Clima: inizio 2025 bollente con +1,76°, ecco la situazione idrica
Inizio d’anno bollente in Italia con una temperatura superiore di 1,76 gradi rispetto alla media storica che classifica il mese di gennaio 2025 al terzo posto tra i più caldi dal 1800. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulle rilevazioni Isac Cnr relative al mese di gennaio 2025 nel confronto con la media del periodo 1991-2020. L’anomalia climatica è più evidente nelle regioni del Centro Italia, dove lo scarto è addirittura di 1,99 gradi mentre al Sud la colonnina di mercurio è più alta di 1,92 gradi e al Nord di 1,52 gradi. Non va meglio a livello globale dove il gennaio del 2025 è stato il più caldo mai registrato, con una temperatura media in superficie di 13,23 gradi, 0,79 gradi sopra la media di gennaio del periodo di riferimento 1991-2020 secondo il servizio meteo della Ue, Copernicus. Con una temperatura media a livello globale di 13,23 C, secondo Copernicus, “gennaio 2025 e stato di 1,75 C al di sopra del livello medio delle temperature nel periodo pre-industriale”, prima che l’uomo alterasse radicalmente il clima attraverso l’uso di carbone, petrolio e gas fossili. Un nuovo record su base mensile che fa seguito a quelli fatti registrare su base annua nel 2023 e del 2024. Le temperature globali, il cui aumento ha alimentato siccità, ondate di calore e alluvioni devastanti secondo gli esperti dipendono fortemente dalle temperature del mare che coprono piu del 70% del globo. Gennaio 2025 è stato il secondo mese piu caldo per la superficie degli oceani, dopo il record assoluto stabilito nel gennaio 2024. La temperatura media sul territorio europeo nel mese di gennaio 2025 è stata di 1,80 °C, 2,51 °C in più rispetto alla media di gennaio del periodo 1991-2020, la seconda più calda dopo gennaio 2020, che è stata di 2,64 °C in più rispetto alla media. Le temperature europee sono state più al di sopra della media del 1991-2020 nell’Europa meridionale e orientale, inclusa la Russia occidentale. Secondo l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche iI quadro climatico attuale vede ancora il mar Mediterraneo molto caldo (fra i 16° delle coste meridionali italiane ed i 18° di quelle greche, mediorientali e nordafricane) e per questo nuovamente a rischio di eventi estremi per l’annunciato arrivo di un fronte temporalesco, proveniente dalle coste maghrebine e che tornerà ad investire Sicilia e Calabria per poi spostarsi più a Nord. Sul tratto di costa che, unisce le province di Messina e Catania, gli oltre 100 millimetri (quasi mm. 200 su alcune zone) di pioggia, caduti nello scorso week-end, hanno provocato la piena di diversi torrenti, alcuni dei quali straripati mentre a far da contraltare, c’è l’esiguità delle piogge cadute sulle aree interne dell’Isola. Lo stesso ciclone mediterraneo è stato la causa delle grandinate e dei nubifragi con cumulate di pioggia di oltre 100 millimetri, che hanno flagellato anche le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone, anche qui portando in dote straripamenti di torrenti come la Fiumarella e numerose frane. Sul fronte delle risorse idriche del Paese, positiva è la ripresa, che sta interessando alcune regioni meridionali, a partire proprio dalla Sicilia che, grazie a due mesi (Dicembre e Gennaio) più piovosi del consueto (il primo mese del 2025 ha registrato quasi ovunque cumulate superiori a mm. 100, superando mm. 200 sull’area orientale dell’Isola), ha visto incrementare i volumi stoccati negli invasi di oltre 50 milioni di metri cubi, salvo poi trovarsi costretta, a causa di criticità strutturali delle opere idrauliche, a sversare in mare una parte consistente di questo “oro blu”. Attualmente l’acqua invasata in Sicilia ammonta a circa 250 milioni di metri cubi, ma di questi solo il 48% è realmente utilizzabile (fonte: Autorità di bacino distrettuale della Sicilia). Nell’Italia insulare, capitolo a parte merita la condizione della Sardegna, dove i volumi idrici aumentano di oltre 156 milioni di metri cubi in un quadro, però, diviso tra bacini colmi (ad esempio, in Baronia ed in Ogliastra) con l’ “incubo” di sversare l’acqua in mare e cronica scarsità idrica in alcuni territori (Basso Sulcis ed Alto Cixerri, ma anche le aree nordoccidentali). Nel Sud Italia, la Basilicata registra un incremento di oltre 6.800.000 metri cubi nella riserva idrica, trattenuta nei bacini artificiali, riducendo il deficit con il 2023 a circa 43 milioni di metri cubi (nei primi giorni di Dicembre il disavanzo era di 161 mln. mc. circa). In