da parte degli enti locali: in alcuni casi, nell’ambito delle misure sperimentate di prevenzione, ci sono state amministrazioni che hanno invocato anche le norme vincolistiche in merito all’impatto paesaggistico rispetto all’altezza dei pali di sostegno delle reti. E’ evidente che in questo contesto come si può pensare di dare a breve delle risposte soddisfacenti agli allevatori che stanno aspettando soluzioni concrete? Non si fornisce, invece, alcuna indicazione sui tempi di approvazione del Piano e della sua applicazione quando la Francia è già al suo secondo Piano di gestione del lupo ed ha maturato anni di esperienza in merito. Secondo Coldiretti, per ripristinare la fiducia degli allevatori verso la gestione della specie occorre prevedere un intervento straordinario diretto al risarcimento di tutti i danni esistenti. Tuttavia, è del tutto evidente che una politica di prevenzione non può, da sola, risolvere la questione della convivenza con la specie, soprattutto nelle aree di montagna con una spiccata predisposizione all’allevamento in malga, sia di bovini che di ovini; un’antropizzazione della montagna che si lega alla fruizione turistica e una “inesperienza” degli allevatori rispetto al problema emergente che nessuno oramai ricordava. Per tutte queste ragioni, è evidente che occorre avviare con decisione una politica regionale coerente che sappia contemperare le richieste degli allevatori con la protezione della specie lupo. A questo proposito, il Piano di gestione del Lupo presentato dal Governo nella passata legislatura e non approvato, è stato condiviso da Coldiretti. Il piano prevedeva le seguenti azioni: Secondo Coldiretti, pertanto, gli allevatori hanno tutto il diritto di sapere quando sarà presentato nuovamente un Piano Nazionale alla Conferenza Stato regioni che si occupi, a pari merito, della conservazione e della gestione del lupo con l’indicazione delle diversi fasi di attuazione al pari di quanto è avvenuto negli altri Stati membri. |
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