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Florovivaismo: studiato il potere curativo delle piante con la Terapia Forestale

Gli effetti benefici sulla salute che derivano dall’esposizione alle piante sono noti da decenni, tanto che in alcuni paesi la terapia forestale ha un ruolo riconosciuto nella prevenzione medica, con risultati in termini psico-fisiologici confermati da una crescente produzione scientifica.

La Terapia Forestale si inscrive oggi a pieno titolo tra i tanti e preziosi servizi ecosistemici offerti dalle foreste, l’immersione in foresta produce effetti diretti e misurabili con un’azione ad ampio spettro che investe, tra le altre, la sfera psicologica, neurologica, cardiocircolatoria e immunitaria.

Partita dal lontano oriente, la Terapia Forestale ha preso piede, letteralmente, anche in Europa e in Italia, sostanziando gradualmente il proprio ambizioso nome a suon di risultati scientifici di tutto rispetto. Quanto più un bosco, o meglio ancora una foresta, è naturale e coerente con l’ambiente in cui risiede, tanto più l’umano frequentatore ne guadagna in salute.

Prima di tutto mentale: una ricerca australiana a proiezione globale stimò due anni fa che il valore delle aree naturali protette, considerando soltanto gli effetti sulla salute mentale dei visitatori, produce risparmi economici dell’ordine del 8% del Pil mondiale, in termini di spese sanitarie, sicurezza e produttività del lavoro. Tali risparmi ammontano a un ordine di grandezza superiore rispetto agli introiti legati all’attività turistica, nonché fino a mille volte il budget assegnato alle agenzie che si occupano delle medesime aree protette.

Tutto questo, senza considerare i benefici per la salute fisica e complessiva delle persone. Frequentare la foresta consente ai nostri sensi di mediare gli effetti benefici verso l’organismo: riduzione di ansia, depressione e stress, aumento dell’autostima, ma anche miglioramento degli stati ossidativo, infiammatorio e di alcune funzioni del sistema immunitario, effetti significativi e durevoli nel tempo. Se due ore bastano per una settimana, due giorni possono proiettare i benefici fino a un mese.

In Italia, la scienza della Terapia Forestale è studiata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche che, attraverso il suo Istituto per la Bioeconomia (Cnr-Ibe), insieme al Club Alpino Italiano (Cai) e al Centro di Riferimento in Fitoterapia (Cerfit) presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria (Aou) Careggi di Firenze, da tre anni sta conducendo il più grande progetto mai concepito e realizzato (leggi lo studio).

Tra il 2020 e il 2021 sono state eseguite 40 sessioni sperimentali coinvolgendo oltre mille partecipanti, prevalentemente presso Rifugi e altri siti d’interesse del Cai, con il triplice obiettivo di contribuire al quadro conoscitivo scientifico della materia, di qualificare decine di Stazioni di Terapia Forestale secondo criteri rigorosi e ripetibili e di favorire il pieno riconoscimento della Terapia Forestale quale disciplina di Medicina preventiva e complementare.

Lo stesso progetto si va estendendo, attraverso un accordo in corso di sottoscrizione, ad altre importanti Istituzioni nazionali, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), il Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea) presso il Ministero dell’Agricoltura e Foreste, e le Università La Sapienza di Roma, Firenze e Padova.

Le sessioni di Terapia Forestale consistono di brevi e lente passeggiate, prive di significativo sforzo fisico, lungo percorsi immersi in ambienti forestali di particolare pregio.

 

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