il Punto Coldiretti

Energie rinnovabili: no alle speculazioni, sì ad incentivi alle aziende agricole

In occasione del convegno organizzato da Amici della Terra sul tema "Non solo elettricità: opportunità e prospettive della valorizzazione del comparto termico sulle rinnovabili termiche", tenutosi a Roma il 14 aprile scorso, Coldiretti ha riaffermato l’opportunità di investire in una produzione energetica diffusa sul territorio, mediante impianti di dimensioni ridotte – possibilmente gestiti direttamente  dagli imprenditori agricoli  e nell’ambito di un modello di filiera corta – alimentati da coltivazioni dedicate e biomasse residuali. Si tratta di impianti che garantiscono maggiore efficienza, anche grazie alla possibilità di recupero e all’impiego locale dell’energia termica.

Questo modello, oltre a rispondere ad obiettivi strategici di carattere generale, ha il pregio di preservare l’agricoltura e la sua funzione di tutela della qualità territoriale. Una diversa valutazione, invece, dovrebbe essere fatta per quegli impianti e quelle tecnologie che producono energia sottraendo spazio all’agricoltura e danneggiando il paesaggio.

L’iniziativa ha costituito una occasione per fare il punto della situazione rispetto agli obiettivi nazionali in materia di energia rinnovabile e per mettere in risalto come, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo del 17% di produzione di energia rinnovabile nel 2020, sia necessario pensare anche alla valorizzazione dell’impiego dell’energia termica.

La produzione e il recupero di calore sono destinati, infatti, a fornire un contributo più che rilevante, con importanti ricadute economiche, ambientali e sociali, quali l’ottimizzazione delle sinergie con le politiche di efficienza energetica degli edifici nei settori del residenziale e del terziario; la massimizzazione dei benefici per gli utenti finali (famiglie e imprese); la maggiore possibilità di sollecitare investimenti diffusi con incentivi limitati; l’attivazione di soluzioni integrate per diversi problemi territoriali (come, ad esempio, utilizzo dei rifiuti organici, dei residui agricoli e forestali, dei reflui zootecnici e dei fanghi di depurazione); il coinvolgimento del mondo agricolo per l’approvvigionamento di impianti a filiera corta; l’organizzazione di filiere industriali italiane a energia rinnovabile a partire dall’industria meccanica, che è in grado di offrire innovazioni tecnologiche ad alta efficienza energetica e che, nelle riconversioni in corso, può trovare sbocchi applicativi nelle fonti rinnovabili; il rafforzamento della rete delle Esco per la diffusione dei servizi energetici; la formazione e l’occupazione per personale qualificato.

A tali fini, il Governo è impegnato ad una riflessione articolata e alla predisposizione di una proposta organica che deve essere formalizzata nell’ambito del Piano nazionale d’azione sulle fonti rinnovabili e del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE. Un ulteriore elemento determinate è quello della riorganizzazione del sistema di incentivazione, che richiede incentivi stabili ed a basso rischio (come le tariffe fisse) per le tecnologie meno mature, accompagnati da un sostegno continuo alla ricerca ed allo sviluppo, e incentivi sempre più orientati al mercato per le tecnologie più competitive.

Di estrema importanza risultano essere, poi, l’adozione delle linee guida nazionali in materia di procedimento autorizzativo, che dovrebbero garantire regole unitarie ed omogenee su tutto il territorio nazionale e che dovrebbero essere approvate al più presto dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni; e la ripartizione tra Regioni e Province autonome della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo posto dalla normativa europea (17% del consumo interno lordo entro il 2020).
 
Il Ministero ha annunciato anche il varo di un Piano straordinario per l’efficienza ed il risparmio energetico, previsto dalla legge n. 99/2009, con l’obiettivo di promuovere la cogenerazione diffusa con misure volte a favorire l’autoproduzione di energia per le piccole e medie imprese, il rafforzamento del meccanismo dei titoli di efficienza energetica, la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, oltre all’introduzione di incentivi per l’offerta di servizi energetici.

Nell’ambito del dibattito, Coldiretti ha sottolineato come la mancanza di una strategia energetica di governo a lungo termine, con obiettivi di efficienza, sicurezza, sostenibilità territoriale ed economicità, rischi di penalizzare il ruolo dell’agricoltura nella produzione di fonti rinnovabili: per questo occorre correggere il sistema di incentivi che non risulta commisurato al valore ambientale e tecnologico degli impianti, come accade, ad esempio, per l’eolico e rivalutare, appunto, il recupero termico, oltre a prevedere meccanismi di consultazione pubblica capaci di dare maggiore certezza a trasparenza alle decisioni.
 
Si tratta, cioè, di mettere in campo strumenti attuativi che garantiscano la sostenibilità delle energie rinnovabili, evitando di premiare interventi speculativi, che sottraggono territorio all’agricoltura. Da questo punto di vista, Coldiretti legge con preoccupazione la recente decisione della Corte Costituzionale che ha escluso la possibilità, da parte delle Regioni, di individuare aree di particolare pregio nelle quali vietare l’installazione di impianti.

Coldiretti non intende, comunque, rinunciare a far valere le proprie ragioni nell’ambito del dibattito sulla compatibilità di alcuni investimenti rispetto all’assetto ambientale e paesaggistico del territorio, che rappresentano un indiscutibile fattore di produzione per le imprese agricole, le quali hanno investito nell’identità delle produzioni agroalimentari e dei territori di provenienza. Permane, infatti, la tendenza a sottovalutare alcuni impatti ambientali ed i grandi investimenti stanno sfuggendo ad una logica di integrazione col territorio, mentre quelli di piccole dimensioni, maggiormente integrati, fanno fatica a trovare il loro spazio, in assenza di un necessario contesto di programmazione.

Il settore agroenergetico e, più in generale le fonti rinnovabili, possono crescere solo in presenza di una forte condivisione con il tessuto territoriale e imprenditoriale del Paese. L’agricoltura, infatti, vuole essere protagonista degli investimenti sulle rinnovabili senza sacrificare la sostenibilità e la tutela del territorio.

Per quanto riguarda le potenzialità dell’agricoltura nell’ambito della produzione delle fonti rinnovabili, secondo i dati di uno studio elaborato da Coldiretti e C.e.t.a., il contributo energetico potenziale aggiuntivo che l’agricoltura potrebbe fornire al 2020 potrebbe essere pari a 11,50 Mtep. Rispetto a questo scenario, al 2020, dunque, il contributo percentuale delle agroenergie al bilancio energetico nazionale potrebbe raggiungere l’8%, per un totale di energia rinnovabile prodotta pari a 15,80 Mtep.

Un’ulteriore previsione riguarda gli impatti occupazionali: si tratta di poco meno di 100.000 unità attive nelle fasi di produzione o di conversione delle energie dalle varie fonti rinnovabili. Per quanto riguarda le emissioni, la CO2 evitata potrebbe essere pari a 26,37 Mt/annuo.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
2008 © Copyright Coldiretti - powered by BLUARANCIO S.p.A. | Redazione contenuti

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi