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Dissesto idrogeologico, l’importanza dei terrazzamenti ad uso agricolo

Sappiamo che l’Italia è un paese ad elevato rischio idrogeologico. Le frane e le alluvioni, infatti, sono le calamità naturali che si ripetono con maggior frequenza e causano, dopo i terremoti, il maggiore numero di vittime e di danni. Solo negli ultimi dieci anni sono stati spesi oltre 3,5 miliardi di euro con Ordinanze di Protezione Civile per far fronte a eventi idrogeologici e, secondo quanto riportato nel documento Il rischio idrogeologico in Italia, redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2008, le aree ad alta criticità idrogeologica da frana e alluvione sul territorio italiano risultano complessivamente pari a 29.517 km2.

E’ anche noto, tuttavia, che le attività agricole e forestali hanno rappresentato, nei secoli scorsi, il principale agente modellatore del territorio italiano, creando, in molti casi, paesaggi di straordinaria bellezza ma al tempo stesso incidendo positivamente su territori spesso naturalmente predisposti a fenomeni di degrado dei suoli e di dissesto idrogeologico.

Tali fenomeni sono stati contrastati, nel passato, da specifiche pratiche agricole e silvicole e da una capillare rete di opere di regimazione delle acque e di stabilizzazione dei versanti. Tuttavia, dal dopoguerra in poi, la forte espansione dei centri urbani e lo sviluppo industriale hanno determinato un progressivo abbandono delle attività agro-silvo-pastorali, specie nelle aree di collina e di montagna, con una conseguente riduzione del presidio e della manutenzione delle opere di protezione. La gestione e la manutenzione del territorio montano-collinare, in particolare, rappresentando il 75 per cento dell’intero territorio nazionale, rappresenta un elemento determinate nei confronti del contenimento dei fenomeni franosi e dell’erosione idrica.

Come evidenziato anche dal recente dossier Ispra (Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale), un ambito territoriale particolarmente importante per le sua funzione di prevenzione dal dissesto idrogeologico è rappresentato dai “terrazzamenti” e cioè da quelle opere caratterizzate da successioni di muretti a secco che modellano i versanti collinari e montani trasformandoli in una successione di terrapieni coltivabili.

Le principali aree terrazzate in Italia si trovano in Liguria, in Valtellina e Val Chiavenna (SO), nella Penisola Sorrentina, in Cilento, nel Gargano, oltre ad essere diffuse in Calabria e nella Sicilia nordorientale e sud-orientale. Il motivo stesso della creazione dei terrazzamenti, infatti, risiede storicamente sia nella necessità di estendere i terreni adatti alla coltivazione, sia proprio per contrastare i processi erosivi e franosi lungo i versanti più ripidi. Il progressivo abbandono di queste opere ha portato ad una situazione attuale caratterizzata da una pressochè generale carenza o assenza di manutenzione, ad esclusione di pochi esempi di gestione ad uso agricolo ancora attiva, limitatamente ad alcune tipologie di colture specializzate (per lo più vigneti ed oliveti).

Fatto sta che il contributo delle aree terrazzate alla difesa del suolo e al controllo del deflusso delle acque è venuto progressivamente a mancare, ed recupero della loro manutenzione è divenuto un obiettivo prioritario della lotta al dissesto idrogeologico.

Forse non molti sanno, infatti, che la compromissione della loro funzione, dovuta all’abbandono, rischia addirittura di aggravare i fenomeni di dissesto idrogeologico. La creazione di queste opere, infatti, determina, in termini di regimazione delle acque e sistemazione dei versanti, una sorta di equilibrio artificiale che va a sostituire le dinamiche evolutive naturali. Una volta create queste opere, quindi, risultano preziosissime per contrastare i fenomeni erosivi e le frane, ma devono continuare ad essere gestite e mantenute attraverso un interrotto apporto di materiali ed energia.

In poche parole, una volta realizzati, i terrazzamenti non dovrebbero mai essere abbandonati, pena la rottura di delicati equilibri e l’accelerazione dell’innesco proprio di quei fenomeni che con la loro realizzazione si intendeva contrastare.

Il dato preoccupante, dunque, è che negli ultimi decenni si è assistito al progressivo abbandono delle colture agricole in aree terrazzate, come ad esempio in Liguria, dove il 33 per cento dei terrazzi è stato oggetto di ricolonizzazione da specie arboree o arbustive per lo più spontanee. In molti casi, quindi, l’assenza di una manutenzione costante dei muretti a secco e dei relativi sistemi di drenaggio che caratterizzano i terrazzamenti ha reso spesso i versanti terrazzati ancora più suscettibili all’innesco di fenomeni franosi.

Le principali forme di degrado dei terrazzamenti riguardano, infatti, crolli, deformazioni e traslazioni dei muri di contenimento, sino a fenomeni di collasso delle strutture. In concomitanza di piogge intense, infatti, la spinta idrostatica che si genera per l’imbibizione del terreno, può determinare, in assenza di un efficace sistema di drenaggio, la perdita di stabilità e il crollo dei muri di contenimento con un possibile effetto domino sui muri sottostanti.

Come rimarcato nel citato dossier Ispra, è dunque fondamentale, quindi, specie per quanto riguarda le zone a colture permanenti su versanti terrazzati, assicurare la manutenzione dei muretti e dei ciglionamenti con scarpata inerbita per poter evitare i fenomeni di dissesto e di perdita di suolo. Le principali azioni consistono nella ripulitura dei muretti dalla vegetazione infestante, nel ripristino dei sistemi di drenaggio e del coronamento dei muretti a secco, nell’inerbimento interfilare delle coltivazioni (in genere vigneti e oliveti, ma con consistente presenza di agrumi al sud), nell’inerbimento dei ciglioni dei terrazzamenti, e in alcuni casi, nell’impianto di specie arbustive sempre sulle superfici di bordo.

In alcune condizioni, particolarmente sfavorevoli, risultano necessarie azioni quali il ripristino della stabilità dei gradoni/muretti stessi, con rifacimenti e ricostruzione dei manufatti preesistenti che, a causa dei costi più elevati, dovranno essere più mirati e localizzati (come previsto, ad esempio, nelle Linee guida per la manutenzione dei terrazzamenti delle Cinque Terre).

Va segnalato, tra l’altro, che, in termini di prevenzione del rischio idrogeologico, a livello quantitativo e sulla base degli studi sperimentali effettuati dal Cra (Rapporto di applicazione della Condizionalità in Italia, Ministero – Rete Rurale Nazionale 2010), gli interventi di difesa del suolo che consentono il ripristino di un corretto funzionamento dei terrazzamenti riducono l’erosione in un range di circa 10-40 ton/ha/anno, che corrisponde a una riduzione percentuale del fenomeno che va dal 200 al 500 per cento. Il recupero dei terrazzamenti, inoltre, può anche essere associato ad altri vantaggi, specie se in concomitanza di azioni di ripristino/continuazione delle coltivazioni di pregio (Dop e Igp) sulle aree acclivi.

In sintesi, il recupero della manutenzione dei terrazzamenti ad uso agricolo è necessario ed utile, visto che questa azione concorre al raggiungimento di numerosi obiettivi, tra cui il ripristino di attività agricole tradizionali ad alto valore aggiunto; una riduzione dell’erosione del suolo, dei fenomeni franosi e dell’instabilità dei versanti; il miglioramento dell’efficienza idrologica, ecologica e strutturale e la salvaguardia paesaggistica, anche al fine di incrementare le opportunità economiche del territorio attraverso la fruizione turistica.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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