il Punto Coldiretti

Crediti di carbonio, il ruolo delle imprese agricole va valorizzato economicamente

Un contributo importante nelle strategie per combattere i cambiamenti climatici può venire dal settore agroforestale grazie alla sua capacità di assorbire carbonio (carbon sink). L’agricoltura, infatti, gioca un ruolo significativo in termini di fissazione temporanea di carbonio nei suoli, nelle produzioni vegetali e arboree e nelle biomasse forestali, sia nelle produzioni a base di fibre legnose sia nei popolamenti forestali.

Per questo motivo, la promozione di attività che aumentino o conservino tale capacità di assorbimento rappresenta un supporto alle strategie di contenimento e riduzione delle emissioni nei settori energetici e produttivi.

In tale ambito, il protocollo di Kyoto ha previsto la possibilità per i paesi industrializzati di utilizzare le foreste e i terreni agricoli per raggiungere gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra (attraverso le cosiddette attività LULUCF – Land-Use, Land-Use Change and Forestry).

A fronte di ciò, in Italia, non si è, però, provveduto ad individuare un sistema in grado di valutare correttamente e valorizzare il ruolo del settore agroforestale nell’ambito della creazione dei serbatoi di carbonio, riconoscendo agli imprenditori agricoli, a fronte di impegni di carattere ambientale, un corretto ritorno sulla quota assorbita di loro competenza.

Infatti, in Italia, tutto il carbonio assorbito dal settore agroforestale è calcolato come proprietà esclusiva dello Stato. Cosicché, le imprese agroforestali continuano ad attendere la messa a punto di strumenti effettivamente in grado di attribuire un riconoscimento economico alla loro funzione di carbon sink.

Una possibilità è legata alla revisione delle funzioni dell’attuale Registro Nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali, istituito dal Ministero dell’Ambiente attraverso il D.M. del 1 aprile 2008, che dovrebbe essere finalizzato alla messa a punto di un vero meccanismo di certificazione dei crediti di carbonio. Si tratta, cioè, di attribuire un valore remunerabile all’assorbimento del carbonio, mediante la creazione di crediti di carbonio, certificati da parte di un organo istituzionale (potrebbe farsene carico il Ministero dell’Ambiente).

I beneficiari di tale sistema, attraverso una adesione al registro su base volontaria, dovrebbero essere i proprietari della superficie forestale-agricola che concorre a realizzare l’assorbimento nazionale, ovvero i proprietari forestali, agricoli, ma anche enti pubblici che gestiscono le attività agro-forestali eleggibili.

Le attività a cui riconoscere la funzione di assorbimento di carbonio potrebbero essere, ad esempio: la non lavorazione dei terreni, la lavorazione minima,  la messa a riposo, la costituzione di prati e colture permanenti, la coltivazione di specie a radice profonda, l’impiego di letame e compost, la gestione dei residui di coltivazione compreso il loro impiego a fini energetici, il miglioramento delle tecniche di fertilizzazione e di irrigazione, la reintroduzione delle rotazioni, la diffusione del metodo biologico e tutti i cosiddetti cambi d’uso del suolo che caratterizzano la trasformazione di superfici agricole in boschi, prati e pascoli.

È evidente che, una volta definito il meccanismo di certificazione dei crediti di carbonio, sarebbe opportuno concordare la convertibilità di tali crediti in quote di emissioni scambiabili in un mercato creato ad hoc.

Si potrebbe addirittura ipotizzare la conversione di tali crediti in permessi di emissione da scambiare nel sistema Emission Trading comunitario. Nonostante la Commissione europea abbia, al momento, escluso questa possibilità, è importante non abbandonare a priori questa opzione.

In attesa di una revisione della direttiva Emission Trading, si potrebbe, in ogni caso, consentire alle imprese nazionali la possibilità di compensare le proprie emissioni con investimenti nel settore agricolo, per l’ottenimento di crediti di carbonio “compensativi”. Si tratterebbe, in sostanza, di istituire un meccanismo di compensazione a livello nazionale, attraverso il quale anche lo Stato potrebbe utilizzare i crediti generati dal settore agricolo per il raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto.

Il presupposto per il funzionamento del sistema ipotizzato è la creazione di un mercato aperto al più ampio numero di soggetti, sul quale scambiare i crediti di carbonio che rappresentano unità di carbonio assorbite con misure agro-forestali, e quote di carbonio che corrispondano a unità di emissioni abbattute.

Ma quali sono, attualmente, gli ostacoli, anche di natura tecnica, che frenano la messa a punto di sistemi di valorizzazione economica dei crediti di carbonio da parte dell’agricoltura? La questione del bilancio del carbonio nel suolo, sebbene, come abbiamo detto, rappresenti una delle opzioni previste dal protocollo di Kyoto per mitigare l’effetto serra, non è stata ancora oggetto di un adeguato approfondimento nelle analisi condotte dalla letteratura scientifica italiana.

A livello nazionale manca, ad oggi, uno studio per la stima dell’assorbimento potenziale di carbonio conseguente all’applicazione delle misure agronomiche incoraggiate dalle politiche internazionali per la lotta al cambiamento climatico. Pur essendo noto, a livello generale, che le condizioni favorevoli alla cattura del carbonio da parte del suolo sono legate a diversi fattori (aumento degli input di sostanza organica, diminuzione del suo grado di decomposibilità, ecc.) che possono essere determinati applicando specifiche misure agronomiche, va, tuttavia, rilevato che il grado di incertezza nella stima del carbonio sequestrabile tramite tali pratiche è particolarmente elevato.

Ciò è dovuto al fatto che le variabili che influenzano la capacità di assorbimento di carbonio di un suolo sono molteplici, spesso correlate, e specifiche del territorio in cui esso è localizzato (ad es.: clima; uso delle terre precedente; lunghezza del precedente uso delle terre; durata del nuovo uso; profondità del suolo alla quale viene analizzato il carbonio, ecc.).

Un altro aspetto condizionante, inoltre, è rappresentato dal fatto che le misure agronomiche che possono essere individuate a questo scopo possono comportare parallelamente degli impatti ambientali negativi.

Rispetto a quanto detto, è evidente come l’attesa istituzione di un meccanismo in grado di garantire al settore agroforestale una valorizzazione economica grazie ad una effettiva ed efficace azione di conservazione del carbonio non può prescindere da un adeguato approfondimento tecnico scientifico, che, a questo punto, non può più essere rinviato, pena l’esclusione delle imprese agroforestali da una partita che, invece, dovrebbe annoverarle tra i principali protagonisti.

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