il Punto Coldiretti

Direttiva nitrati, inquinamento terreni spesso causato da acque reflue urbane

Sull’attuazione della direttiva nitrati è stata presentata dal vicecapogruppo della Lega Nord un’interrogazione parlamentare al Ministro Galan in quanto tale provvedimento continua ad essere oggetto di un processo di adeguamento complesso e contrastato da parte delle Regioni, che sono attualmente impegnate nella revisione dei Programmi d’azione per soddisfare le richieste dell’Unione europea successive alla proposta di deroga al limite dei 170 kg/azoto/ettaro/anno richiesta dal nostro Paese.

E’ stato evidenziato al Ministro Galan come il percorso seguito finora non appaia soddisfacente per risolvere il problema del rapporto tra ambiente e zootecnia. In particolare, la designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola riguarda la particolarità idrogeologica e la dipendenza da un dato contesto economico, parametri rispetto ai quali deve essere svolta l’analisi di tutte le fonti di inquinamento: non solo, dunque, il carico agricolo e zootecnico, ma anche il trattamento delle acque reflue dei depuratori e la ricognizione degli scarichi industriali.

Si sta avvalorando, infatti, anche presso gli esperti, l’ipotesi che il carico zootecnico non costituisca un fattore determinante nell’inquinamento da nitrati per cui tale aspetto merita di essere approfondito sul piano tecnico. Da alcuni dati e dai documenti redatti dagli istituti di ricerca risulta come l’individuazione delle zone vulnerabili abbia assunto connotazioni più politiche che tecniche anche a seguito delle pressioni comunitarie relative all’apertura di una precedente procedura di infrazione diretta dell’intera pianura padana come vulnerabile, conducendo ad individuare aree in cui non si registrano superamenti dei valori limite.

Nelle zone dove non c’è agricoltura, ma si registra una insufficiente depurazione delle acque reflue urbane o sono presenti insediamenti industriali l’inquinamento da nitrati è più elevato rispetto alle aree rurali. E’ stato, pertanto evidenziato al Ministro come il problema dovrebbe essere affrontato in un’ottica complessiva di studio del territorio idrico sostituendo una valutazione fondata su modelli teorici, con l’effettiva verifica delle fonti puntuali e diffuse di inquinamento anche extra-agricole,  con particolare riguardo alla depurazione delle acque reflue urbane, materia rispetto alla quale numerose sono le condanne per inadempimento adottate dall’Ue nei confronti del nostro Paese.

Del resto, l’ultima relazione elaborata dal Ministero dell’Ambiente sull’applicazione della direttiva, evidenzia come la situazione delle acque superficiali sia senz’altro rassicurante visto che oltre il 97% appartiene alla classe migliore, mentre per quanto riguarda le acque sotterranee, il valore medio superiore al limite di 50 mg/l è misurato per il 12% dei punti di monitoraggio con un’evidente contraddizione rispetto all’assoluta ampiezza delle designazioni di zone vulnerabili.

Ancora, rispetto alle acque marino-costiere la stessa relazione ministeriale evidenzia un netto miglioramento della loro qualità soprattutto se confrontata con quella dei paesi del Nord Europa. II Ministro Galan ha risposto all’interrogazione dichiarando che, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 29 aprile scorso, è stato approvato il Piano strategico nazionale sui nitrati, di grande rilievo, di grande importanza e che pone grandi vincoli per le nostre aziende.

Secondo il Ministro, da allora, è cominciato un percorso, che ha portato da un lato alla necessità di applicare la direttiva nel rispetto dell’Unione europea, e, dall’altro lato, ha portato una richiesta di deroga, che è stata indirizzata all’Unione europea, volta ad ottenere una concessione di deroga al valore limite di 170 chilogrammi di azoto previsto dalla direttiva nitrati, in subordine alla rivisitazione dei singoli programmi regionali.

Di rimando è stato fatto presente al Ministro Galan come la richiesta di deroga sia ritenuta da tutti uno strumento insufficiente, in quanto si tratta di agire per rideterminare i criteri che hanno portato alla definizione delle aree vulnerabili valutando la responsabilità di tutti i settori economici e non solo della zootecnia.

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