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Ecco il report Ue sull’agricoltura bio, preoccupa la tolleranza verso gli Ogm

Nel 2009 l’agricoltura biologica occupava, all’interno dell’Unione europea, una superficie di 8,6 milioni di ettari, pari al 4,7% della superficie agricola utilizzata dell’Ue-27. Nel periodo 2006-2009 essa è cresciuta ad una media annuale del 7,7% nell’Ue-15. Secondo i dati disponibili nel 2008 l’agricoltura biologica era praticata da 197.000 aziende, pari all’1,4% di tutte le aziende agricole dell’Ue-27. Si stima che il settore biologico rappresentasse nel 2007 il 2% della spesa alimentare globale nell’Ue-15.

Per avere un quadro più esatto in merito all’attuazione della legislazione comunitaria di disciplina del metodo di produzione biologico, la Commissione Ue  ha sottoposto agli Stati membri e ai soggetti interessati un questionario. Il report  si basa in gran parte,quindi, sulle risposte ricevute.

Il regolamento 834/2009  ha stabilito le basi per l’adozione di norme di produzione dettagliate in settori non ancora disciplinati da norme armonizzate. Finora sono state messe a punto e pubblicate modalità di applicazione concernenti l’acquacoltura biologica, comprese le alghe, e il lievito biologico.

Al momento della stesura del report erano in corso i lavori sulla vinificazione biologica che ha poi portato all’adozione di uno specifico regolamento e sui mangimi biologici. Per altri settori, come l’avicoltura e la produzione in serra, le norme di produzione vigenti non sono ancora state modificate sebbene sia in corso la discussione tra gli Stati membri su come disciplinare tali settore in futuro.

Purtroppo, soprattutto per quanto concerne il settore dell’avicoltura, la maggior parte degli Stati nord europei premono per allevamenti di galline ovaiole multistrato proponendo densità per metro quadro incompatibili con il metodo di produzione biologico confermando la tendenza già in atto da anni a voler abbassare gli standard di qualità del metodo di produzione biologico per renderlo accessibile ad un maggior numero di imprenditori agricoli, orientamento questo, che Coldiretti non ha mai condiviso.

A seguito del questionario, la Commissione ha tratto  alcune  conclusioni. In merito alla ristorazione biologica, ritiene che non sussista attualmente alcuna necessità obiettiva di estendere il campo d’applicazione del regolamento a tale settore.  Per Coldiretti tale conclusione è decisamente discutibile in quanto la ristorazione collettiva è attualmente il principale sbocco di mercato degli alimenti biologici in Italia e soprattutto è uno strumento molto importante per  favorire lo sviluppo della filiera tanto che la scelta di non disciplinare il settore è un grave limite della normativa attuale.

Quanto all’etichettatura biologica dei tessili e dei cosmetici, secondo l’Ue si potrebbe garantire un’adeguata tutela degli interessi dei produttori e dei consumatori attraverso altri strumenti, ma non ritiene opportuno, al momento,  disciplinare specificatamente tali prodotti. Anche in questo caso, la valutazione della Commissione Ue appare penalizzante per il settore perché il vuoto normativo può favorire sul mercato la presenza di prodotti cosmetici e tessili pubblicizzati come biologici, ma che poi, in realtà, non ne hanno i requisiti.

Sono, invece, addirittura “allarmanti” le conclusioni a cui giunge la Commissione Ue per quanto concerne la questione della contaminazione da Ogm dei prodotti biologici.  Secondo il report,  il divieto dell’uso di tali organismi viene correttamente rispettato e l’Ue pensa che occorre riesaminare la dichiarazione del venditore nonché monitorare la disponibilità di taluni prodotti in versione non transgenica.

Gli Stati membri hanno lamentato il fatto che i venditori dei mezzi di produzione (sementi, mangimi ecc.) nonostante siano tenuti a fornire agli agricoltori una dichiarazione che il prodotto fornito sia ogm free, non comprendono che tale documento è giuridicamente vincolante e talvolta rifiutano di firmarlo o, al contrario, lo rilasciano con eccessiva leggerezza.

Spesso si rileva anche  la difficoltà di verificare l’attendibilità della dichiarazione, dovuta a vincoli tecnici e analitici. La Commissione constata pertanto che esistono problemi quanto all’affidabilità e all’efficacia della dichiarazione del venditore e che occorre perfezionare questo aspetto.

