il Punto Coldiretti

Expo 2015, riscoprire la partecipazione salvaguardando l’appartenenza

In un recente incontro, l’Università della Sapienza ha inaugurato le proprie attività di preparazione all’Expo 2015. L’iniziativa si è svolta nell’ambito di SapiExpo,  evento caratterizzato da una serie di giornate, intitolate a Carlo Cannella, organizzate dall’ateneo con lo scopo di  attivare un confronto tra istituzioni, università, enti di ricerca, associazioni, organizzazioni impegnate nel food e nel well-being e aziende private. Nell’ambito del primo di questi simposi è stato evidenziato come le componenti  naturali, culturali, economiche e sociali dell’alimentazione, in particolare nel bacino mediterraneo, siano legate da un filo invisibile che unisce le varie fasi della produzione alimentare.

Da qui il concetto di sostenibilità dal punto di vista nutrizionale, economico, sociale e culturale che caratterizza il modello mediterraneo in ragione del suo legame con le  tradizioni locali. Coldiretti, rispondendo all’invito, ha contribuito a questo interessante dibattito ribadendo come l’esposizione internazionale che andrà in scena a Milano nel 2015 rappresenti una straordinaria opportunità per l’agricoltura italiana e per il Made in Italy agroalimentare.

Mai come oggi, infatti, il tema del cibo e degli orientamenti della sua produzione, così come del controllo dei luoghi in cui si coltivano vegetali o si allevano animali e delle modalità tecniche ed economiche in cui tutto ciò avviene deve considerarsi centrale in ogni discussione che ha per argomento il modello di sviluppo. In questo senso, infatti, si avvertono con sempre maggiore pesantezza gli effetti di un tipo di sviluppo basato sull’utilizzo intensivo di risorse energetiche e naturali: prendiamo atto, ad esempio, di come il fenomeno dei cambiamenti climatici rischi di rendere sempre più  precario l’accesso al cibo e sempre più fragile il nostro territorio.

A questo si deve aggiungere la preoccupazione legata al progressivo aumento  della popolazione mondiale e soprattutto del numero di soggetti che premono per godere di uno stile di vita adeguato, specie nelle economie emergenti, mentre in occidente si comincia a parlare  di lotta agli sprechi. Appaiono chiari, dunque, i segnali di come l’approccio economico che ha retto finora, cioè quello basato sullo sfruttamento delle distanze tra luoghi di produzione e consumo, rischi di non funzionare più, o quantomeno cominci a non essere completamente rispondente in termini di modello di sviluppo sostenibile.

Le conseguenze di questo sistema, infatti, cominciano ad evidenziarsi generando situazioni che hanno del paradossale: ecco che allora abbiamo, ad esempio, una drammatica riduzione della disponibilità di cibo nel Sud del mondo a fronte e di una massiccia industrializzazione del Nord e questo si traduce in fame e spreco; obesità e malnutrizione. Per superare questo sistema, forse l’unica vera novità sta nella crescita di una certa consapevolezza: stiamo scoprendo come, dato un luogo, attraverso l’approfondimento della conoscenza di quel territorio,  degli ambienti e delle risorse locali,  ci si possa riscoprire in grado contrastare quella sorta di ansia, tutta contemporanea, che proviene dalla globalizzazione alimentare.

Ecco che allora, ciascun Paese, da quello più povero a quello più ricco, ha l’opportunità di riscoprire le proprie e specifiche identità  per valorizzarle e mettersi in gioco in una nuova competizione, basata sulla riconoscibilità dei processi e dei prodotti. Rispetto a questa premessa, allora, ecco come l’Expo2015 si possa immaginare come un grande emporio di idee, dove tutti i prodotti possano essere rappresentati in un’unica tavola. Ma questa tavola, a cui tutti siamo invitati, deve essere in grado di riconoscere le diversità geografiche, perché la metafora è quella dello stare insieme, recuperando quindi  il valore della partecipazione, senza perdere quello dell’appartenenza.

L’Expo2015, di conseguenza, è anche un occasione di confronto tra i diversi modelli di sviluppo agricolo, perché sappiamo che non è poi scontato che l’agricoltura stia andando in una direzione sempre green. E allora bisogna prendere atto di alcune differenze, perché non tutti i modelli sono in grado di  presentarsi a questa tavola “a parità di valore”. Conosciamo, ad esempio, le differenze di uno sviluppo «verticale» che declassa il cibo a merce e costruisce filiere lunghe attraverso la delocalizzazione, rispetto uno sviluppo «orizzontale» che, invece,  è in grado rafforzare il saper fare rete da parte dei soggeti interessati e che punta alla  creazione di condizioni di integrazione del mercato, sulla base di aspetti sociali quali la fiducia, la tradizione, l’ecologia.

“Noi riteniamo” ha proseguito Coldiretti nel suo intervento “che l’agricoltura italiana debba identificarsi in questa seconda direzione, puntando alla distintività, alla qualità e sicurezza, ma anche avendo il coraggio di ostacolare tutte quelle tendenze di carattere omologativo che rischiano di  distruggere  l’originalità e la riconoscibilità delle nostre produzioni”. Un modello di sviluppo ritagliato sulle caratteristiche dell’agroalimentare italiano, infatti, non può prescindere dal valorizzare alcuni elementi, sia materiali che immateriali, visto che le nostre produzioni sono sempre più associate al nostro patrimonio storico e artistico, al paesaggio, alla biodiversità, all’originalità e alla creatività, come al gusto e alla passione.

E’, dunque, in questi elementi che risiede tutta la nostra capacità di sviluppare valore aggiunto, innovazione ed eccellenza. Anche se in alcuni casi questi concetti potrebbero essere scambiati per enunciazioni di marketing, l’Expo2015 costituisce una grande occasione per comunicare  che la concretezza della filiera del Made in Italy sta anche nel minore ricorso alla monocoltura; nell’ampliamento delle varietà genetiche; nell’uso di tecniche più estensive;  nella riduzione delle esternalità ambientali negative; nel contributo positivo rispetto ai rischi di perdita di habitat, di impoverimento dei suoli e di sfruttamento irrazionale della risorsa idrica.

Oltre a questo, l’Expo, tenendo conto di come oggi le città esercitino un ruolo fondamentale nell’aggregazione dei consumi alimentari, deve anche cogliere la sfida di proporre un nuovo rapporto tra città e campagna, assegnando un diverso valore alle aree verdi, rilocalizzando le attività agricole nel territorio periurbano e favorendo l’inserimento di farmer market.  Quali politiche risulta, allora, necessario mettere in campo per sostenere l’Expo quale evento in grado di promuovere effettivamente il made in Italy agroalimentare?

Alcune proposte, in questo senso, sono state sintetizzate da Coldiretti in occasione di una recente audizione, indetta dalla XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, dal titolo “Indagine conoscitiva sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all’esposizione universale di Milano 2015” a cui si rimanda per maggiori approfondimenti sul tema.

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