il Punto Coldiretti

Fitofarmaci e tutela ambientale, l’innovazione diventa sostenibile

L’uso dei fitofarmaci non è incompatibile con la realizzazione di modelli di agricoltura sostenibili e rispettosi della biodiversità. Il ricorso alle misure agroambientali e l’uso dell’innovazione frutto della ricerca in campo agronomico possono offrire soluzioni valide per le imprese agricole che utilizzano la chimica per la lotta fitopatologica, ma allo stesso tempo sono attente alla salvaguardia degli habitat e delle specie animali con riferimento anche ad insetti utili quali le api.

E’ quanto emerge dal Roadshow “La multifunzionalità del paesaggio agricolo” organizzato da Syngenta e la European Landowners’ Organization, in due giornate, una convegnistica a Roma e l’altra presso il Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale di Monterotondo, organizzate il 13 e 14 giugno,  nell’ambito delle quali sono stati illustrati esempi concreti di pratiche agroambientali realizzate presso imprese agricole convenzionali che pur impiegando fitofarmaci hanno adottato misure ad alto valore ambientale realizzando a bordo campo aree di compensazione ecologica coltivate, ad esempio, con varietà di leguminose attraenti per le api e più in generale per gli insetti impollinatori.

La realizzazione di queste fasce a bordo campo hanno più di una funzione: aumentare la presenza numerica degli insetti impollinatori, ridurre l’erosione del suolo, aumentare la fertilità del suolo scegliendo colture quali alcune leguminose che fissano l’azoto, salvaguardare le risorse idriche e prevenire fenomeni di ruscellamento.

La presenza di tali fasce vegetate a bordo campo ha un’ importanza tanto maggiore quanto più l’impresa agricola è monocolturale in quanto in questo modo si riesce a compensare l’eventuale perdita di biodiversità. Un terreno coltivato  in maniera estensiva a mais o a grano potrà in tal modo contribuire anch’esso alla tutela ambientale ed a valorizzare il paesaggio rurale.

Tale modello di gestione ecosostenibile dei terreni agricoli è stata sperimentata con successo da Syngenta con l’ausilio del CRA PAV  e di alcune imprese agricole che hanno aderito al progetto Operation, soprattutto in aree ad agricoltura intensiva dove prevale la presenza di mais, grano,  tabacco, ortive e barbabietole.

La realizzazione a bordo campo di queste colture con specie attraenti per gli insetti impollinatori ha consentito anche in presenza dell’uso di fitofarmaci  e di monocolture di garantire la sopravvivenza non solo di insetti utili quali le api e i bombi, ma anche di quelli che svolgono un ruolo determinante per la lotta integrata attaccando parassiti nocivi per le piante e consentendo così anche un minore ricorso all’impiego di sostanze chimiche.

Secondo Coldiretti, che è intervenuta durante il dibattito al Roadshow di Syngenta, la maggiore diffusione del ricorso a tali pratiche agronomiche è decisamente auspicabile, ma avrà ampia adesione nella misura in cui    saranno incentivate adeguatamente  da un regime di aiuto nell’ambito dei nuovi Piani di Sviluppo Rurale per il periodo 2013-2020 che compensi i maggiori costi ai quali va incontro l’impresa per realizzare tali misure e/o quando il mercato riconoscerà ai prodotti agricoli ottenuti con tali metodiche agroambientali un premium price e, quindi, un maggior margine di reddito all’agricoltore.

A tale proposito è  esemplare il caso del Psr dell’Umbria, illustrato dall’Università di Perugia  che ha finanziato per tutto il periodo di programmazione 2007-2013 nell’ambito della misura agroambientale n. 214  una forma di set aside ecocompatibile (v. in Internet: http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2449) corrispondente al modello sperimentato da Syngenta. La misura  prevede aiuti per la realizzazione di porzioni di terreno destinati a set-aside con varietà vegetali che garantiscano il massimo prolungamento della vegetazione e della fioritura, al fine di favorire, rispettivamente, la funzione di rifugio della fauna e avifauna selvatica e l’attività pronuba dell’entomofauna utile alla fecondazione gamica delle specie vegetali.

