il Punto Coldiretti

Il biogas cresce, ma attenti al territorio

La diffusione degli impianti di biogas sta vivendo una crescita molto consistente. La possibilità di integrare il reddito delle imprese agricole attraverso la produzione e la vendita di energia rinnovabile ottenuta con l’impiego degli scarti aziendali è senz’altro una cosa positiva e la maturità e l’affidabilità raggiunta da tecnologie come quella basata sulla digestione anaerobica, che permette di produrre biogas a partire da diverse matrici organiche, non può che essere vista positivamente dal mondo agricolo.

Tuttavia, a causa di alcune distorsioni, favorite da un sistema incentivante che si è dimostrato inadeguato a selezionare le modalità di produzione energetica secondo criteri di sostenibilità territoriale, in alcune aree si sono riscontrati problemi legati all’impatto sul territorio dei grandi impianti di tipo industriale slegati dal tessuto agricolo locale.

In sostanza, la digestione anaerobica è un ottima tecnologia per rispondere all’esigenza di convertire in energia gli scarti delle aziende zootecniche (deiezioni animali), ma l’alto livello incentivante e la versatilità degli impianti ha favorito, specie nella pianura padana, la diffusione di impianti di grossa taglia alimentati attraverso un impiego pressoché esclusivo dell’insilato di mais, con conseguente alterazione, a livello locale, delle dinamiche di approvvigionamento di foraggio e del valore d’affitto dei terreni.

L’ elevata diffusione nazionale del biogas è ampiamente dimostrata dai dati contenuti nell’ultimo censimento sul settore effettuato dal C.R.P.A.: gli impianti nazionali, infatti, sono quasi raddoppiati in un solo anno, passando dai 273 del 2010 ai 521 del 2011 (i dati si riferiscono alla somma degli impianti in esercizio e di quelli in costruzione). La potenza installata ha raggiunto i 350 MW (rispetto ai 140 dell’anno scorso), ma il dato forse più rilevante riguarda la potenza media degli impianti sotto al Mw, che è salita dai 450 kW agli attuali 750 kW, a testimonianza di una tendenza all’aumento delle dimensioni degli impianti. Per quanto riguarda la media degli impianti sopra al Mw, questa è sui 1.700 kW.
 
Un maggiore dettaglio sulle taglie ci dice, comunque, che, probabilmente per il più conveniente accesso agli incentivi, la maggioranza degli impianti (l’85%) appartiene alla tipologia sotto al Megawatt (il 55% è compreso tra i 500 e i 1000 kW, il 20% tra 100 e 500 e il 10% sotto i 100).

In termini di distribuzione territoriale, la Lombardia possiede il primato di diffusione numerica (210 impianti), seguono Veneto (78), Piemonte (72) ed Emilia romagna (63). Per quanto riguarda le modalità di alimentazione, il 58% degli impianti (l’indagine CRPA ha riguardato il 64% del campione totale) utilizza, con diverse composizioni percentuali, effluenti zootecnici, colture dedicate (insilato di mais) e sottoprodotti alimentari. Nel 29% dei casi, invece, sono usati solo reflui di allevamento, mentre il 13% degli impianti risulta alimentato esclusivamente con mais e scarti dell’agricoltura. Il trend di crescita porta ad una stima che vede il raggiungimento di una potenza istallata complessiva di 1.200 Mw entro i prossimi 10 anni.

Ora resta da vedere come il settore reagirà all’evoluzione normativa che interesserà anche i livelli incentivanti. Questo, sia in termini di crescita totale, sia di definizione delle taglie ottimali e delle migliori modalità di approvvigionamento di biomassa, dal punto di vista dell’efficienza ambientale ed energetica, ma anche e soprattutto rispetto al consumo di foraggio e di suolo agricolo.

Una elaborazione di Coldiretti stima, infatti, che attualmente circa 37.200 ha di superficie agricola (concentrati quasi tutti in pianura padana) risultano destinati a colture dedicate (mais nella maggior parte dei casi) per l’alimentazione degli impianti di biogas. Nei decreti attuativi della recente riforma del sistema incentivante (d.lgs. n. 28 del 3 marzo 2011), si dovrà, dunque, tenere conto di questa situazione che, paradossalmente, rischia di tradurre in negativo una importante opportunità di differenziazione produttiva e di integrazione del reddito per le imprese agricolo-zootecniche nazionali.

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