il Punto Coldiretti

Piano energia e clima, serve valorizzare le filiere del biogas agricolo

Coldiretti ha partecipato alla consultazione pubblica indetta dal Ministero dello Sviluppo Economico sulla Proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec). L’elaborazione del Piano rappresenta un obbligo stabilito dal Regolamento sulla governance dell’Unione dell’Energia, nell’ambito del Clean Energy Package, l’atto legislativo volto a garantire il raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici dell’Ue per il 2030.
La lotta ai cambiamenti climatici rappresenta un impegno politico e sociale per tutti gli Stati, in cui anche il settore agricolo giocherà un ruolo strategico. Un tema che diventerà sempre più importante nelle politiche climatiche riguarda l’assorbimento di carbonio dall’atmosfera, passaggio indispensabile per centrare l’obbiettivo di Parigi.

Nel Piano si accenna al ruolo delle foreste, ma non viene valorizzato quello che può svolgere l’agricoltura, con lo sviluppo delle piccole filiere del biogas e l’impiego del digestato per sostituire i concimi chimici e restituire sostanza organica ai terreni, evitando la desertificazione di molte aree, che aumenta la concentrazione di carbonio nel suolo. In Francia questa azione è stata valorizzata con una campagna volta a incrementi annui dello 0,4% del contenuto di carbonio del primo strato di 40 cm dei terreni agricoli.

Per quanto riguarda il biometano da utilizzare nei trasporti, il Piano parla di soli 1,1 miliardi di metri cubi da raggiungere al 2030, un valore largamente sottostimato rispetto al potenziale di 8-10 miliardi utilizzabile per tutti gli usi. Il Pniec presentato dal governo italiano e sottoposto a consultazione pubblica si articola secondo le cinque “dimensioni” introdotte nel regolamento sull’Unione dell’Energia e, cioè: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell’energia e ricerca, innovazione e competitività.

Rispetto ai contenuti del Pniec, che sostanzialmente fornisce indicazioni di scenario, in gran parte coerenti con quanto già riportato dalla Strategia Energetica Nazionale (Sen), Coldiretti si è soffermata sugli elementi che maggiormente coinvolgono il settore agricolo, zootecnico, forestale e delle bioenergie in generale.

Il settore agro-forestale, infatti, in virtù della sua particolare vulnerabilità agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e, contemporaneamente, delle sue enormi potenzialità in termini di mitigazione climatica (produzione di fonti energetiche rinnovabili e sequestro del carbonio nel suolo e nelle piante), dovrebbe a tutti gli effetti assumere una maggiore centralità nell’ambito delle strategie climatiche nazionali, anche considerando il ruolo determinante per la lotta al dissesto idrogeologico. Il Pniec, in questo senso, sembra non cogliere a pieno questa opportunità, soffermandosi essenzialmente sui ruoli emissivi dei diversi settori produttivi e tracciando scenari di introduzione crescente delle fonti energetiche rinnovabili (per lo più eolico e fotovoltaico), in progressiva sostituzione di quelle fossili.

Sulla base di questo approccio del piano, quindi, Coldiretti si è soffermata in particolare sull’analisi degli aspetti che presentano le maggiori criticità o che sono suscettibili di miglioramento in relazione agli impatti e al ruolo del settore agro-forestale in campo energetico e climatico.
Le principali osservazioni sono di seguito sintetizzate.

Per quanto riguarda gli aspetti energetici, il piano presenta un re-indirizzamento pressoché esclusivo della filiera del biogas a quella del biometano, con conseguente riduzione o perdita del sostegno alla produzione elettrica. Di fatti gli obiettivi e la traiettoria di crescita delle bioenergie (Fer elettriche) sui consumi finali proposti nel Piano registrano una tendenza negativa rispetto al 2017 (passando da 19,3 TWh a 15,7 TWh nel 2030) e contraria alle potenzialità di sviluppo di alcune tecnologie, come il biogas, nel settore agricolo. Al fine di ridurre l’impatto ambientale nonché l’impatto delle emissioni del comparto agrozootecnico, è opportuno sostenere misure volte ad incentivare nel settore agricolo zootecnico la realizzazione di piccoli impianti a biogas alimentati da effluenti zootecnici e sottoprodotti, facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola di allevamento. In questo scenario, la digestione anaerobica degli effluenti per la produzione di biogas rappresenta una tecnica ad elevata potenzialità di mitigazione delle emissioni di gas serra degli allevamenti, in quanto, da un lato riduce le emissioni di metano nella fase di stoccaggio degli effluenti e, dall’altro lato, produce energia che sostituisce quella di fonte fossile, evitandone la produzione e le relative emissioni di CO2. E, congiuntamente alle buone pratiche agronomiche, l’utilizzo agronomico del digestato, rappresenta una soluzione per ripristinare la sostanza organica dei terreni sostituendo i fertilizzanti minerali.

Nel Piano, l’obiettivo dei biocarburanti avanzati risulta sottostimato e viene proposto che sia raggiunto, orientativamente, per il 75% attraverso biometano avanzato (0,8 Mtep). In questo scenario l’obiettivo per il settore agricolo è partecipare al processo di graduale passaggio da una economia basata sui carburanti fossili ad una decarbonizzata e più sostenibile con una collaborazione di filiera in grado di imprimere maggiore forza allo sviluppo del settore del biogas e del biometano, non limitandosi al solo ambito dei trasporti, ma sfruttando appieno il potenziale delle filiere e favorendo la transizione italiana verso un sistema energetico ed agricolo net zero carbon. Un modello di economia circolare che parte dalle aziende agricole e zootecniche con l’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli effluenti di allevamento per arrivare all’utilizzo del biometano nei trattori.

