il Punto Coldiretti

Fitofarmaci, ok all’uso in deroga del triciclazolo per la lotta al brusone del riso

La Commissione consultiva dei prodotti fitosanitari istituita presso il Ministero della Salute ha approvato l’uso in deroga per 120 giorni del triciclazolo per la lotta al brusone del riso, accogliendo così l’istanza presentata da Coldiretti.

Il riso, prodotto agricolo italiano di eccellenza, è tra le colture che maggiormente registrano una stato di difficoltà a causa della mancanza di molecole utili per la lotta fitopatologica. Tra le malattie fungine che possono interessare la coltura, il brusone è la più diffusa, tanto che il 97% dei risicoltori indica che questa malattia mostra una gravità importante o molto importante, come emerge da una ricerca condotta nel 2010 da Nomisma, in collaborazione con istituti e aziende del settore.

Alle amministrazioni competenti è stato evidenziato come i possibili impatti sulla risicoltura di alcuni cambiamenti nei sistemi di difesa, dovuti al persistere del divieto d’uso del triciclazolo, possono comportare un calo di produzione di circa 100.000 tonnellate, dovendo ricorrere ad altre sostanze attive meno efficaci.

L’Italia è il primo produttore europeo di riso, con 247.500 nel 2010 ed una produzione che ha superato 1.644mila ettari (dati Ente Risi 2010). La produzione nazionale ha fatto registrare un tasso di crescita di oltre il 50% dal 1980 ad oggi.

Ciò determina 438 milioni di euro di saldo positivo della bilancia commerciale e una produzione lorda vendibile per ettaro (Plv/ha) di poco inferiore ai 2.500 euro, sì che il riso è la coltura più redditizia per superficie investita. Si registra, inoltre, un aumento del numero di risicoltori (da 4.501 nel 2008 a 4.747 nel 2010) ed una superficie media aziendale di ben 51,3 ettari (2009/10) a fronte dei 7,6 ettari della media nazionale (2007).

In merito alla lotta fitopatologica relativa alla coltura del riso, i dati evidenziano che solo il 2,5% delle varietà coltivate in Italia è tollerante al brusone (il 64,9% è mediamente sensibile, il 32.6% sensibile). Il brusone è una malattia fungina causata dai patogeni Magnaporthe oryzae e Pyricularia oryzae e colpisce tutte le parti della pianta.

Un’analisi approfondita della diversità genica e della resistenza al brusone, una corretta pratica agronomica ed un uso sostenibile dei mezzi chimici sono pilastri fondamentali della protezione del riso. L’evoluzione delle tecniche colturali ha infatti incrementato il rischio epidemico. In questo contesto, la protezione con fungicidi dà stabilità ai ricavi, incrementando produzione e qualità della granella. Fra gli agrofarmaci a disposizione, il triciclazolo (formulato commerciale Beam® Das prodotto dalla Dow Agrosciences) è una molecola multisito, sistemica, persistente, specifica e molto efficace: dopo un trentennio d’uso nel mondo non sono stati riportati casi di perdita d’efficacia.

Le prospettive della lotta al brusone sono, quindi, strettamente collegate al futuro del triciclazolo in quanto al momento non esistono molecole che possano sostituirlo di pari efficacia. Pertanto, tale molecola rappresenta una componente essenziale a garanzia della produzione, a supporto della redditività di tutta la filiera risicola, caratterizzata da una forte integrazione dal campo alla tavola.

Secondo l’Ente Nazionale Risi, il 97,5% delle varietà di riso coltivate in Italia risulta sensibile o mediamente sensibile al brusone  e le più colpite sono proprio quelle di maggiore pregio, le varietà storiche per il mercato interno e in particolare quelle da risotto (Carnaroli, Arborio, Vialone, ecc.). Tale problema, oltre a causare perdite di reddito importanti per gli agricoltori, mette a rischio l’approvvigionamento delle industrie di trasformazione e la leadership commerciale italiana.

Nel giro di qualche decennio la malattia è passata da una presenza sporadica ad una progressiva diffusione, tanto che oggi i risicoltori italiani la definiscono di estrema gravità. L’evoluzione delle tecniche colturali ha aumentato il rischio epidemico (ad es. riso con semina interrata a file) e in un simile contesto la protezione con fungicidi è fondamentale per assicurare produzione e qualità della granella.

L’impiego di fungicidi è attualmente il mezzo di difesa più diffuso. Le stime nazionali indicano che nel 2009 sono stati effettuati trattamenti chimici contro il brusone su una quota pari al 75,1% (circa 179.000 ettari) della superficie investita a riso in Italia (pari a oltre 238.000 ettari). Oggi il triciclazolo viene applicato nella quasi totalità (94,1%) della superficie trattata per il controllo del brusone.

Entro il dicembre 2012 Dow AgroSciences, casa produttrice del triciclazolo,  presenterà allo stesso Ministero un nuovo dossier completo ed aggiornato sulla base dei requisiti del Reg. 1107/2009 per ottenere di nuovo l’autorizzazione all’immissione in commercio sul mercato comunitario.

L’Italia svolgerà il ruolo di referente europeo per tutto il processo (Stato relatore). La documentazione prodotta a supporto dell’istanza contiene un sommario dei nuovi studi, in parte ancora in corso, condotti proprio per rispondere alle criticità emerse durante il processo di revisione europeo conclusosi nel 2007.

Per quanto concerne il miglioramento genetico, lo sviluppo di cultivar resistenti al brusone del riso è fra le strategie più efficaci per combattere il patogeno Magnaporthe oryzae; tuttavia, la resistenza varietale al patogeno coinvolge così tanti geni che la loro fissazione nel genoma è realmente difficile. In prospettiva futura si ritiene quindi che non potrà essere disponibile in tempi brevi un numero sufficiente di varietà resistenti al brusone da impiegare in sostituzione di quelle più sensibili.

La difesa di una coltura importante per l’agroalimentare italiano come il riso è strategica in quanto una riduzione delle nostre produzioni di altissima qualità, aprirebbe le porte all’importazione, in Italia, di riso dai paesi in via di sviluppo dove non solo si impiegano fitofarmaci da anni vietati nell’Ue, in quanto molto più tossici per la salute umana e l’ambiente, ma che è ad alto rischio di  contaminazione da metalli pesanti come è avvenuto lo scorso anno nel caso del riso cinese inquinato dal cadmio presente nelle acque di irrigazione.

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