Puglia, l’attesa ripresa idrica tarda ad arrivare: con l’incremento settimanale di 2,78 mln. mc., il totale delle riserve idriche della Capitanata raggiunge 59,5 mln.mc. , cioè meno di un quinto del volume di riempimento autorizzato. In Campania, questa settimana si registrano incrementi di portata per i fiumi Volturno, Sele e Garigliano. Nel Lazio continua la parabola discendente dei livelli nei due laghi dei Castelli Romani: quello di Albano, in meno di un anno e mezzo, si è abbassato di ben 64 centimetri e fatica a risollevarsi anche in periodi piovosi, mentre quello del bacino di Nemi è sceso di un ulteriore centimetro, nonostante qualche pioggia. E’ rimasta invece pressoché stabile, durante il mese di gennaio, l’altezza idrometrica del lago di Bracciano. Continuano ad essere deficitari i flussi in alveo dei fiumi laziali, perfino se confrontati con le portate registrate nello scorso quinquennio spesso caratterizzato da gravi crisi idriche: Tevere, -32%; Aniene, -39%; Velino, -22% (fonte: AUBAC). In Umbria, il largamente deficitario livello del lago Trasimeno si è alzato di 3 centimetri in questa settimana; la diga Arezzo trattiene volumi idrici pari a mln. mc. 2,32 , mentre le portate dei fiumi Topino, Paglia e Chiascio subiscono una leggera flessione. In Abruzzo i livelli idrometrici dei fiumi Alento, Sinello e Pescara registrano valori superiori a quelli medi dello scorso quinquennio. Nella regione, nonostante la situazione su alcuni territori sia migliorata (nella fascia collinare teatina la disponibilità idrica è tornata nella norma), in altre zone persiste una condizione di severità idrica alta (nella Piana del Fucino, la disponibilità di risorse è ancora al di sotto dei livelli minimi storici). Nelle Marche, i fiumi Potenza, Esino e Nera continuano a registrare le altezze idrometriche più basse del recente quinquennio; i volumi trattenuti negli invasi ammontano a 43,73 mln. mc.. La Toscana, che la scorsa settimana aveva dovuto affrontare un’emergenza maltempo, vede tornare a scendere i livelli dei fiumi che, pur mantenendo flussi abbondanti, rientrano in parametri idraulicamente meno preoccupanti; ancora deficitaria è la portata del fiume Ombrone, che è a circa il 9% della media del periodo. Anche in Liguria calano i livelli dei fiumi Vara, Entella, Magra ed Argentina dopo i pesanti nubifragi della scorsa settimana e che avevano fatto temere per l’assetto idrogeologico. In Emilia Romagna, tra i fiumi appenninici l’unico a crescere è la Secchia, la cui portata attuale supera del 196% quella media del periodo; risultano invece molto al di sotto del consueto i flussi in alveo dei bacini fluviali più orientali: la portata del Savio è quasi un decimo di quella normale, mentre il Reno è sceso addirittura sotto i livelli minimi storici. I bacini piacentini sono all’82% del volume invasabile, segnando volumi idrici nettamente al di sopra dei valori tipici di questa stagione. Nell’alveo del fiume Po scorre più acqua del consueto: il surplus supera il 50% in alcune stazioni del Torinese e dell’Alessandrino e non scende sotto il 20% lungo tutta l’asta. In Veneto tornano superiori alla media le portate dei fiumi Adige (+44%), Livenza (+8,7%), Piave (+27%); in calo, invece, il livello del Bacchiglione. A Gennaio le precipitazioni sulla regione sono state superiori del 27% alla media; sulle Dolomiti però, da inizio anno idrologico, il deficit di precipitazione nevosa è stimabile in -34%, mentre sulle Prealpi in -43% (fonte: ARPA Veneto). In Lombardia, l’indice SWE (Snow Water Equivalent) registra + 28% di neve rispetto alla settimana scorsa, ma rimane deficitario sia rispetto alla media storica (-42%) sia al 2024 (-13%). Il totale delle riserve idriche registra un deficit del 25,63% rispetto alla media. Le altezze idrometriche dei grandi laghi del Nord sono in forte crescita e ben al di sopra delle medie storiche: il riempimento del Maggiore si attesta all’83%, quello del Lario è al 58,2% , il Benaco è al 90,7%, il Sebino al 70,7%. In Piemonte, la neve al suolo è nella media sulle Alpi Occidentali e Settentrionali, mentre nel settore meridionale ne manca il 45% (fonte: Arpa Piemonte). Il mese di gennaio ha visto cadere il 67% di pioggia in più della media. E’ in aumento la portata della Stura di Demonte, mentre a torna a decrescere, dopo gli exploit dei giorni scorsi, quella del Tanaro. In Valle d’Aosta, infine, è in calo la portata della Dora Baltea, mentre resta invariata quella del torrente Lys. |
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