Inoltre, sottolinea che, visto che i sistemi biologici non sono isolati dalla catena di produzione generale, la presenza accidentale, in quantità trascurabili, di colture geneticamente modificate in sistemi agricoli non transgenici non può essere completamente evitata nelle fasi di coltivazione, raccolta, trasporto, magazzinaggio e trasformazione. Possibili fonti di commistione con gli Ogm sono le impurezze nelle sementi, l’impollinazione incrociata, le piante spontanee e le pratiche di raccolta e stoccaggio. Un’altra fonte potenziale è costituita dagli additivi alimentari e per mangimi, generalmente derivati od ottenuti da organismi geneticamente modificati.

In proposito, notevoli perplessità se non preoccupazione, emergono in relazione alle conclusioni della Commissione Ue sulla questione della contaminazione in quanto si ritiene di dover proseguire con l’attuazione di  misure preventive e di interventi armonizzati, ma si continua a sostenere la necessità di mantenere la stessa soglia di contaminazione dello 0,9% in vigore per i prodotti convenzionali rifiutando la richiesta di alcuni Stati membri di abbassare tale limite per i prodotti biologici tra lo 0,1 e lo 0,3%. La Commissione ritiene tale proposta  ingiustificata e non perseguibile in quanto “l’introduzione di una soglia specifica accrescerebbe la complessità e l’onere a carico di produttori e consumatori”.

Poiché Coldiretti é favorevole alla tolleranza zero sui prodotti da agricoltura biologica, la posizione della Commissione non è affatto condivisibile ed è gravissima in quanto rifiuta il principio di garantire ai consumatori non solo un prodotto ogm-free, ma anche prodotti con una soglia più bassa di quella attualmente prevista per gli alimenti convenzionali arrecando un colpo mortale ai principi base del metodo di produzione biologico.

Il report evidenzia, poi, che in merito alla coesistenza il 13 luglio 2010 sono stati impartiti ulteriori orientamenti agli Stati membri con una raccomandazione della Commissione recante linee guida per l’elaborazione di misure nazionali di coesistenza intese a evitare la presenza non intenzionale di Ogm nelle colture convenzionali e biologiche e rimanda ai recenti sviluppi in materia.

In merito all’impiego nel metodo biologico di vitamine,  enzimi e di aminoacidi usati per la trasformazione degli alimenti la Commissione nota come questi siano ottenuti molto spesso da microrganismi geneticamente modificati e, quindi, non possano essere utilizzati nella produzione biologica.

Anche in questo caso, però, la filiera del biologico non appare “blindata” in quanto il regolamento ha previsto, tra le norme di produzione eccezionali, la possibilità che la Commissione accordi eccezioni al divieto di usare prodotti ottenuti da Ogm ove sia necessario usare additivi per alimenti o per mangimi e altre sostanze che non siano disponibili sul mercato se non ottenuti da transgenico

Fino ad oggi la Commissione non ha accordato simili eccezioni ed il report sottolinea come talune sostanze come le vitamine B2 (riboflavina) e B12 (cobalamina) nonché gli enzimi chimosina (per la caseificazione) e fitasi (per i mangimi) sono disponibili solo ottenute da Ogm. Pertanto, la Commissione intende monitorare attentamente la situazione e proporre, se necessario, opportuni interventi, ma anche in questo caso non fornisce alcune certezza sul fatto che poi sul mercato, a causa della disposizione derogatoria, non si possano trovare alimenti biologici certificati ottenuti con ausiliari di fabbricazione o additivi vitaminici per mangimi,  geneticamente modificati.

Infine, per quanto concerne il sistema di controllo e certificazione del metodo di produzione biologico,  la Commissione sottolinea che questo si è rivelato, nella maggior parte dei casi, adatto al funzionamento del mercato interno, anche se la sua applicazione presenta ancora qualche lacuna.

Infine, la Commissione Ue dichiara che nonostante i progressi compiuti nell’attuazione del nuovo regime d’importazione basato sull’equivalenza, è auspicabile snellirlo in una certa misura, mentre appare discutibile l’utilità di attivare il regime basato sulla conformità. 

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