Piano per l’energia, ecco le novità per gli agricoltori
Il Ministero dello Sviluppo economico ha comunicato di aver trasmesso a Bruxelles la proposta di piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Nel documento tra l’altro viene evidenziata la necessità di “prestare la dovuta attenzione per assicurare la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e gli obiettivi di tutela del paesaggio, di qualità dell’aria e dei corpi idrici, di salvaguardia della biodiversità e di tutela del suolo”. La mission del Piano nazionale è di attuare una trasformazione dell’economia con dei capisaldi come la decarbonizzazione, l’economia circolare, l’efficienza e l’uso razionale ed equo delle risorse naturali per puntare così a una economia più rispettosa delle persone e dell’ambiente. L’Italia intende perseguire un obiettivo di copertura, nel 2030, del 30% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili, dunque meno del 32,5% fissato a livello comunitario, delineando comunque un percorso di crescita sostenibile delle fonti rinnovabili con la loro piena integrazione nel sistema. E una quota di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 21,6% a fronte del 14% previsto dalla UE. Inoltre, il Piano prevede una riduzione dei consumi di energia primaria rispetto allo scenario PRIES 2007 del 43% a fronte di un obiettivo UE del 32,5% e la riduzione dei GHG vs 2005 per tutti i settori non ETS del 33%, obiettivo superiore del 3% rispetto a quello previsto da Bruxelles. Largo spazio è dedicato alle fonti energetiche e soprattutto agli interventi sulla riqualificazione degli edifici e sui trasporti, ma alcuni capitoli si rivolgono anche all’agricoltura, un settore – spiega il documento – dove “le emissioni riflettono l’andamento di fattori quali il numero e il tipo di animali da allevamento, la variazione delle superfici coltivate e della tipologia di colture nonché l’uso dei fertilizzanti contenenti azoto”. Variabili su cui incideranno le nuove pratiche agricole delineate dalla Politica agricola comune e dai Piani di sviluppo rurale. Le emissioni dell’agricoltura negli ultimi dieci anni sono rimaste stabili con un impatto minimo della produzione del biogas e della riduzione dei fertilizzanti. Le emissioni per usi energetici nel settore sono passate dal 2005 al 2016 da 9,3 a 7,8, mentre quelle da altre fonti sono passate da 32, 1 a 30,4. Dal settore si attende una riduzione complessiva di circa 2 MtCO2eq. Per quanto riguarda le foreste si rileva negli gli ultimi 25 anni un aumento della superficie forestale (+23%), di zone umide (+2%) e di area insediativa (+42%) che si contrappone a una riduzione dell’area di pascolo (-5%) e dell’area coltivata (-18%). L’agricoltura e la zootecnia – sottolinea il piano – rappresentano fonti rilevanti di produzione di gas a effetto serra, costituiti principalmente da metano, ammoniaca e protossido di azoto con il comparto zootecnico che produce il 50% delle emissioni agricole. Per agricoltura e zootecnia dunque sono state indicate alcune azioni. Innanzitutto viene richiamato l’obbligo delle Regioni, nell’ambito dei piani di qualità dell’aria, di applicare pratiche finalizzate alla riduzione delle emissioni prodotte dalle attività agricole, quali la copertura delle strutture di stoccaggio di liquami, l’applicazione di corrette modalità di spandimento dei liquami e l’interramento delle superfici di suolo oggetto dell’applicazione di fertilizzanti, a condizione che tali pratiche risultino tecnicamente applicabili e sostenibili economicamente. Il Codice nazionale indicativo di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca sarà inserito nel programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico e accenderà i riflettori su gestione dell’azoto, strategie di alimentazione del bestiame; tecniche di stoccaggio e di spandimento del letame e sistemi di stabulazione che comportano emissioni ridotte e infine la possibilità di limitare le emissioni di ammoniaca derivanti dall’impiego di fertilizzanti minerali. Il Piano evidenzia anche che la nuova Politica agricola comune 2014-2020 è più orientata sull’ambiente. Le misure che troveranno attuazione nel 2021-27 puntano a vincolare di più i pagamenti diretti al rispetto di rigorosi requisiti ambientali, a obbligare gli Stati membri a introdurre regimi ecologici che abbiano un impatto positivo su clima e ambiente, con un utilizzo facoltativo per le singole aziende agricole per quanto riguarda i pagamenti diretti e a introdurre nello Sviluppo rurale i pagamenti per impegni ambientali e climatici . Il Rapporto annuale sulle foreste italiane inoltre è finalizzato a una maggiore conoscenza del settore e fornisce indirizzi e linee guida a supporto delle amministrazioni regionali. Tra le azioni sono previsti formazione degli operatori, iscrizione agli albi delle imprese competenti, riconoscimento dello stato di abbandono colturale del bosco, indirizzi di gestione e pianificazione forestale. La gestione forestale sostenibile viene dunque considerata uno strumento per garantire un aumento nell’assorbimento del carbonio, anche nella produzione di prodotti legnosi di qualità. Un contributo arriverà poi dal Libro bianco dei boschi d’Italia che raccoglie le percezioni, le esigenze e le necessità della società civile e imprenditoriale, del mondo scientifico e istituzionale sul ruolo del settore forestale. Sul fronte dei biocarburanti si prevede il riconoscimento di un premio a quelli avanzati e ai biocarburanti da oli esausti e grassi animali e incentivi al biometano. |
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