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Ice, futuro sempre più roseo per il biologico italiano in Germania

Secondo uno studio dell’Ice (l’agenzia per la promozione e l’internazionalizzazione) sul mercato tedesco del biologico nel 2010–2011, la Germania si conferma come lo sbocco più interessante per l’export di prodotti biologici italiani, con un volume di vendite di poco superiore ai 20 milioni di euro. I principali prodotti bio esportati dall’Italia in Germania sono: conserve di pomodoro e pelati, mosti di uva, olio di oliva, paste di frumento, riso e vini. Per la frutta fresca e refrigerata l’Italia figura al secondo posto dopo la Spagna e per gli ortaggi freschi o refrigerati al terzo posto dopo la Spagna ed i Paesi Bassi.

Le informazioni quantitative sui flussi internazionali di prodotti biologici sono assolutamente carenti perché i prodotti biologici non sono individuabili con un codice doganale diverso da quelli non biologici. Si stima tuttavia che il  valore dell’export dovrebbe essere  di poco inferiore al miliardo di euro. Secondo i dati dell’Ice l’attività di export delle imprese biologiche italiane è comunque rilevante. Nei punti vendita specializzati di tutto il mondo è davvero raro non trovare sugli scaffali prodotti bio tricolori. Di alcune imprese è nota l’esportazione in decine di mercati esteri, quali ad es., Francia, Spagna e Stati Uniti.

 Le dimensioni del mercato e le condizioni climatiche fanno sì che la domanda superi l’offerta, sia attualmente che in prospettiva. In particolare, la Germania è importatore netto di ortofrutta bio: circa il 90 per cento della frutta  commercializzata viene importato, ad eccezione delle mele, di cui la Germania è un produttore significativo. Il paese tedesco  importa anche il 90 per cento degli ortaggi, a eccezione delle patate, di cui arriva dall’estero solo il 20 per cento.

Gli allevamenti biologici teutonici non riescono, inoltre, a soddisfare la domanda interna di carne biologica soprattutto per quanto riguarda quella di pollo. Il consumatore tedesco è fortemente orientato all’acquisto di prodotti bio. Almeno il 44 per cento di persone di 65 anni, ha dichiarato che intende acquistare solo prodotti biologici; un sondaggio non scientifico su 500 persone curato dal periodico Bild suggerisce che il 20 per cento dei tedeschi ha cominciato ad acquistare uova e carne biologici, con chiaro impatto su una produzione già non eccedentaria.

Dal 2007 il Paese è deficitario anche per i lattiero caseari (in particolare per il burro nella stagione invernale); insufficienti anche grano, avena e farro biologici. L’Ice evidenzia che, considerando i valori riferiti dai principali esportatori italiani di prodotti bio e la presenza media di prodotti biologici italiani nella Gdo, nei supermercati biologici a catena e nei punti vendita indipendenti (oltre che delle quantità destinate all’industria di trasformazione), si stima che l’Italia sia il primo fornitore estero, con una quota superiore al 25 per cento dell’import e al 12 per cento del mercato della vendita al dettaglio.

Quindi, la quota di mercato dei prodotti bio importati dalla Germania è stimata in circa il 50 per cento (di cui il sistema delle imprese italiane detiene circa il 25 per cento). La quota media del sistema Italia è così di circa il 12 per cento, ma è più elevata nel settore vinicolo (con la stima di una quota dell’Italia non inferiore al 20 per cento), della frutta e degli ortaggi e con leadership assoluta in prodotti esclusivi (ad es.: l’aceto balsamico). Per l’olio extravergine, pur scontando la concorrenza di Spagna, Grecia e Paesi della sponda sud del mediterraneo, in grado di fornire un prodotto più economico (ma qualitativamente inferiore) la quota è stimata nel 25 per cento.

Poco interesse c’è invece da parte della Germania ad acquistare formaggi bio a parte qualche prodotto a denominazione d’origine vista la grande produzione nazionale. Le performance delle imprese italiane sul mercato tedesco sono condizionate dal mix dei canali di commercializzazione; la crisi finanziaria ed economica globale ha avuto ricadute anche sul mercato biologico tedesco, senza ridurre i valori, ma riassestando comunque i volumi, le fonti di approvvigionamento e il peso dei canali; nel 2009 aveva acquisito maggior peso (e maggiori crescite percentuali) la grande distribuzione (discounter esclusi). Il trend 2005/2010 è stato segnalato in calo per l’ortofrutta (che incide per oltre metà delle esportazioni complessive) e positivo per olio extra vergine, trasformati del pomodoro e altri prodotti (che complessivamente rappresentano circa un terzo del valore). Costante l’andamento di vino e pasta (11.8 per cento del valore), non determinabile per la scarsità dei volumi scambiati (meno dell’1 per cento) quello di formaggi e salumi.

