il Punto Coldiretti

Biologico, contro il calo produttivo servono progetti di filiera

Secondo l’ultimo rapporto Eurostat, nell’Europa a 27 sono coltivati, nel 2008, 7.8 milioni di ettari nel 2008 con un aumento del 7% rispetto al 2007 e del 21% rispetto al 2005. I cinque stati membri che costituiscono i maggiori produttori sono la Spagna seguita dall’Italia, la Germania, il Regno Unito e la Francia.                      

L’Italia, rispetto allo scorso anno, non solo perde il suo primato di primo produttore europeo in agricoltura biologica, registrando rispetto al periodo 2007-2008 una riduzione delle superfici coltivate a biologico del 13%, ma, a fronte di un aumento diffuso delle produzioni biologiche rilevato in tutti gli altri stati membri dell’Ue, è l’unica a riportare  un andamento negativo .

Del resto, esaminando i dati del Sinab dal 2000 al 2008, si evidenzia come i produttori biologici siano diminuiti da 49.790 a 42.037 ed il fenomeno sia particolarmente grave in alcune Regioni quali la Sardegna, la Sicilia, la Puglia,  la Calabria e l’Emilia Romagna.

La drastica riduzione delle imprese agricole biologiche è spesso dovuta alla scelta operata da alcune regioni nei Piani di Sviluppo Rurale di sostenere l’agricoltura biologica esclusivamente a livello della produzione, senza promuovere progetti di filiera che garantiscano la collocazione del prodotto sul mercato e rendano autonome le imprese dagli aiuti comunitari, assicurando buoni margini di redditività per coloro che ha hanno investito in tale metodo di produzione.

In sostanza, mancando a livello della programmazione degli interventi a livello territoriale il concetto che lo sviluppo dell’agricoltura biologica può avvenire solo tramite progetti di filiera, gli aiuti sono stati indirizzati unicamente ad incentivare la produzione mancando di finanziare, nelle medesime aree, impianti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti biologici, promuovere azioni di promozione e di marketing nonché sistemi di distribuzione caratterizzati da brevi distanze tra luogo di produzione e di consumo.

Pertanto, là dove si è puntato esclusivamente a incrementare le superfici coltivate a biologico, a seguito della contrazione delle risorse a disposizione per l’attuazione dei Psr con conseguente riduzione degli aiuti destinati all’agricoltura biologica, ha fatto sì che le imprese biologiche che non hanno investito per collocare la propria produzione sul mercato, hanno finito per abbandonare tale metodo di produzione.

I dati di Eurostat confermano quanto più volte ha sostenuto Coldiretti e, cioè, che lo sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia, non essendo stato supportato, in questi anni, da una politica nazionale e regionale imperniata su un progetto di filiera volto a garantire un equilibrio tra domanda ed offerta di alimenti di biologici e di valorizzazione delle produzioni italiane a forte connotazione territoriale, appare oggi discontinuo e notevolmente esposto alla concorrenza degli altri paesi.

In sostanza, finora, non è stato fatto nulla per correggere la principale anomalia del sistema produttivo italiano relativo all’agricoltura biologica, caratterizzato da una concentrazione della produzione nelle regioni del sud,  nonostante la progressiva flessione del numero di imprese biologiche, mentre al nord si trovano gli impianti di trasformazione e commercializzazione.

Anche per quanto concerne  i consumi si registrano degli squilibri: al sud, la domanda di alimenti biologici è nettamente inferiore rispetto alle regioni del nord nelle quali risiedono consumatori ormai affezionati a tali tipologie di prodotti, così che l’offerta in eccesso di produzioni biologiche del Mezzogiorno non trova in loco sbocchi di mercato.
In ambedue i casi è evidente che proprio in un settore ecocompatibile come quello dell’agricoltura biologica si rischia di non avere i presupposti per poter produrre a km0.

A fronte di tale situazione strutturale, si nota, invece, nel 2009, in Italia un positivo  andamento dei consumi di alimenti biologici. In base alle rilevazioni Ismea, gli acquisti domestici di prodotti biologici confezionati registrano nel 2009 un incremento in valore del 6,9%, superiore a quello già segnato nel 2008 (+5,2%).

Il biologico, secondo Ismea, conferma la sua vitalità in un momento di generale stagnazione della domanda interna di prodotti alimentari. Ortofrutta, prodotti lattiero caseari e alimenti per la prima colazione confermano anche nel 2009 la loro leadership nel mercato, incidendo nel complesso per oltre il 54% sul totale degli acquisti di prodotti biologici.

Tuttavia a livello geografico il consumo di alimenti biologici riguarda prevalentemente il Nord Italia. Nelle regioni settentrionali si concentra, infatti, più del 70% degli acquisti nazionali (il 43,1% nel Nord-Ovest e il 27,9% nel Nord-Est), mentre il Centro, inclusa la Sardegna, e il Meridione rappresentano rispettivamente il 21,6% e il 7,5% del totale.

Quali sono allora i rischi di tale situazione strutturale se non intervengono correttivi nelle politiche di sviluppo dell’agricoltura biologica? La domanda nazionale di alimenti biologici che appare dinamica e in crescita in assenza di un’offerta adeguata di produzioni italiane, tende ad essere soddisfatta con alimenti biologici importati dall’estero tanto è vero che il numero di importatori biologici in questi anni si è quadruplicato passando, secondo i dati del Sinab, dai 67 del 2000 ai 246 del 2008 dei quali 51 sono importatori esclusivi e 195 importatori che effettuano anche attività di produzione o trasformazione.

Coldiretti, pertanto, nelle sedi istituzionali competenti sostiene  che le politiche di sviluppo del settore promosse a livello nazionale con il disegno di legge quadro in materia di agricoltura biologica ed  il Piano d’azione nazionale  del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali,  ma soprattutto con  i Psr delle Regioni  debbano essere  orientate  a utilizzare i fondi a disposizione per favorire la commercializzazione dei prodotti biologici tramite sistemi di filiera corta in modo da eliminare i passaggi intermedi tra impresa agricola e consumatore; sostenere tramite gli aiuti comunitari non solo la produzione biologica ma anche la creazione sul luogo di produzione di strutture che trasformino e commercializzino il prodotto evitando che i costi di trasporto su lunghe distanze per raggiungere gli impianti destinati al biologico, vadano ad incidere negativamente sulla convenienza economica dell’impresa ad investire in tale settore e si limitino le emissioni inquinanti secondo i principi del progetto km0; istituire e promuovere un logo nazionale che valorizzi le produzioni biologiche italiane ed aiuti i consumatori ad orientarsi nella scelta verso i prodotti made in Italy; concedere gli aiuti comunitari solo alle imprese agricole che si impegnano a collocare la propria produzione sul mercato; sostenere adeguatamente i settori ortofrutticolo e zootecnico che costituiscono gli assi portanti in termini di valore aggiunto della filiera agricola biologica.

I dati produttivi delle cinque regioni dove è stato maggiore il calo

Regioni

Numero produttori biologici 2000

Numero produttori biologici 2008

Diminuzione numero di produttori bio

Emilia Romagna

4.084

2.589

-1.495

Puglia

6.376

4.421

-1.955

Calabria

8.192

6.313

-1.879

Sicilia

9.211

6.346

-2.865

Sardegna

8.125

2.444

– 5.681

Elaborazione Coldiretti su dati Sinab

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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