il Punto Coldiretti

Filiere energetiche, l’Europa le vuole corte

Nelle raccomandazioni contenute nel rapporto sui criteri di sostenibilità per l’uso della biomassa, recentemente pubblicato dalla Commissione europea (COM (2010) 11 Final), emerge una sostanziale coincidenza nella individuazione dei criteri qualificanti per la sostenibilità delle biomasse con quanto affermato da sempre da Coldiretti.

La Commissione europea, infatti, ribadisce che il sostegno alla produzione di energia rinnovabile proveniente dalle biomasse dovrebbe essere maggiormente legato agli effettivi bilanci energetici ed ambientali. Secondo questo principio, analizzando e confrontando  le emissioni di gas serra dei vari processi di produzione energetica, attraverso, ad esempio, l’estensione del metodo del Life Cycle Assesment alle fasi di utilizzo finale dell’energia elettrica e termica  (sia per la produzione di caldo che di freddo), emerge la necessità di privilegiare gli impianti ad alta efficienza energetica e caratterizzati da basse emissioni di trasporto della biomassa dal luogo di produzione agli impianti.

Si tratta di una ulteriore conferma della innegabile differenza di valore, dal punto di vista energetico ed ambientale, degli impianti costruiti secondo la logica della filiera energetica corta e della generazione distribuita, rispetto al modello caratterizzato dai grandi impianti, alimentati con biomassa importata da lunghe distanze e magari ottenuta attraverso processi di deforestazione indiscriminata.

Le raccomandazioni comunitarie attribuiscono, inoltre, un valore particolare agli impianti di piccola taglia (sotto 1 Mw di potenza). La loro diffusione va incoraggiata, evitando ulteriori appesantimenti burocratici, proprio perché ritenuta strategicamente più importante rispetto ai grossi impianti, che invece dovrebbero essere sottoposti a maggiori vincoli. E’ dunque l’effettiva sostenibilità sociale, ambientale ed energetica dei processi di produzione energetica a dover essere presa a riferimento nella determinazione dei diversi livelli di incentivazione nelle politiche nazionali, mentre l’economia di scala, che condiziona le scelte orientando gli investimenti verso gli impianti di grossa taglia, pur rimanendo un requisito di convenienza economica, non lo è relativamente all’efficienza ambientale ed energetica.

Quanto contenuto nelle raccomandazioni della Commissione Europea sui criteri ambientali per l’uso energetico delle biomasse (che oltre ad indicazione sulla differenziazione dei regimi di sostegno nazionali a favore degli impianti che hanno un elevato rendimento nella conversione energetica e il controllo dell’origine, prevedono anche il divieto generale di utilizzazione della biomassa proveniente da foreste ad elevata biodiversità e l’introduzione di un metodo comune di calcolo delle emissioni di gas a effetto serra), dovrà essere considerato da tutti gli Stati membri, nell’ambito della loro disciplina nazionale, al fine di contenere il rischio di falsare la bilancia degli scambi commerciali nel settore delle bioenergie.

La scelta della Commissione europea di pubblicare delle raccomandazioni anziché procedere ad una legislazione vincolante e di dettaglio della materia viene giustificata  dalla valutazione d’impatto che accompagnata il documento. Questa, infatti, pone in risalto la necessità di evitare un conseguente aumento dei costi per gli operatori economici europei, che rischierebbe di ingessare lo sviluppo del settore e compromettere gli obiettivi europei di diffusione delle rinnovabili e di contenimento delle emissioni.

L’esecutivo comunitario attende, dunque, di ricevere dagli Stati membri i piani d’azione nazionali, previsti entro il mese di giugno 2010 nell’ambito della direttiva sulle energie rinnovabili, in quanto, proprio in funzione della loro rispondenza con i criteri contenuti nelle raccomandazioni pubblicate, questi costituiranno l’ossatura della strategia Comunitaria sulle rinnovabili. Sulla base dell’analisi dei contenuti di questi piani, tuttavia, la Commissione si riserva di  valutare, entro il 2011, l’opportunità di disciplinare a livello comunitario il settore, introducendo misure supplementari. 

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