il Punto Coldiretti

Suoli più fertili e stop parassiti senza chimica con la biofumigazione

Coldiretti ha partecipato al settimo simposio mondiale sulla tecnica agraria della biofumigazione, organizzato da Agroscope, il centro di competenza della Confederazione Svizzera per la ricerca agronomica, che si occupa dello sviluppo della qualità, della salubrità e della sostenibilità ambientale della filiera agroalimentare. La tecnica della biofumigazione consiste nell’applicazione di specifiche biomasse provenienti dalla coltivazione di piante selezionate per le loro proprietà bioattive e principalmente appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae. Queste piante hanno la capacità di migliorare la gestione e la difesa delle colture, nonché di contenere, tra le diverse avversità, nematodi ed altri patogeni terricoli, alcuni dei quali particolarmente dannosi per le coltivazioni agrarie, attraverso sistemi naturali e formulati “green”.

Tale tecnica è, particolarmente, interessante se si considera che in seguito alla messa al bando, nell’Ue, del bromuro di metile, dell’1,3D (dicloropropene), del Thiram e del Pymetrozin, oltre alle limitazioni introdotte su molte altre sostanze attive, si stanno determinando, per gli agricoltori, importanti vuoti nella disponibilità di prodotti fitosanitari, aspetto che può condurre a problematiche di difficile soluzione. Nel frattempo attraverso la tecnica della biofumigazione,la ricerca italiana ha lavorato alla messa a punto di un sistema colturale alternativo,in grado di accrescere attraverso l’applicazione di sovesci bioattivi,il tenore e la qualità della sostanza organica dei terreni agricoli. A questi si aggiungono anche i bioprodotti che sulla base dello stesso principio di funzionamento permettono numerosi vantaggi, quali la maggior elasticità nell’applicazione, anche in condizioni di coltura in campo, se necessario o la possibilità di intervenire sulla parte aerea della coltura. La biofumigazione si sta diffondendo in diversi Paesi del mondo e in diversi contesti agricoli: su grano, riso, mais,patata e soia nonché su colture ortive.
I vantaggi della biofumigazione rispetto alla fumigazione convenzionale con formulati di sintesi sono: il verificarsi, nel tempo, di un significativo incremento della fertilità e della sanità dei terreni; una maggiore resa delle colture; I’apporto di nutrienti addizionali al terreno, l’effetto carbon sink;una riduzione delle infestanti, nonché il contenimento dei patogeni con un crescente controllo dei parassiti delle colture.
Nell’ambito del simposio, il Centro di Ricerca Crea Ceralicoltura e Colture Industriali di Bologna (Crea-CI) ha illustrato come la biofumigazione consista in un articolato sistema colturale (cropping system) che gioca un ruolo fondamentale nel controllo sostenibile di patogeni e parassiti delle colture agrarie ed ha ricostruito il percorso seguito nelle ricerche. Le prime esperienze sono state realizzate con piante che comprendono i generi Sinapis e Brassica come colture di copertura.

Tali piante hanno dimostrato di poter controllare diversi parassiti tra i quali i nematodi e di incrementare la fertilità dei terreni comportando un risparmio sull’impiego dei fertilizzanti di sintesi. L’efficacia è correlata al rilascio, da parte di queste piante, di glucosinolati che in presenza di specifici enzimi (Mirosinasi) e di acqua consentono il rilascio di molecole bioattive (isotiocianati) per essere incorporate nel terreno attraverso il trinciato delle piante. La biofumigazione su terreni agricoli, oggi, avviene in Italia – là dove è stata applicata – con colture da copertura nei periodi di intervallo tra una produzione e l’altra:prima con Eruca sativa, ora, con il ricorso alla Brassica juncea,con le Cultivar. IsciI 20, e IsciI99, ed anche tramite la nuova varietà Isci Top, brevettata dal Creci negli Usa. Le piante, a loro volta, possono essere affiancate dall’uso di bioprodotti, biofumiganti a base di pellet di Brassicaceae (nome commerciale Biofence), o ancora da formulati liquidi biostimolanti, per il trattamento fogliare (Duolif), o ancora, per il trattamento radicale (Biofence Fl).

I formulati liquidi fogliari e radicali sono classificati come fitostimolanti che consentono una maggiore resistenza della pianta agli attacchi parassitari. Sempre nell’ambito del meeting internazionale, il Crea-CI ha evidenziato come, dopo aver concentrato l’attenzione per molti anni sulle proprietà della Brassica juncea, adesso stia esplorando le proprietà della Camelina sativa, pianta relativamente recente che può essere validamente impiegata in settori della chimica verde per nuovi bioprodotti. Inoltre, nell’ambito del progetto Innort 3.0 è stato sviluppato un sistema colturale nel quale sono impiegate piante biofumiganti e bioprodotti per il controllo di elateridi, più avanti citati, e di altro patologie del suolo.

