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Danni da specie protette, ecco cosa fare per difendersi

La tutela delle imprese agricole rispetto ai danni da fauna selvatica è una delle emergenze che in questi giorni sono in primo piano anche in relazione alla discussione parlamentare sulla riforma della l. 157/92, la legge quadro sulla tutela della fauna e di disciplina della caccia.

Le Regioni, intanto, almeno per alcune specie predatrici oggetto di tutela, tra cui il lupo e l’orso bruno, potrebbero dare una risposta alle imprese adottando, alcune misure di intervento che hanno avuto il consenso di Bruxelles, in quanto rispettose della legislazione in materia di aiuti di stato.

L’Ue ha ammesso, infatti, con la decisione n. 211/2005 la promozione di interventi di tutela del patrimonio zootecnico bovino, ovicaprino ed equino soggetto agli attacchi di specie di predatori selvatici di cui all’allegato IV della direttiva Habitat, tra le quali sono ricomprese il lupo, l’orso bruno, nei cui confronti vige un divieto assoluto di caccia.

Tali interventi possono consistere in  contributi per l’adozione di misure di prevenzione da parte delle imprese, quali la costruzione di recinti e l’adozione di sistemi fotografici di allarme, anche contributi per la stipula di contratti assicurativi per i danni causati al patrimonio zootecnico da animali predatori.

I contributi concessi per le misure di prevenzione sono stabiliti fino a un massimo del 40% della spesa ritenuta ammissibile ed effettivamente sostenuta o, fino ad un massimo del 50% nelle zone montane e svantaggiate. In ogni caso non sono ammessi contributi superiori a 26000 euro per ciascun intervento.

I contributi concessi per contratti assicurativi contro i danni subiti dai capi allevati a seguito di attacchi di animali predatori e consistenti in morte dei capi allevati ed aborti, sono concessi fino ad un massimo dell’80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento del danno che supera il 20 per cento della produzione normale, nelle zone montane e svantaggiate e il 30 per cento nelle altre zone. Il contributo è ridotto al 50 per cento per i contratti assicurativi su tutto il valore della produzione. La sottoscrizione dei contratti assicurativi può avvenire in forma individuale o collettiva tramite i consorzi di difesa di cui al decreto legislativo 29 marzo 2003, n. 102 (Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38).

Interessanti sono anche i parametri stabiliti per il risarcimento dei danni ad opera dei periti delle assicurazioni: il valore degli animali morti infatti è determinato sulla base dei prezzi fissati dell’Ismea (in caso di aborto il danno equivale al 30% del prezzo dell’animale).

L’aspetto innovativo è, dunque, quello della combinazione delle misure di prevenzione con lo strumento assicurativo nel pieno rispetto della disciplina comunitaria sugli aiuti di stato.

L’unico limite è costituito dal fatto che tale soluzione secondo l’Ue può essere adottata esclusivamente per le specie di animali protette dalla direttiva Habitat, che, però, oltre ai carnivori predatori include anche qualche altra specie che provoca danni all’agricoltura quale ad es. l’istrice, dal momento che, mentre negli altri paesi dell’Ue la fauna selvatica è di proprietà dell’imprenditore agricolo che ha il titolo di conduzione del fondo, al quale è riconosciuto il diritto di abbattimento dell’animale predatore che ha causato il danno, in Italia ai sensi della l. 157/92 tutta la fauna selvatica è di proprietà dello Stato e, dunque, al fine di non creare una distorsione della concorrenza tra Stati membri, il regime di aiuti per il contenimento dei danni non può riguardare indiscriminatamente tutte le specie selvatiche, ma solo quelle protette per le quali sussiste il divieto di caccia, perché per le altre, in assenza dei vincoli posti dalla legislazione italiana, l’imprenditore agricolo sarebbe per l’Ue legittimato ad attuare interventi di controllo numerico della fauna.

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