il Punto Coldiretti

Dissesto idrogeologico: la Corte dei Conti denuncia gli effetti delle speculazioni sui suoli

Molte leggi, ma il contrasto e la prevenzione del dissesto idrogeologico, per l’Italia, un Paese con circa i due terzi delle frane censite in Europa, continuano a rappresentare una emergenza e una priorità come dimostrano i continui eventi , gli ultimi in questi giorni in Sicilia e in tutto il Sud, che provocano perdite di vite umane e danni ingenti.
Lo evidenzia la Corte dei Conti nella relazione su “Gli interventi delle Amministrazioni dello Stato per la mitigazione del rischio idrogeologico”. Misure inefficaci, scarsa capacità di spesa e di realizzazione di progetti e interventi soprattutto di emergenza. La Corte boccia dunque la politica sul territorio.

Molte le risorse messe in campo tra fondi nazionali e comunitari dal 2018 al 2030 gli stanziamenti a regioni ed enti locali arrivano a quota 14,3 miliardi, ma il verdetto della Corte dei Conti è secco: non sono stati risolti “i problemi dell’unificazione dei criteri e delle procedure di spesa, dell’unicità del monitoraggio e dell’accelerazione della spesa”.

Che il problema sia gravissimo lo conferma, secondo quanto spiega la relazione, la specifica attenzione riservata dal Pnrr nell’ambito della Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con uno stanziamento dal 2020 al 2026, di 2,487 miliardi di euro, di cui 1,287 di competenza del Ministero della transizione ecologica per progetti già in essere, con risorse esistenti nel bilancio e 1,200 miliardi della Protezione civile, di cui 800 milioni costituiscono risorse aggiuntive.

In particolare la Magistratura contabile ha tracciato un bilancio dello stato dell’arte di ProteggItalia, Piano per la mitigazione del rischio idrogeologico. Molte le criticità evidenziate tra cui la mancata semplificazione che ha rallentato i processi decisionali e attuativi anche a causa delle lunghe concertazioni locali e nazionali. Sotto accusa poi le capacità progettuali delle regioni dovute, secondo l’analisi, alla carenza di profili tecnici e alla scarsa pianificazione del territorio. Troppe le strutture a cui è affidata la governance che non hanno favorito “il necessario cambio di passo verso una gestione ordinaria ed efficace del contrasto al dissesto”.

Una svolta attesa dal Pnrr. Si punta così a superare le gestioni straordinarie con una programmazione ordinaria della gestione del territorio. Una politica fondamentale in un Paese dove, secondo il rapporto 2018 dell’Ispra oltre 7 milioni di cittadini vivono in zone a rischio di frana ( 7.275 i Comuni interessati) con il 16,6% del territorio classificato a maggiore pericolosità (1,28 milioni di abitanti a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni). Il documento afferma che “Il delicato assetto geomorfologico del territorio nazionale, reso vulnerabile da uno sviluppo antropico disordinato e spesso speculativo, dalla scarsa manutenzione del territorio e dai fenomeni sempre più frequenti di piogge alluvionali dovute in larga misura ai cambiamenti climatici, ha esposto l’intero Paese a fenomeni franosi e alluvionali e quindi al dissesto idrogeologico”.

Il consumo del suolo, dunque, come da anni denuncia Coldiretti è tra le principali cause del dissesto. Nel 2019 sono stati 57 milioni i metri quadrati di nuovi cantieri e costruzioni; ciascun abitante ha oggi a “disposizione” 355 m2 di superfici costruite. Un quadro da allarme rosso che richiede una strategia integrata di prevenzione e gestione del rischio in grado di superare ”l’approccio emergenziale”.

Sull’impatto per l’agricoltura, un Focus realizzato dal Centro studi Divulga stima una perdita negli ultimi 7 anni di oltre 3,7 milioni di quintali di prodotti agricoli (2,5 milioni di quintali di seminativi, seguiti dalle foraggere (-710 mila quintali), dai frutteti -266 mila, dai vigneti -200 mila e dagli oliveti -90 mila) per un danno di 7 miliardi di euro con un costo per la società dovuto “all’utilizzo ‘non sostenibile’ di questa risorsa come conseguenza di attività di cementificazione, incendi, erosione e fotovoltaico a terra”.

Se non ci saranno cambiamenti l’analisi di Divulga stima in Italia un costo tra il 2012 e il 2030 per la perdita di servizi eco sistemici di 99,5 miliardi. E l’aspetto preoccupante è che pandemia ha fermato tutto, meno il consumo del suolo: nel 2020, infatti, in Italia, le ‘nuove’ coperture artificiali (edifici, infrastrutture, ecc.) hanno impegnato altri 5.670 ettari, in media oltre 15 ettari al giorno. Complessivamente, le superfici occupate superano i 2,1 milioni di ettari (il 7,11 % della superficie nazionale). E. Nei primi 8 mesi del 2021 le aree incendiate in Italia sono state pari a 153 mila ettari, il 320% in più rispetto alla media 2008-2020. Anche nel confronto con i principali Paesi Ue, l’Italia si posiziona al vertice della classifica per ettari interessati da incendi nel 2021 (153 mila), ben oltre il 409% in più rispetto alla Francia, il 124% in più sulla Spagna, 536% sul Portogallo ed il 21% sulla Grecia.

Negli ultimi anni tra le più diffuse forme di consumo del suolo si sta consolidando anche l’istallazione di impianti fotovoltaici a terra. Un fenomeno che pone interrogativi circa l’opportunità di sottrarre terreni agricoli fertili e concorrono, in modo fondamentale, agli obiettivi di sostenibilità. ​

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