Le prospettive  per il prossimo quinquennio sono in crescita per vino, ortofrutta, conserve di pomodoro e “altri prodotti” biologici, che complessivamente nel 2009 hanno rappresentato il 92.8 per cento del valore delle esportazioni. Indeterminabile, secondo le imprese, l’andamento di olio extra vergine, pasta, formaggi e salumi (nessuna delle imprese è specialista: tali prodotti sono presenti nell’assortimento prevalentemente per completare la gamma d’offerta caratteristica e/o come servizio al cliente).

Circa il 20 per cento del prodotto biologico esportato in Germania è etichettato a private label. Il fenomeno riguarda circa il 75 per cento dell’ortofrutta destinata alla vendita al dettaglio, circa il 20 per cento dell’olio extra vergine e della pasta, quote inferiori degli altri prodotti non a denominazione d’origine. Alcune marche biologiche italiane sono presenti, con successo, da decenni sul mercato tedesco. Molte piccole e medie imprese italiane cercano di penetrare il mercato dei prodotti alimentari biologici in Germania, ma secondo l’ICE occorre trovare la strada giusta tra negozi specializzati, commercio al dettaglio di prodotti alimentari o entrambi i canali di vendita e valutare se privilegiare l’ etichetta privata o un marchio.

Il potenziale del biologico in Germania si aggira a medio termine intorno ai 13 miliardi di Euro. Il commercio al dettaglio tradizionale ne copre l’80 per cento, cioè circa 10,5 miliardi di euro. Ciò implica un potenziale di crescita di mercato pari al 120 percento. Il secondo canale principale di distribuzione è rappresentato dai negozi specializzati bio. Osservando la struttura del canale di distribuzione più solido colpisce il fatto, che il fatturato dei negozi con una superficie inferiore a 800 metri quadrati è in calo. Solo i supermercati con una superficie superiore a 800 metri quadrati e i discount continuano a registrare uno sviluppo crescente.

Riguardo ai negozi specializzati bio l’andamento procederà nella direzione delle grandi dimensioni. I supermercati biologici registrano una forte crescita, la concorrenza interna nel commercio specializzato cresce. Allo stesso tempo, la concorrenza del commercio al dettaglio di generi alimentari, che negli anni scorsi ha acquisito competenza nel settore biologico, aumenterà. Il prezzo acquisirà sempre maggiore importanza. I piccoli negozi biologici con una superficie fino a 350 metri quadrati si troveranno, a medio termine, di fronte alle seguenti alternative: ampliarsi, specializzarsi o chiudere.

Per scegliere il canale di distribuzione su cui puntare, è necessario porsi domande relative ai prodotti competitivi. Non tutti possono fornire prodotti di marca. I costi di commercializzazione risultano elevati. Nel caso delle etichette private, questi costi vengono meno. In tal caso è necessario fornire grandi quantità a prezzi competitivi. Una delle difficoltà delle piccole e medie imprese consiste nel gestire il proprio marchio con piccole quantità di fornitura a costi logistici accettabili. In Italia si dovrebbe organizzare un punto di raccolta con un coordinamento centrale in cui confluiscono gli articoli di diversi produttori. Secondo l’Ice, si dovrebbe nominare un referente per i clienti in Germania per la raccolta e il coordinamento delle richieste.

Inoltre, l’Istituto evidenzia che benché l’Italia vanti la più vasta superficie coltivata con metodi ecologici nell’Unione Europea,  l’esportazione di prodotti biologici non è altrettanto elevata come nel settore tradizionale. Per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, gli enti di certificazione italiani, secondo l’Ice, dovrebbero avviare una cooperazione con gli enti tedeschi, consentendo controlli reciproci, e riunendo sotto lo stesso tetto le associazioni del settore biologico  per dare vita ad un gruppo di qualità,  concordando disposizioni comuni attuabili in base ad un impegno in prima persona. Pertanto, uno degli obiettivi prioritari  per il biologico italiano deve essere quello di portare la quota di esportazione di prodotti biologici almeno al livello dei prodotti alimentari tradizionali.

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