Come detto, l’Italia è stata pioniera ed è, tuttora, nazione leader nell’ambito dell’utilizzo e delle proposte di tale tecnica agronomica essendo all’avanguardia anche nelle ricerche rispetto alla sua applicazione in campo dopo essere stata studiata da più di 20 anni, dal Crea-CI di Bologna. Ne è un esempio la collaborazione proprio tra il Crea-CI di Bologna, il Consorzio Agrario dell’Emilia, Veneto Agricoltura, Unapa e Coldiretti, che vede questa tecnica applicata con successo anche in ambito pataticolo.

Un altro importante esempio riguarda il recente arrivo in Italia del nematode da quarantena, Meloydogine Graminicola che ha spaventato molto gli agricoltori italiani per la sua velocità di riproduzione, tanto da far temere gravi infestazioni e danni ingenti su diverse colture quali il riso, orticole e gran parte dei cereali. Nell’ottobre 2019, si è avviata, in merito, una sperimentazione nella quale la biofumigazione ha dato ottimi risultati di efficacia utilizzando terreni infestati prelevati da alcuni dei principali contesti risicoli italiani in Piemonte e Lombardia. I risultati di tali sperimentazioni hanno mostrato come, utilizzando colture da copertura, quali l’Eruca sativae e la Crotalaria juncea (Madras®), l’infestazione di M. graminicola sia stata consistentemente abbattuta, confermando la capacità di tali soluzioni. La Crotalaria juncea, in particolare, presenta un meccanismo ancora diverso, può infatti rilasciare composti bioattivi appartenenti alla classe degli alcaloidi e deve essere gestita con molta attenzione, a differenza delle Brassicaceea, ritenute estremamente sicure per l’uomo, visto il loro ruolo storico di piante alimentari nei millenni passati.

La principale peculiarità di Crotalaria juncea è legata al fatto di essere resistente alle temperature elevate, tipiche nel periodo da maggio ad agosto, quando la riproduzione dei nematodi è generalmente più rapida, permettendo di indebolire la velocità di riproduzione: si adatta, quindi, perfettamente, al contesto ambientale creatosi a causa del cambiamento climatico in atto che ha comportato, in Italia, estati sempre più calde e siccitose. Tale coltura è classificata come pianta tropicale da sovescio che ben si adatta a sistemi di arido coltura: rilascia un’elevata quantità di azoto organico, ha un attività nematocida e svolge una funzione allelopatica nei confronti degli elateridi. Tra le Brassicaceae, il Crea-CI ha individuato diverse specie, con differenti applicazioni ancora in fase di studio che possono essere impiegate dall’agricoltore come colture di copertura, tra un raccolto e l’altro, invece, di lasciare il terreno nudo e che presentano molecole bioattive con diversa efficacia nella lotta a differenti parassiti.

