il Punto Coldiretti

Energie rinnovabili e territorio, serve più pianificazione

Coldiretti ha partecipato all’audizione convocata dalla Commissione Ambiente della Camera dei deputati sulle problematiche relative alla realizzazione di impianti eolici per la produzione di energia. In sede di audizione sono state formulate alcune considerazioni. La diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili da parte delle imprese agricole rappresenta una sfida importante e di sicuro interesse, soprattutto se interpretata in chiave multifunzionale.

L’agricoltura, infatti, può contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili stabiliti a livello internazionale, nell’ambito delle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. L’interesse del settore agricolo allo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili si evince, ad esempio, dall’aver sostenuto l’adozione dell’articolo 1, comma 423 della legge n.266/05 (finanziaria 2006), mediante il quale è stata riconosciuta la qualifica di attività connessa  alla produzione ed alla cessione di energia elettrica e calorica da fonti agroforestali e fotovoltaiche.

Tuttavia, è fondamentale attribuire la dovuta importanza al mantenimento delle attività agricole e forestali, che sono elementi di una qualità territoriale ritenuta, oggi, indispensabile per molti scopi, dalla mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, alla tutela della biodiversità e alla realizzazione di infrastrutture verdi, oltre che per motivi di carattere economico e sociale.

Sempre più spesso, infatti, si assiste a fenomeni allarmanti, come, quelli legati alla diffusione di grandi impianti eolici e fotovoltaici su suolo agricolo, che finiscono per danneggiare l’esercizio dell’attività agricola stessa, oltre che la qualità del territorio. Ciò accade un po’ dappertutto, seppur in maniera non omogenea tra le diverse Regioni.

Tale tipologia di impianti, infatti, può determinare impatti ambientali rilevanti, anche in virtù degli effetti cumulativi, come, ad esempio, la perdita di permeabilità del suolo, disequilibri idrogeologici, fenomeni alluvionali, di erosione e desertificazione, danni alla biodiversità, alterazioni microclimatiche, produzione di ingenti quantitativi di rifiuti nelle fasi di smantellamento, effetti negativi legati alla necessaria infrastrutturazione di trasporto dell’energia.

In particolare, per quanto riguarda la diffusione di grandi impianti fotovoltaici sul suolo, si evidenzia come questi abbiano una potenza tale da dover impegnare ampie superfici agricole, nonostante l’uso dei terreni dovesse rappresentare – nelle intenzioni del Legislatore – una alternativa secondaria rispetto all’uso di superfici più idonee, come i capannoni industriali e le discariche in fase post operativa. A ciò si lega, inoltre, la preoccupante diffusione del fenomeno dell’affitto di terreni agricoli da parte di soggetti estranei al settore, spesso con manifesti fini speculativi. Tutto ciò comporta il rischio di una ulteriore riduzione della superficie agricola disponibile.

Per avere un’idea della portata del fenomeno si deve pensare che il 64% degli impianti fotovoltaici installati in Italia ha una taglia superiore a 20 kW ed il 44% della potenza installata non è integrata. Si pensi, ad esempio, che nel Comune di Canaro, in Provincia di Rovigo, sono stati occupati ben 120 ettari di terreno per un totale di 240.000 pannelli di una dimensione pari ad 80 x 100 centimetri.

Inoltre, in Puglia, l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente ha comunicato ai competenti uffici regionali di formulare “parere contrario” ad ogni nuovo insediamento di impianti di generazione di energia da fonte solare in ambito agricolo, almeno fino a quando non siano stati definiti approfonditi ed esaustivi studi di valutazione di alcuni elementi di forte criticità e l’Autorità competente non abbia provveduto ad una programmazione attenta in questo ambito.

Le stime fornite dall’Arpa Puglia relative alla potenza installata e alla superficie agricola regionale occupata (nel 2009: 738,323 MW installati per una superficie agricola totale di 2.214 ettari) dimostrano l’assoluta rilevanza del fenomeno.

Per quanto riguarda, poi, la diffusione di grandi impianti eolici, si evidenzia come la maggior parte delle torri eoliche siano alte fino a 100 metri, con pale di 30 metri di diametro, con un area di assoggettamento, per ognuna, calcolata in circa 400 metri quadri, cosa che comporta, ad oggi, la perdita di circa 25.000 ettari di territorio, con effetti paesaggistici, ambientali ed economici che si estendono, peraltro, in una area molto più vasta e che potrebbero presto moltiplicarsi, visti i 10.000 MW di energia eolica già autorizzati e gli oltre 40.000 MW in istruttoria.

Per tutti questi motivi si accoglie con soddisfazione l’avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana delle tanto attese linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti a fonti rinnovabili, previste dall’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sulla base delle quali le Regioni possono individuare le aree del proprio territorio non idonee alla loro realizzazione.

Tali aree sono identificabili, in particolare, in quelle agricole di pregio e nelle aree protette a livello regionale, nazionale ed internazionale. Infatti, la produzione di energia rinnovabile deve sempre avvenire nel rispetto di alcuni principi generali, quali, proprio, un ridotto consumo di suolo, il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, come i siti industriali o contaminati, ed una progettazione legata alle specificità dell’area.

Nell’autorizzare progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, ad esempio, è necessario verificare che non compromettano o interferiscano negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, la tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

La preoccupazione di Coldiretti circa una diffusione indiscriminata degli impianti eolici e fotovoltaici di grossa taglia nasce dal timore che, nel promuovere questi impianti, non si proceda alle opportune valutazioni degli impatti paesaggistici ed economici, rischiando, così, di compromettere gli investimenti delle imprese agricole finalizzati a rendere il territorio un vero e proprio fattore produttivo, cui legare le produzioni tipiche, di qualità ed identitarie, così come le attività agrituristiche e ricreative, che rappresentano strumenti capaci di garantire la vitalità e la competitività di un’agricoltura, oggi, indissolubilmente legata al territorio di appartenenza.

Nella valutazione di impatto degli impianti energetici, anche quando si tratti di fonti rinnovabili, non si può prescindere, quindi, da un’analisi circostanziata dei costi-benefici, che tenga in debito conto quale reale valore abbia l’integrità ambientale, territoriale e paesaggistica per le imprese agricole. L’impatto della diffusione delle centrali di energia sul territorio, con la facile compromissione dei valori del suo paesaggio, rischia di indebolire l’importante processo di rigenerazione dell’agricoltura, non più finalizzato a produrre in termini quantitativi, ma mirato alla qualità e, sempre con maggiore convinzione, alla valorizzazione del territorio.

Auspichiamo che le linee guida possano costituire effettivamente uno strumento adeguato, capace di contribuire alla definizione di politiche territoriali, che sono efficaci nella misura in cui ricercano ed attuano idonei strumenti normativi di regolazione dei processi economici e di salvaguardia del territorio e dei segni  della sua identità.

A questo proposito si vuole citare, a titolo di esempio, il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, recante orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57, che per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, stabilisce la necessità di definire i criteri  per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, l’individuazione di tali aree e l’adozione dei piani territoriali di coordinamento.

Ugualmente, al fine di tutelare determinate porzioni di territorio, il decreto ministeriale 17 ottobre 2007, recante criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS), che stabilisce il divieto, nelle ZPS, di realizzare tanto nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti, quanto di nuovi impianti eolici.

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