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Batteriosi del kiwi, ok all’uso d’emergenza della Laminarina

Il Ministero della Salute ha autorizzato l’estensione di impiego della sostanza attiva Laminarina (nome del formulato Vacciplant) alla coltura del kiwi per un periodo di 120 giorni (scadenza 3 febbraio 2017) per il controllo dell’avversità Batteriosi o cancro batterico (Pseudomonas syringae pv. Actinidiae). Questo organismo nocivo è stato inserito nella Lista d’Allerta dell’Eppo (European and Mediterranean Plant Protection Organization) a seguito dei gravi danni causati in alcuni paesi

L’anno peggiore per la diffusione della malattia dell’actinidia è il 2008, con l’individuazione in Italia di Pseudomonas syringae pv actinidiae. Dasono stati fatti molti progressi, anche sul fronte della ricerca e della conoscenza ma non è si è ancora fuori dall’emegerza. Dal 2010 ad oggi sono stati estirpati circa 210 ettari di actinidia solo  in Emilia-Romagna – secondo il Servizio fitosanitario della Regione  -. Il picco nel 2013 con circa 100 ettari, mentre nel 2014 sono stati poco più di 50 ettari. Questo significa che rispetto ai primi anni la situazione è migliorata. Ma la malattia è ancora presente nei frutteti quindi bisogna mantenere alta la soglia di attenzione.

Grazie al lavoro svolto, alla prevenzione, alle scelte agronomiche ed alle condizioni ambientali in questo momento il livello batterico si mantiene basso. Non dimentichiamo che l’estirpazione di varietà molto sensibili come l’Hort16A e la contemporanea sostituzione con varietà più tolleranti ha consentito di controllare meglio la malattia. Oggi , quindi, gli agricoltori tornano  a piantare actinidia.

Sul fronte della  difesa non ci sono novità grandi novità di qui la necessità di ricorrere ad un uso d’emergenza.  Il rame rimane la sostanza attiva principale  per la lotta alla malattia. Interessante è il comportamento dell’ acibenzolar S-methyl (nome del formulato Bion® WG 50), che però rimane autorizzato eccezionalmente su actinidia solo per brevi periodi: nel 2016 dal 21 aprile al 18 agosto. Per quanto concerne i concimi a potenziale azione batterica: non sono prodotti fitosanitari per cui alcune Regioni hanno scelto di non inserirli nel disciplinare di lotta alla batteriosi.

 Quindi continua ad esserci un problema di autorizzazioni: anche quest’anno sono state chieste, come gli anni passati, deroghe d’impiego per rame e Bion. Ma occorre arrivare alla registrazione di una sostanza attiva che sia stabilmente sul mercato per affrontare bene la malattia. La lotta alla Psa potrebbe ,modificarsi nel suo approccio complessivo. Il possibile limite dell’uso del rame potrebbe ridursi anche nella lotta integrata ed è soprattutto il periodo autunnale quello più scoperto.  Altro aspetto critico è l’introduzione di nuove varietà, come il kiwi rosso rispetto al quale non è conosciuto il grado di resistenza alla malattia.

 La ricerca si sta orientando verso l’attività antimicrobica dei chitosani nei confronti di patogeni fungini e batterici delle colture agrarie. – I risultati di laboratorio sono stati positivi ed anche le prime valutazioni in campo hanno dato risultati incoraggianti. Altro fronte è quello dei biostimolanti utili e degli induttori di resistenza. Tutte queste attività vanno incontro alla crescente esigenza dei consumatori e dei produttori di ridurre l’impatto ambientale e quello sulla salute.  Proprio per seguire tale esigenza di sostenibilità stanno aumentando anche gli impianti protetti, introdotti qualche anno fa in via sperimentale. Essi impediscono al batterio di essere veicolato attraverso la pioggia e il vento e riducono il rischio di abbassamenti termici.

Tra l’actinidia e la Psa si potrebbe arrivare ad una "buona coesistenza", adottando buone pratiche agronomiche che ne limitano lo sviluppo e la manifestazione dei sintomi. La situazione negli ultimi anni è decisamente migliorata secondo l’Unità di ricerca per la frutticoltura di Caserta: non si può dire, però, che la malattia sia stata debellata, ma sicuramente si è in grado di conviverci. La ricerca ha consentito  di aumentarne la conoscenza e questo ha contribuito molto al contenimento della malattia.
 