Tali colture da copertura, caratterizzate da effetti bioattivi, sono classificate anche come piante ad uso alimentare. In considerazione del fatto che l’Ue intende ridurre drasticamente il ricorso ai prodotti fitosanitari di sintesi chimica e stante il fatto che nessun fumigante è autorizzato, il futuro è, pertanto, nella biofumigazione, una tecnica agronomica che dovrebbe essere incentivata dalle misure agro ambientali del Piani di Sviluppo Rurale Regionali e divulgata quanto più possibile presso gli agricoltori, affinché non siano colti impreparati dall’impossibilità di controllare i parassiti. Ovviamente si richiede la creazione di servizi di assistenza tecnica a supporto degli agricoltori che sono chiamati ad affrontare, già da ora, un cambiamento radicale nella difesa fitopatologica delle colture perché il ricorso alla biofumigazione richiede un approccio molto diverso rispetto ai formulati di sintesi.
Inoltre, un’altra specie interessante studiata dal Crea-CI di Bologna e presentata al simposio internazionale è stata la Reseda lutea che è tra le cinque piante aventi il maggiore numero di visite di insetti impollinatori sui propri fiori. La Reseda lutea può essere validamente impiegata per la realizzazione di fasce a bordo campo coltivate con specie attrattive per le api con evidenti vantaggi per tutto l’agro-ecosistema.
Nel simposio internazionale, esperti da 18 differenti Paesi nel mondo hanno portato le loro esperienze in merito alla biofumigazione. Negli Usa tale tecnica viene adottata ormai da 20 anni. In alcuni contesti nei pressi di Washington, tali piante sono considerate indispensabili per massimizzare la biomassa, sono facili da incorporare nel terreno ed hanno efficacia nel controllo dei nematodi e delle infestanti oltre ad apportare nutrienti al pari dei fertilizzanti di sintesi chimica. La biomassa potenziale è di 75-110 T/ha per un sequestro di carbonio pari a 3.0-4.4 t/ha. Per massimizzare gli effetti positivi della biofumigazione è bene che l’incorporazione avvenga in fase di piena fioritura. Le piante da sovescio vanno poi trinciate ed interrate, come sopra specificato. Negli Stati Uniti, quindi, l’attuazione congiunta della biofumigazione e di un ridotto ricorso all’aratura ha dimostrato i vantaggi in termini di fertilità del suolo con un risparmio nei costi di produzione dovuto al minor uso di carburante e di fertilizzanti di sintesi chimica. Anche alcuni agricoltori australiani stanno applicando la biofumigazione con successo sulle ortive. Interessante è stata anche l’esperienza illustrata da un centro di ricerca argentino, dove da ben 17 anni, si effettuano trattamenti sulle colture orticole in serra ricorrendo congiuntamente alla biofumigazione ed alla solarizzazione per la lotta a diversi parassiti, nell’ambito della produzione integrata.
Un altro importante esempio, in ambito italiano, è stato illustrato da Veneto Agricoltura, con il progetto italiano per la lotta agli elateridi della patata con il ricorso congiunto alla biofumigazione ed al formulato ottenuto da farina di brassicaceae sopra menzionato (https://www.ilpuntocoldiretti.it/attualita/ambiente/patate-un-nuovo-sovescio-per-contribuire-a-contenere-gli-elateridi/).
È stato sottolineato come la biofumigazione sia uno strumento per una gestione “olistica” integrata delle popolazioni di elateridi. In sostanza, l’agricoltore deve tener conto di tutti i fattori che incidono sulla qualità del prodotto finale, principi che opportunamente adattati si possono applicare non solo alla patata, ma anche ad altre colture. In sintesi essi sono: individuazione da parte dell’agricoltore di un terreno con bassa densità di nematodi, attuazione di rotazioni a ridotto rischio, valutazione dei tempi di aratura in modo da incrementare la mortalità degli elateridi, scelta di varietà resistenti, semina precoce, impiego di colture da copertura che siano piante biocide come la Crotalaria in estate e la Brassica juncea in autunno/inverno, raccolto precoce, impiego di prodotti da biofumigazione (i formulati sopra indicati).

Rispetto a tali formulati di origine naturale ottenuti da piante da sovescio bioattive, l’Italia ha illustrato, come essi siano stati ottenuti, grazie ad un progetto di filiera realizzato dal Crea-CI di Bologna e la società Nutrien. Inoltre, è stato illustrato da Nutrien come tali formulati, sperimentati su alcune imprese agricole venete associate a Coldiretti, si siano dimostrati efficaci anche contro la moria del kiwi che colpisce soprattutto l’apparato radicale. La diffusione è, probabilmente, dovuta a cause di natura diversa, come gli agenti patogeni Phytophtora spp, Phytium spp e Cylindro carpon ma, la presenza di nematodi o ancora i suoli in cui si riscontra un eccesso idrico, dove si creano le condizioni favorevoli per lo sviluppo di batteri quali Clostridium bifermentanse e C. sub terminale.

L’uso di Biofence Fl ha mostrato effetti visibili sulle parti vegetative della coltura del kiwi, con piante che hanno acquisito rinnovata vigoria sia nelle foglie che nei frutti dopo due anni di trattamenti radicali: anche gli effetti sulle radici sono stati positivi essendosi notevolmente ridotti i sintomi della malattia, garantendo una pezzatura regolare dei frutti.
In conclusione, la biofumigazione ha raggiunto anche un elevato livello di flessibilità ed adattabilità tramite l’uso combinato delle piante bioattive, anche come colture di copertura, ed i formulati di origine naturale da esse ottenuti che hanno consentito ormai di definire una specifica strategia che consente di aumentare la resistenza a parassiti e patogeni migliorando al contempo la fertilità dei suoli agrari.

Gli agricoltori devono essere, quindi, consapevoli e fiduciosi che l’azione di prevenzione possa svolgere in diversi contesti agro-ambientali, un ruolo cruciale e che la biofumigazione, sia nella produzione integrata che in agricoltura biologica, è uno strumento innovativo, efficace ed in linea con la ormai consolidata richiesta comunitaria di ridurre i prodotti di sintesi nella gestione e la difesa delle nostre colture cercando comunque di risolvere i problemi seri che affliggono anche e soprattutto le imprese agricole che investono in colture specializzate.

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