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Bianco di Pitigliano, il Tar apre ai pannelli fotovoltaici tra le vigne Dop

Nella Provincia toscana di Grosseto centinaia di agricoltori si dedicano alla cura e allo sviluppo di pregiati vitigni, fonti di ricchezza inestimabile ereditata dall’antica civiltà etrusca. Le inconfondibili verdi colline del paesaggio toscano conservano ancora intatte le tradizioni vinicole della zona attraverso le grotte e le cantine sotterranee scavate nel tufo che hanno garantito nei secoli l’ambiente ideale per consentire ai vini di maturare una qualità superiore.

E proprio quella qualità è stata preservata negli anni grazie alla dedizione degli imprenditori agricoli che hanno mantenuto viva la produzione, tanto da conseguire importanti riconoscimenti. Il Bianco di Pitigliano, ad esempio, è stato fregiato della denominazione di origine controllata (Doc), corrispondente al regime attuale delle Denominazioni di origine protette (Dop), per le quali riveste fondamentale rilievo lo stretto legame tra le qualità del vino ed il territorio di origine, comprensivo delle caratteristiche ambientali e delle pratiche agronomiche tradizionalmente seguite dagli imprenditori nelle diverse fasi di produzione.

La tutela delle Dop e Igp, la cui disciplina è disposta a livello europeo al fine di preservare e valorizzare il ricco patrimonio agroalimentare di qualità dell’Unione europea, riconosce il valore economico, culturale e ambientale dei prodotti contrassegnati, con evidenti benefici anche per le aree agricole e per i produttori che ne garantiscono il presidio.

Eppure i giudici del Tar Toscana, in una controversia insorta tra privati, interessati ad installare impianti fotovoltaici nei loro terreni e Regione Toscana, di posizione contraria perché i terreni ricadono nelle zone di tutela della Dop «Bianco di Pitigliano», hanno accolto la posizione dei privati.  La Regione Toscana aveva, infatti, incluso i terreni dei ricorrenti, situati nella provincia di Grosseto e inseriti nell’area Dop «Bianco di Pitigliano», tra le zone non idonee alla installazione di impianti fotovoltaici ai sensi della legge regionale n. 11/2011.

Secondo i giudici, la deliberazione della Regione avrebbe sostanzialmente violato la legge regionale richiamata, che consente alla Provincia di presentare una proposta di diversa perimetrazione delle aree Dop e Igp. La Provincia di Grosseto aveva, infatti, dichiarato esclusi dai siti ex lege non idonei i terreni dei ricorrenti, adottando come criterio di esclusione la mancata destinazione di tali aree all’olivicoltura e alla viticoltura.

La Regione, al contrario, con la deliberazione impugnata decideva di includere anche i terreni dei privati tra le aree non idonee “senza, tuttavia, dare alcuna evidenza dei criteri a tal fine seguiti e della loro concreta applicazione”: per questa ragione, i giudici amministrativi ritenevano di accogliere il ricorso annullando la deliberazione.

Senza voler entrare nel merito della vicenda, che pure consentirebbe qualche ulteriore riflessione, considerando, ad esempio, che la l.r. n. 11/2011 attribuisce alla Regione  la facoltà e non l’obbligo di seguire le indicazioni della Provincia sulla nuova perimetrazione e che sono individuate come non idonee tutte le aree Dop e Igp senza ulteriori classificazioni, si ritiene di dover rilevare la scarsa attenzione dei giudici nei riguardi della produzione agroalimentare di qualità.

Non si trattava tanto, e comunque non solo, di bilanciare l’interesse all’incentivazione degli impianti di produzione di energie rinnovabili con quello della tutela del paesaggio, bensì di considerare la funzione appena richiamata delle Dop e Igp e la reputazione garantita ai luoghi di produzione e di valutare il ruolo fondamentale delle attività agricole a garanzia di uno sviluppo sostenibile dell’economia, evitando nuovo consumo di suolo, valorizzando e salvaguardando il patrimonio naturale, sociale, culturale e identitario di luoghi dalle tradizioni secolari.

Consentire l’installazione di impianti fotovoltaici in un’area comunque riservata ex lege, significa perdere di vista tutti quei valori immateriali che fanno del “Bianco di Pitigliano” non soltanto un vino ma un’autentica opera d’arte da difendere e valorizzare ben oltre i confini di produzione perché si tratta di un bene comune che appartiene a tutti noi.

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