Cambiamenti climatici: l’importanza degli strumenti di gestione del rischio
Presentato dall’Inea il rapporto dal titolo “Analisi della domanda di strumenti di gestione del rischio climatico in agricoltura in Italia”. Il documento analizza i dati complessivi sugli eventi estremi dichiarati calamità naturali in agricoltura, mostrando un valore totale molto elevato dei danni prodotti nel periodo 2003-2012, pari a più di 14 miliardi di euro a livello nazionale, il che significa una media di 1,4 miliardi l’anno e circa 111 euro/ha di sau l’anno. Il dato totale, comprendendo eventi e danni inclusi nel Piano assicurativo nazionale, porta, inoltre, a riflettere sull’opportunità strategica di definire, anche in ambito Pac, politiche sulla gestione del rischio più efficaci. Lo scenario generale, infatti, vede l’agricoltura nel bacino del Mediterraneo particolarmente esposta e vulnerabile al rischio climatico. La maggiore incidenza dei rischi climatici rispetto ad altre aree europee si evidenzia per diverse ragioni. La prima è legata al fatto che l’agricoltura mediterranea si basa sulla qualità delle produzioni piuttosto che sui quantitativi prodotti ed è caratterizzata da prodotti a maggior valore aggiunto e di alta rilevanza economica anche in termini di esportazioni (quindi, a parità di danni, sui quantitativi corrisponde una maggiore perdita economica). Un’altra ragione è legata alle condizioni ambientali e climatiche che, in particolare della penisola italiana, sono molto eterogenee e se, da un lato, questo aspetto permette produzioni più variegate e ricche, dall’altro lato, amplifica i rischi per le produzioni tipiche locali. Con particolare riferimento alla categoria degli strumenti economici, lo studio Inea dimostra come questi siano considerati più efficaci – ad esempio, se paragonati agli investimenti strutturali – per la loro adattabilità e flessibilità (i contratti assicurativi o i regolamenti dei fondi di mutualità hanno oggetto e parametri modificabili anche annualmente). Nel contesto dei cambiamenti climatici, queste caratteristiche risultano ancora più importanti dato il grado di incertezza sugli effetti e gli impatti sulle produzioni. Con l’art. 68 del regolamento 73/2009, è diventato, infatti, possibile usare parte dei fondi Ue allocati sui pagamenti diretti al fine di promuovere l’accesso degli agricoltori agli strumenti di gestione del rischio e con i cambiamenti introdotti nel regolamento n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale per il periodo 2014 – 2020, la Commissione non solo conferma le previsioni contenute nel reg. 73/2009 (anche se i contributi sono spostati dai pagamenti diretti a quelli pluriennali dello sviluppo rurale), ma introduce una nuova misura, definita strumento per la stabilizzazione del reddito (income stabilization tool), con lo scopo di supportare la gestione del rischio di reddito degli agricoltori attraverso fondi di mutualità. Più in generale, l’interessante studio Inea sottolinea come, specie negli ultimi anni, gli strumenti economici di gestione del rischio in agricoltura siano stati oggetto di un rinnovato interesse e di una profonda evoluzione, non solo per la loro crescente diffusione nelle politiche nazionali di supporto all’agricoltura, ma anche in relazione all’importante ruolo che possono svolgere come strumenti di supporto alle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Il documento, inoltre, contiene interessanti indicazioni anche al fine di meglio focalizzare le diverse realtà, dal punto di vista sia degli eventi climatici e degli effetti sulla gestione delle imprese agricole, sia dell’efficacia ed efficienza degli strumenti attualmente utilizzati per la gestione dei rischi. Dai risultati dello studio si possono, dunque, ricavare importanti spunti per stimolare un confronto per adeguare le politiche di settore e consentire alle imprese agricole di cogliere al meglio le opportunità offerte dalla Pac nell’ambito della gestione del rischio climatico. |
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