il Punto Coldiretti

Fitofarmaci, l’esclusione delle sostanze attive penalizza le colture agricole

La Commissione Europea ha reso nota la “Draft Guidance document for Comparative Assessment and Substitution of Plant Protection Products”, lo schema di linee guida per l’individuazione, tramite una valutazione comparativa, delle sostanze candidate ad essere escluse dal mercato, alla scadenza della loro autorizzazione, in quanto non più rispondenti ai nuovi criteri di valutazione previsti dal reg. CE 1107/2009 relativamente al loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana.

Coldiretti ha evidenziato in merito al Copa Cogeca che l’identificazione di tali sostanze attive dovrebbe avvenire sulla base di criteri rigorosamente scientifici e, contemporaneamente, tenendo conto delle conseguenze economiche che la fuoriuscita di ogni singola sostanza dal mercato avrebbe per le rispettive colture, oggetto di difesa.

A seguito dei processi di revisione della dir. 91/414/CE e dell’entrata in vigore del reg. CE 1107/2009 solo in Italia si registra, attualmente, secondo i dati del Ministero della Salute, una drastica riduzione del numero di sostanze attive per la lotta fitopatologica che interessa diverse colture ortofrutticole caratteristiche della nostra produzione nazionale. Da circa 1.000 molecole autorizzate e disponibili per l’agricoltura circa 20 anni fa, le imprese agricole italiane possono disporre, oggi,  di sole 250 sostanze attive.

Pertanto, alcune colture che trainano lo sviluppo di intere filiere dell’agroalimentare italiano sono completamente prive di mezzi per la lotta fitopatologica. La situazione è ancora più grave se si considerano le colture minori che costituiscono gran parte della produzione ortofrutticola italiana destinata non solo al mercato interno, ma anche all’export.

Tra queste si segnala, che rispetto ad alcune patologie ed agli attacchi di alcuni insetti, come i nematodi,  sulla base di un’indagine effettuate da Coldiretti presso le proprie imprese associate,  risultano prive di adeguati strumenti di difesa fitosanitaria, in particolare, le seguenti colture: asparago, basilico, piante officinali (ad. es. la camomilla), carote, ciliegio, ma anche il frumento per la lotta alle micotossine, il mais per la lotta alla diabrotica ed alle aflatossine, il ciliegio, il luppolo, il riso, colture ortofrutticole importanti come il melo ed il pero, ed, infine, la vite.

A fronte di tale contesto, secondo Coldiretti, l’approccio della Commissione Ue, rispetto alla pubblicazione di un elenco di sostanze attive candidate alla sostituzione, deve essere estremamente attento e prudente al fine di non creare uno svantaggio concorrenziale alle imprese agricole europee rispetto a quelle dei paesi extracomunitari. Oltretutto al momento lo sforzo compiuto dall’agricoltura europea per ridurre l’uso dei fitofarmaci a maggiore impatto sulla salute umana e l’ambiente è stato rilevante, ma non è riconosciuto in  termini economici dal mercato e dai consumatori tramite un premium price che consenta al produttore agricolo di recuperare i maggiori costi di produzione derivanti dal fatto di avere minori rese produttive, per il fatto di non poter affrontare la difesa fitosanitaria con strumenti eguali a quelli dei paesi extracomunitari.

Tale aspetto crea, giustamente. notevole malcontento presso gli agricoltori in quanto l’aspetto dell’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari dovrebbe essere affrontato non solo in sede comunitaria, ma essere oggetto di negoziazione nelle trattative relative al commercio internazionale. Dal momento che questo non sta avvenendo, i benefici della politica di sostenibilità nell’uso dei fitofarmaci si sta trasformando in un vantaggio per i consumatori  e l’ambiente, ma crea un impatto economico negativo per l’agricoltura europea ed in particolare per quella dei paesi mediterranei dove la presenza di colture minori nel comparto ortofrutticolo è preponderante.

Lo studio effettuato dalla Commissione Ue profila in tale contesto, uno scenario drammatico visto che si prevede che circa 100 sostanze potrebbero rientrare tra quelle definite come candidate alla sostituzione e cioè ben il 25 per cento delle sostanze attive attualmente in commercio. Considerato che eventuali nuove molecole non potranno essere immesse sul mercato prima di 10 anni visti i lunghi tempi di registrazione e le prove sperimentali che esse richiedono, ciò comporta un ricorso frequente agli usi di emergenza e alle estensioni di impiego che sono gestite con tempi e criteri non sempre armonizzati dai diversi Stati membri provocando così anche in questo caso dei gap concorrenziali all’interno del mercato comunitario. Ridurre di un quarto le sostanze attive,  attualmente in commercio, costringerebbe gli agricoltori ad effettuare ripetuti trattamenti sempre con le medesime  sostanze attive provocando così fenomeni di resistenza.

Pertanto, Coldiretti ritiene che, se da un lato è corretto il principio di sostituire nel tempo le sostanze attive che presentano maggiori rischi per la salute e l’ambiente, dall’altro lato, l’obiettivo deve essere raggiunto gradualmente con la consapevolezza che non si può prescindere dall’impatto che tali provvedimenti hanno sullo sviluppo dell’agricoltura europea. Del resto, che senso ha escludere dal mercato sostanze attive che non sono effettivamente ad alto rischio, ma che magari  adottando misure di mitigazione possono ancora essere impiegate, se poi nei paesi extraeuropei queste vengono usate senza alcuna limitazione, per cui la riduzione della resa di quella coltura in Europa comporta poi un aumento dell’importazione dello stesso prodotto agricolo da un paese extraeuropeo che presenta residui della sostanza attiva contemporaneamente vietata sul mercato comunitario? Ciò significa vanificare l’obiettivo di rispondere alla domanda dei consumatori di avere sul mercato prodotti più sicuri.

Pertanto, si ritiene che le sostanze candidate alla sostituzione richiedano una riflessione attenta e rigorosa che merita tempi più lunghi di quelli attualmente previsti dalla Commissione ed in ogni  caso l’elenco della dovrebbe contemplare solo quelle per le quali esistono realmente molecole alternative già sperimentare come di pari efficacia. Coldiretti ha, quindi, evidenziato al Copa Cogeca che occorre chiedere alla Commissione Ue che  il numero di sostanze attive ricadenti nell’elenco sia, estremamente contenuto in quanto occorre tener conto contemporaneamente del criterio scientifico di valutazione e allo stesso tempo delle ricadute economiche rispetto alla sopravvivenza di una determinata coltura. 

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