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Fumiganti: Coldiretti chiede l’uso d’emergenza dell’1,3D per la carota

Sulla base di segnalazioni ricevute dai produttori di carote e visto che attualmente é in corso di esame da parte della Commissione consultiva dei prodotti fitosanitari l’uso dell’1,3d per il tabacco e la fragola, Coldiretti ha chiesto che  anche per la carota sia  considerata la possibilità di  concedere ai sensi dell’art. 53 del reg. CE 1107/2009  l’uso di emergenza per il periodo 1 giugno – 30 settembre.

Coldiretti ha evidenziato come l’impiego dell’1,3D (Dicloropropene) sia divenuto determinante per la produzione di tale ortiva sì che le imprese agricole si trovano oggi in difficoltà, per mantenere adeguati standard di  qualità del prodotto, non potendo ricorrere a tale sostanza attiva.

In molte aree agricole la carota costituisce una varietà diffusa,  rappresentando una fonte di reddito molto importante per le aziende agricole. E’ una coltura particolarmente diffusa in Emilia Romagna, Veneto, Sicilia, Abruzzo, Lazio, Puglia e Sardegna. L’andamento produttivo di quest’anno non è stato, comunque, soddisfacente a causa della scarsa resa, dovuta sostanzialmente a un clima molto caldo e alla scarsità di precipitazioni avute nella stagione estiva.
 
In Italia, la produzione di carote è continuativa e occupa tutti i mesi dell’anno, secondo un calendario produttivo che si alterna nelle diverse aree geografiche secondo il seguente schema: da gennaio ad aprile si producono carote nella zona di Maccarese sul litorale laziale; da marzo-aprile fino a maggio in Sicilia, in modo particolare nel siracusano; da maggio a luglio nella zona di Ferrara; da giugno a novembre nell’area del Fucino (Abruzzo); da settembre fino a febbraio in Emilia Romagna, sempre nel ferrarese.

Anche per quanto riguarda la commercializzazione, va fatta una distinzione: durante i mesi invernali, novembre e dicembre, le carote vengono prevalentemente vendute nel Nord Europa, in paesi come Germania, Austria e la Gran Bretagna, che durante la stagione invernale non possono disporre di prodotti coltivati nelle proprie aree. Durante la stagione estiva, invece, l’esportazione di carote italiane è senz’altro minore.

Il nostro paese ha di recente ottenuto il riconoscimento comunitario per la carota Igp dell’Altopiano del Fucino, uno delle produzioni di maggior qualità di questa zona  in quanto presenta caratteristiche particolari che non si ritrovano  in carote coltivate in altre aree: non è legnosa, ha un sapore molto dolce, ha una radice di forma cilindrica con punta arrotondata e un colore arancio intenso essendo molto ricca di beta-carotene ed acido ascorbico (vitamina C). Proprio quest’anno é iniziata la commercializzazione della carota del Fucino con il marchio comunitario Igp.

Oltretutto, la carota   può  essere coltivata solo nei suoli sciolti e sabbiosi per un migliore accrescimento ipogeo che sono quelli più favorevoli alla proliferazione dei nematodi od alla rapida propagazione di infestanti (Cyperus spp.). E’ proprio in questi casi specifici che intervengono le tecniche di disinfestazione del suolo. Non a caso secondo uno studio di Nomisma “Il ruolo economico della disinfestazione del suolo nell’agricoltura italiana (2008)”, la carota é la coltura per la quale più si ricorre alla disinfestazione. E’, perciò, particolarmente diffusa lungo i litorali dove si manifestano con maggiore evidenza i problemi legati ai nematodi, ai quali la coltura è particolarmente sensibile. In Sicilia, in cui si concentra circa il 26% del totale della superficie italiana investita a carota, la disponibilità di terreni consente ampie rotazioni colturali tali da mitigare questi problemi e limitare il ricorso alla fumigazione. Ove necessario, si interviene con nematocidi non volatili e la fumigazione interessa solo una quota minima della superficie.

Una situazione analoga si verifica anche nel Lazio ove, però, la minor disponibilità di terreno impone cicli colturali più stretti e monosuccessioni frequenti, per cui il ricorso alla fumigazione è pratica più diffusa nelle province di Latina e di Roma. Così, pure, accade in Emilia-Romagna e soprattutto nei terreni sabbiosi del delta del Po dove il ricorso alla fumigazione è pratica obbligatoria, interessando gran parte della superficie regionale investita a carota.

In Emilia Romagna, la carota può essere coltivata in monosuccessione o entrare in rotazione con radicchio o pomodoro da industria. Indipendentemente dall’epoca di semina e dal tipo di ciclo, i terreni sabbiosi del litorale ferrarese, in cui la coltivazione è concentrata, impongono un trattamento del terreno con fumiganti a causa dell’elevata suscettibilità della coltura ai nematodi. Il principio attivo quasi esclusivamente utilizzato è l’1,3D, spesso distribuito a strisce o localizzato. Infatti, in tale regione il peso della fumigazione  riguarda il 100% della superficie investita. Si valuta che siano coinvolte dalla fumigazione circa il 31% delle aziende orticole in pieno campo ed al 15% delle aziende orticole che utilizzano serre e altri sistemi di protezione.

Nel Lazio, in particolare nell’area del Maccarese, la scarsa disponibilità di terreni, anch’essi in prevalenza sabbiosi, fa orientare gli agricoltori verso la fumigazione effettuata prevalentemente con 1,3D e Metam sodio. In quest’area particolarmente vocata la carota ha rese più elevate rispetto ad altre zone per cui si possono raggiungere circa 80 tonn./ha di raccolto. Nel Lazio circa il 90% della produzione di carote del comprensorio è destinata alla G.D.O., pertanto le aziende per poter conferire il prodotto sono obbligate ad adottare Tecniche di Produzione Integrata e ad attenersi al Disciplinare di Produzione Integrata regionale e alle Linee Guida Nazionali.

Coldiretti ha evidenziato come poco incoraggianti fino ad oggi siano stati  i risultati delle varie prove condotte dai produttori con le alternative proposte all’ 1,3 dicloropropene, quali ad es. Paecilomyces lilacinus; trattamenti a base di estratti vegetali (tannini); micorrize, batteri della rizosfera ecc. Anche le prove sperimentali con il sovescio di rafano e senape nematocida non hanno portato a risultati confortanti se non abbinati ad applicazioni di 1,3 dicloropropene a dose dimezzata come riportato su alcune pubblicazioni scientifiche.

Coldiretti ha, quindi,sottolineato ai Ministeri come l’esclusione del 1,3 dicloropropene, limiti fortemente la produzione della carota e delle altre specie in successione nelle aree vocate a tale coltura, con inevitabili ripercussioni a livello economico ed ambientale; può sembrare un paradosso, ma l’esclusione del più efficace dei nematocidi fino ad oggi in commercio potrebbe avere ripercussioni anche a livello ambientale; la mancanza di un’alternativa valida sta portando molti produttori ad un utilizzo eccessivo di altri prodotti da sempre noti per la loro attività sui funghi tellurici ed erbe infestanti, ma con scarso potere di controllo nematocida o di nematocidi ad azione nematostatica applicati nel ciclo colturale creando problemi di residui sul prodotto.

Quest’ulteriore richiesta di ricorso allo strumento dell‘uso d’emergenza di cui all’art. 53 del reg. CE 1107/2009 evidenzia l’attenzione di Coldiretti per le esigenze tecnico agronomiche sollecitate dalle imprese agricole associate in quanto, al momento, soprattutto per le colture minori, mancano i principi attivi più idonei a combattere alcune importanti patologie.

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