Il piano prevede inoltre una riduzione del sostegno alla produzione di energia rinnovabile proveniente dalla valorizzazione della biomassa combustibile. Al riguardo, come già osservato in ambito SEN, le valutazioni sono state effettuate esclusivamente sulla base dell’analisi delle potenziali ricadute negative sotto il profilo emissivo, trascurando, invece, l’importanza delle filiere connesse alla produzione delle biomasse residuali e della gestione forestale, che determinano effetti positivi a livello di sostenibilità ambientale, economico e sociale (assorbimenti di carbonio, biodiversità, paesaggio, servizi ecosistemici, ecc).
In tale prospettiva, a fronte del riconoscimento, all’interno del Piano, dell’esigenza di finanziare la ricerca nei settori industriali (tecnologie di efficienza per il settore fotovoltaico ed eolico) non risulta, invece, la previsione di meccanismi di sostegno alla ricerca per l’acquisizione di dati e l’avvio di sperimentazioni per la determinazione degli effettivi impatti della filiera della biomasse agricole e per lo studio di metodi di miglioramento delle performances ambientali.

Sono introdotte le “comunità energetiche”, ossia il diritto di costituire soggetti capaci di generare, consumare, stoccare e vendere energia prodotta da fonti rinnovabili. Nel settore agricolo questa prospettiva può consentire straordinarie innovazioni nel sostenere una filiera energetica a km0 coerente con le buone pratiche agronomiche e di salvaguardia del territorio.
In completa controtendenza rispetto agli obiettivi comunitari e nazionali di riduzione ed azzeramento del consumo di suolo, gli scenari di sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico sono così massivi da comportare un considerevole impatto territoriale e tali da lasciare immaginare una rivisitazione (con perdita di garanzie per il settore agricolo) delle procedure autorizzative. Tuttavia non sono individuati o suggeriti nuove soluzioni o strumenti di programmazione territoriale e urbanistici. Esiste un grave rischio di uno sviluppo irrazionale del fotovoltaico “a terra” in aree agricole produttive e con esso, insieme all’eolico, si ripropone il problema più generale della sostenibilità territoriale delle rinnovabili e della necessità di una attenta pianificazione territoriale da parte delle Regioni (destinazione di aree idonee e non).

Oltre alla realizzazione di nuovi sistemi di accumulo, si prevede di valorizzare gli impianti di pompaggio che per l’agricoltura rappresentano delle opere strategiche da promuovere, per sostenere lo sviluppo di iniziative intersettoriali finalizzate all’ottimizzazione delle risorse irrigue, all’efficientemente energetico ed alla tutela dei territori. Occorre, infatti, promuovere strategie volte a massimizzare i benefici derivanti dall’impiego plurimo della risorsa irrigua grazie all’utilizzo ottimale ed efficiente delle reti idriche e degli invasi per usi idro-potabili, irrigui ed energetici, nonché finalizzate a garantire adeguatezza, sicurezza e rapidità di risposta della rete elettrica nazionale. In questo scenario, la fonte idroelettrica assumerà una funzione polivalente, in cui il settore agricolo avrà un ruolo determinante. Per raggiungere l’obiettivo sarà necessario investire in opere infrastrutturali, sia a scala di grandi bacini che di piccoli/medi bacini distributi.

Per quanto riguarda gli aspetti climatici, il piano non sembra riportare elementi di particolare pressione sulle emissioni agricole, limitandosi a scenari secondo i quali si rileva la necessità di elementi correttivi di lieve entità. Le varie analisi, tuttavia, appaiono non ancora in grado, per una sostanziale assenza di dati, di valutare l’effettivo impatto delle azioni in atto e di quelle di eventuale nuova introduzione, alla luce dell’attuazione dei nuovi regolamenti comunitari sulla riduzione delle emissioni dei settori non ETS (REG EU 2018/842) e sul settore LULUCF (REG EU 2018/841). Si ripropone, dunque il problema della carenza di strumenti di monitoraggio da dedicare alle complesse interazioni climatico ambientali del settore agro-zootecnico.
Nonostante il rilievo dato al contributo del settore LULUCF, nel piano, come del resto anche nell’ambito più generale della politica nazionale e comunitaria, permane una sostanziale carenza di azioni finalizzate ad incrementare gli assorbimenti di CO2. Gli assorbimenti vengono “contabilizzati” nel settore LULUCF, ma manca completamente un approccio strategico mirato a sostenere investimenti in questo senso. Le uniche forme esistenti (mercati volontari e certificazioni ambientali) necessiterebbero di importanti interventi regolatori.
Un’ultima considerazione riguarda il tema dello spreco e della valorizzazione di modelli di produzione, distribuzione e consumo sostenibili ed a filiera corta su cui COLDIRETTI ha avviato da tempo, anche con i Mercati di Campagna amica, importanti e virtuosi progetti e che non possono non rappresentare un importante capitolo di riferimento nell’ambito delle strategie climatico energetiche.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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