Ogni appezzamento destinato a set aside ecocompatibile deve essere seminato con varietà a fioritura precoce su una superficie pari ad 1/3, e per la restante superficie (2/3), con miscuglio omogeneo di leguminose, rapportato ad un quantitativo di almeno 40 Kg/Ha. L’aiuto è stato calcolato stimando il costo di mantenimento per un ettaro di superficie equivalente di “set-aside ecocompatibile”. Per la coltivazione di un ettaro di set aside ecocompatibile la Regione ha considerato che l’agricoltore deve affrontare un costo totale pari a 1270,00 €/ha di cui 1.190,00 euro/ha imputabili ai costi diretti della realizzazione del set-aside ecocompatibile per il quale non ottiene alcun ricavo a cui devono sommarsi 80 €/ha relativi ai mancati redditi per la sottrazione di superficie destinabile a seminativi. Pertanto, considerando che l’impegno prevede di destinare almeno il 10 % dei seminativi aziendali a set-aside ecocompatibile (1.000 mq/ha = 1 ettaro equivalente), l’entità del valore del premio, è pari 127,00 euro/ha (10% di 1.270,00).

Molto interessante, infine, è stata la visita al Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale (Cra Pav) nell’ambito della quale si è mostrato come si realizza in campo il set aside ecocompatibile con specie di leguminose diverse e come si può gestire anche la fase di smaltimento dei residui di fitofarmaci con sistemi innovativi.

Nell’ambito del centro è stato installato un impianto di biodepurazione realizzato da Syngenta per lo smaltimento dei residui di fitofarmaci utlizzati in azienda tramite un procedimento di disidratazione dei reflui: una vasca sul fondo della quale è collocato un telo di polietilene, nella quale è versato un certo quantitativo di acqua. Qui confluiscono i residui di fitofarmaci derivanti dalle macchine irroratrici impiegate in azienda o dal risciacquo dei contenitori di fitofarmaci.

La vasca circondata da una rete a fitta trama per impedire l’accesso di animali consente all’acqua di evaporare con il calore del sole, mentre sul telo resta la parte solida dei residui di fitofarmaci. Il telo con i residui è poi smaltito come rifiuto pericoloso escludendo così rischi di contaminazione delle acque e sversamenti accidentali nonchè eventuali contatti dell’utilizzatore professionale con le sostanze attive. Un software consente preventivamente di stabilire se e come un’azienda agricola può beneficiare di tale tipo di impianto il cui costo si aggira intorno ai 4.000 Euro.

Coldiretti ha evidenziato come tali pratiche siano interessanti per gli agricoltori e dimostrano come –  contrariamente a quanto spesso sostenuto – l’uso della chimica in agricoltura non è affatto incompatibile con il  modello di agricoltura sostenibile rispettosa dell’ambiente che oggi si vuole rafforzare in Europa. Anzi proprio l’alleanza tra industria agrochimica, imprese agricole e ricerca scientifica pubblica come è avvenuto nel progetto presentato da Syngenta può fornire soluzioni innovative che andrebbero sostenute e diffuse nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale nel contesto della prossima programmazione 2013 – 2020.

Se tutte le Regioni adottassero nella prossima programmazione dei Psr una misura analoga sicuramente si avrebbe un salto di qualità rispetto al rapporto sinergico tra agricoltura ed ambiente e questo avrebbe dovuto  indicare il Ministero dell’Ambiente  nello schema di  Piano Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, mettendo a disposizione magari anche risorse proprie per tali tipi di progetti piuttosto che concepire l’uso sostenibile dei fitofarmaci come una mera elencazione di oneri con costi a carico delle imprese agricole che ricorrono ad uso combinato della chimica e della difesa integrata, penalizzando l’agricoltura italiana rispetto a quella degli altri Stati membri.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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