Un fattore importante per lo sviluppo del batterio è sicuramente l’aspetti climatico caratterizzato da inverni freddi con gelate. Una situazione fuori dal nostro controllo ma che crea le condizioni favorevoli per Psa, sia dirette che indirette. Le tecniche agronomiche messe a punto in questi anni  permettono di presewrvare il parte la coltura del kiwi ma manca ancora uno studio vero e proprio sull’individuazione delle varietà resistenti. Alcune sono più tolleranti, ad esempio la G3 che ha sostituito Hort16A, ma occorre individuarne delle altre.   

Ad oggi, molti studi sono stati condotti per chiarire le relazioni tra questo batterio fitopatogeno e le specie di actinidia con rilevanza produttiva e commerciale di frutti di kiwi. Al contrario, poco si sa circa la possibilità di questo batterio di colonizzare altre specie vegetali e le relative implicazioni sulle possibilità di diffusione di questa batteriosi. Negli ultimi anni questo aspetto è stato affrontato nell’ambito di un’ampia collaborazione internazionale in corso tra il gruppo di fitobatteriologia del Dip. Dafne dell’Università della Tuscia ed il Key Lab of Pomology, presso l’Anhui Agricultural University, in Cina.

In questo studio, nel corso di un’ampia indagine epidemiologica in corso in Cina, 11 isolati batterici sono stati isolati da tre specie vegetali spontanee quali, Setaria viridis (L.) Beauv., Alternanthera philoxeroides (Mart.) Griseb. e Paulownia tomentosa (Thunb.) Steud., presenti in prossimità di impianti di Actinidia spp. affetti da cancro batterico. Tutti gli isolati sono stati identificati come Psa sulla base di specifici saggi fisiologici, nutrizionali, biochimici e genetico-molecolari.

Inoltre, tutti gli isolati batterici sono risultati positivi, mediante prove di patogenicità, sia sulle specie vegetali spontanee da cui erano stati isolati, sia su piante di Actinidia spp. I risultati, saranno pubblicati prossimamente sulla rivista scientifica internazionale European Journal of Plant Pathology (Pseudomonas syringae pv. actinidiae isolated from non-kiwifruit plant species in China, Autori: Pu Liu, Shizhou Xue, Rong He, Jiayong Hu, Xiaojie Wang, Bing Jia, Lorenzo Gallipoli, Angelo Mazzaglia, Giorgio M. Balestra, Liwu Zhu).
Sulla base delle conoscenze attuali, si tratta della prima prova scientifica relativa all’isolamento di Psa da piante spontanee. Il fatto che questo batterio possa sopravvivere e colonizzare altre piante oltre a quelle di actinidia solleva nuove domande su come tale  patogeno si diffonda sia a livello locale, sia internazionale, come pure nuove questioni sulle azioni da adottare per prevenire e controllare efficacemente la diffusione del cancro batterio dell’actinidia.

Questo studio evidenzia le capacità di Psa non solo di sopravvivere, ma anche di sfruttare la sua patogenicità su piante spontanee largamente diffuse. I ceppi batterici isolati da queste specie vegetali, differenti da Actinidia spp,, sono stati identificati come Psa, ed inoltre risultano appartenere alla biovar 3, cioè quella maggiormente virulenta e dannosa.

Le specie di piante da cui è stato isolato Psa sono sia spontanee, come Setaria viridis (L.) Beauv. e Alternanthera philoxeroides (Mart.) Griseb., sia ornamentali come Paulownia tomentosa (Thunb.) Steud.S. viridis, nota come ‘coda di volpe’ è di diffusione mondiale; similare è la presenza e l’adattamento di A. philoxeroides, un’erba perenne presente specialmente lungo i corsi d’acqua mentre, P. tomentosa, è un albero deciduo originario della Cina dove è piuttosto popolare, ed ormai coltivato in tutto il mondo sia come albero ornamentale in parchi e giardini, sia per essere sempre più utilizzato nell’industria del legno e del mobile.

Questi risultati possono avere impatti importanti e forse inaspettati sulla valutazione della presenza di Psa in uno specifico areale, nonché sugli approcci da adottare sul controllo del cancro batterico dell’actinidia e, di conseguenza, su tutta la produzione di questa importante specie frutticola. Pertanto, per evitare la diffusione di Psa o, più concretamente, per diminuire il suo inoculo naturale, risulta importante l’eliminazione, secondo le ultime ricerche, di specie spontanee come S. viridis, quale ospite alternativo di Psa, infestante molto comune ed ampiamente diffusa nella maggior parte dei principali areali mondiali di produzione del kiwi come l’Italia, la Nuova Zelanda e la Cina.

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