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Nuovo tetto per i residui di fosfiti, pubblicato il decreto

E’ stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale, dopo una lunga e discussa genesi, il decreto del Ministero delle Politiche Agricole che fissa il limite massimo di residui di acido fosfonico (sali dell’acido fosforoso) non ammessi in agricoltura biologica. Le nuove norme integrano il DM 309/2011 che stabilisce, attualmente, per i prodotti bio, relativamente alla contaminazione di sostanze non autorizzate, il valore di 0,01 mg/kg quale limite al di sopra del quale un prodotto non può essere certificato come biologico.

Le integrazioni apportate con il nuovo decreto prevedono una specifica deroga che innalza i limiti per i residui di acido fosfonico a 0,5 mg/kg nei prodotti orticoli e 1,0 mg/kg nei frutticoli, e di acido etilfosfonico fino a 0,05 mg/kg nel vino fino al 31 dicembre 2022.

La problematica della presenza di residui di acido fosfonico ed etilfosfonico in alimenti bio è nota da tempo e riguarda tutte le produzioni europee. In diversi Stati membri infatti si sono riscontrate numerose irregolarità su prodotti biologici dovute a contaminazione da acido fosfonico. In Italia la questione assume contorni ancora più rilevanti perché mentre negli altri Stati membri non esiste un limite massimo di residui specifico per i prodotti biologici, in Italia vige la normativa restrittiva stabilita dal DM 309/2011 sopra citato. L’intervento normativo si è reso necessario perché è risultato evidente che tracce di acido fosfonico risultavano presenti nei prodotti biologici anche in assenza di comportamenti fraudolenti da parte delle imprese biologiche.

Il decreto, emanato sentito il tavolo tecnico compartecipato in agricoltura biologica, al quale partecipa Coldiretti, è stato redatto sulla base delle risultanze scientifiche di alcuni progetti finanziati dal Mipaaf a partire dal 2016, quali “Strumenti per l’emergenza fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici” (Biofosf) e “Strumenti per l’emergenza fosfiti nei prodotti vitivinicoli biologici” (Biofosf-Wine), coordinati dal Crea Agricoltura e Ambiente.

Tramite il confronto tra gestione integrata e gestione biologica i ricercatori hanno verificato che il fosfonato non viene mai prodotto spontaneamente dalla pianta, ma deriva esclusivamente da apporti esterni, spesso involontari, a causa dell’uso di mezzi tecnici (fertilizzanti e prodotti a base di rame) ammessi in biologico, ma contaminati da fosfonato.

Attraverso uno studio sistemico sugli alberi da frutto, è stato dimostrato che gli organi legnosi sono in grado di “stoccare” il fosfonato, inducendo così una contaminazione a lungo termine negli anni successivi. Per il vino, è stato evidenziato come alcuni coadiuvanti enologici possano talora contenere fosfiti, in grado di indurre alla successiva contaminazione del vino biologico, nonché alla formazione di acido etil-fosfonico (<0,05 mg/kg) durante il processo di vinificazione.

Del resto, il  regolamento  tecnico  RT-16 di Accredia  «Prescrizioni  per l’accreditamento degli  organismi  che  rilasciano  dichiarazioni  di conformità di processi e  prodotti  agricoli  e  derrate  alimentari biologici ai sensi del regolamento CE n. 834/2007  e  sue  successive integrazioni e modifiche»,  nella  versione  in  vigore  fino  al  31 dicembre 2018, interpretava la rilevazione del solo  acido  fosfonico nei prodotti biologici come un falso  positivo  delle  determinazioni analitiche; mentre i recenti  studi  scientifici  condotti hanno  permesso   di escludere il «falso positivo  delle  determinazioni  analitiche»  sui prodotti non trasformati, in  caso  di  rilevazione  del  solo  acido fosfonico >0,01 mg/kg, in assenza  di  contemporanea  rilevazione  di acido etilfosfonico dimostrando inoltre  un’elevata persistenza dell’acido fosfonico nelle  parti  legnose  della pianta a seguito dei trattamenti effettuati in tempi precedenti  alla conversione al metodo biologico;

Sulla base dei risultati tecnico-scientifici ottenuti dal Crea si è proceduto alla revisione del DM n.309/2011 aumentando i limiti di ammissibilità di fosfonato nei prodotti bio, al fine di tutelare non solo i produttori biologici da contaminazioni involontarie da mezzi tecnici, ma anche i consumatori, che potranno acquisire una maggiore fiducia verso gli operatori del settore.

L’ambito della ricerca del Crea non ha però preso in considerazione alcune specifiche peculiarità relative a colture come la frutta secca e possibili effetti dovuti alla coltivazione su terreni vulcanici.

Su questo punto Coldiretti ha chiesto al Ministero, già nei mesi scorsi, una attenta valutazione degli effetti, anche di natura commerciale, che l’introduzione dei nuovi limiti avrebbe potuto comportare per queste specifiche colture, per le quali, pur nel completo rispetto delle norme e senza alcun comportamento fraudolento da parte degli agricoltori, vengono comunque rinvenute contaminazioni da acido fosfonico con valori ancora più elevati dei limiti proposti dal nuovo provvedimento.

Sul punto quindi è intervenuto uno specifico emendamento, nell’ambito del Decreto Semplificazioni, appena approvato dal Senato, che riguarda in particolar modo le contaminazioni da fosfiti nelle colture arboree situate in terreni di origine vulcanica.

Il testo di legge prevede che per tali colture la decertificazione per il superamento dei Limiti Massimi di Residui di acido fosforoso si applicherà solo qualora sia verificato, da parte dell’organismo di controllo, che la contaminazione non sia attribuibile alla natura del suolo. Il Mipaaf entro sei mesi dalla dall’entrata in vigore del provvedimento dovrà stabilire nuove soglie massime per le colture biologiche di tali zone.

Per le colture arboree che si trovano in terreni di origine vulcanica la norma stabilisce, testualmente, che in caso di superamento dei limiti di acido fosforoso stabiliti dalla normativa vigente in materia di produzione con metodo biologico, qualora a seguito degli opportuni accertamenti da parte dell’organismo di controllo la contaminazione sia attribuibile alla natura del suolo, non si applica il provvedimento di soppressione delle indicazioni biologiche. Entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge con decreto del Ministero delle Politiche agricole, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, possono essere stabilite specifiche soglie di presenza di acido fosforoso per i prodotti coltivati nelle predette aree”.

La situazione normativa resta quindi ancora aperta e sicuramente saranno necessari successivi interventi per tutelare il biologico italiano e valorizzarlo adeguatamente.

Coldiretti quindi auspica una ulteriore e più attenta attività di ricerca sul tema, che possa ancora di più far comprendere le cause delle contaminazioni e ulteriori specifici interventi normativi, eventualmente anche attraverso una modifica, in maniera più complessiva, del DM 309.

Nello stesso tempo però è assolutamente necessario garantire che tutti i produttori biologici che operano nel rispetto delle regole e che con coscienza e passione applicano il metodo biologico, non vengano penalizzati da condizioni che non rientrano nell’ambito delle loro responsabilità.

Coldiretti ritiene pertanto necessaria un’azione di attenta verifica relativa a tutti i mezzi tecnici che vengono autorizzati per il biologico.  È necessario un impegno straordinario da parte di tutti gli organi di controllo e vigilanza affinché gli agricoltori biologici possano acquistare, senza rischi, i prodotti fitosanitari che vengono messi in commercio come autorizzati per l’agricoltura biologica.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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