il Punto Coldiretti

Il futuro dell’alimentazione: “mangiare geografico” vince sull’omologazione degli Ogm

Un anonimo del ‘500 soleva sempre dire: “Ci sono tante cose importanti nella vita, la prima è mangiare, le altre non le conosco”. Proprio per tale ragione, la Camera di Commercio di Udine nell’ambito di un Forum dedicato all’innovazione ed al futuro ha dedicato, tra gli altri temi, uno spazio importante a quello  dell’alimentazione. Coldiretti è intervenuta al workshop evidenziando come nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di persone e, quindi, la grande sfida sarà quella, per l’agricoltura, di garantire cibo sicuro e in quantità sufficiente per tutti, aumentando la produzione di alimenti nel rispetto dell’ambiente e garantendo un reddito equo alle imprese agricole.

In Europa, questo processo è già iniziato. L’agricoltura grazie alla Pac è già nella Green economy. Ma l’agricoltura dovrà rispondere ad una domanda molto differenziata in quanto le richieste dei consumatori dei paesi economicamente più avanzati sono molto diverse da quelle delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo.

I paesi con economie avanzate chiedono alimenti di qualità con elevati standard di sicurezza alimentare, rispetto del benessere animale e della tutela ambientale, cibi funzionali, prodotti a forte connotazione territoriale, ma i ceti meno abbienti anche alimenti “low cost”. Nei paesi europei, i consumatori, inoltre, non vogliono alimenti geneticamente modificati. Nei paesi in via di sviluppo il regime alimentare si evolverà da una dieta sostanzialmente vegetariana ad una nella quale saranno introdotte le proteine animali. Come sarà possibile tale quadratura del cerchio?

L’agricoltura dovrà spingere sull’innovazione: uso efficiente e sostenibile dei mezzi di produzione (fitofarmaci e fertilizzanti) il cui consumo in Italia è in diminuzione da anni grazie al miglioramento delle tecniche agronomiche ed a prodotti di sintesi chimica a basso dosaggio; riciclo degli scarti della produzione agroalimentare e reimpiego nel ciclo produttivo aziendale (produrre + cibo producendo – rifiuti); gestione razionale delle risorse idriche tramite il ricorso a sistemi di irrigazione innovativi; gestione efficiente delle fonti energetiche, ad es.,  sviluppo delle agro-energie.

In particolare, nel campo della ricerca, si dovrà maggiormente investire nel miglioramento genetico delle colture senza ricorrere agli ogm per rispondere alle esigenze di quei paesi come l’Italia, che hanno rifiutato il ricorso alle tecniche di transgenesi del Dna con l’obiettivo economico e culturale di difendere la tipicità e la tradizione del proprio patrimonio agroalimentare.

A tale proposito Coldiretti ha evidenziato come, in Italia, la ricerca in campo genetico si stia già orientando in tal senso. Il progetto Esplora coordinato dal Consiglio  per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Genomics  Research Centre di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), che riguarda ben 14 colture, ne é un brillante esempio. E’ possibile, infatti, senza ricorrere alla transgenesi del Dna, trasferire i caratteri, ad  esempio la resistenza ad alcune fitopatie o alla siccità,  da una cultivar all’altra, tramite l’individuazione di marcatori.

Le multinazionali, come già sta accadendo in Europa,  rinunceranno a commercializzare ogm nei paesi dove non sono accettati ed investiranno in tecnologie alternative. Stanno, già, lavorando, infatti, su ibridi di mais non GM resistenti alla siccità e alle aflatossine, su sistemi di irrigazione innovativi e pratiche agronomiche sostenibili (v. ad es. Monsanto con il progetto AquaTek e The good growth plan di Syngenta).

Gli alimenti a forte connotazione territoriale apriranno una breccia importante nel modello imperante di un’alimentazione che alcuni spingono perché sia omologata. Mc Donald e Inalca hanno già cambiato le loro politiche di prodotto: hanno introdotto alimenti made in Italy. Arriva per la prima volta sul mercato il panino con l’hamburger di carne piemontese e chianina Igp con uno storico cambiamento nell’alimentazione, soprattutto dei più giovani. Grazie, infatti, ad un accordo di Coldiretti con Inalca e Mc Donald, tali catene metteranno in distribuzione il panino attraverso un accordo siglato dalla Filiera Agricola Italiana Spa associata alla Coldiretti con Inalca del Gruppo Cremonini.

In futuro, gli alimenti saranno prodotti ricorrendo in modo sostenibile all’uso dei fitofarmaci che diminuiranno in quantità impiegate, ma resteranno un insostituibile mezzo di produzione, mentre l’agricoltura biologica pur avendo il pregio di tutelare l’ambiente, è destinata a restare un mercato di nicchia in quanto è stato dimostrato scientificamente che non potrà sfamare il mondo (v. l’articolo pubblicato su “Nature”  Comparing the yields of organic and conventional agriculture Verena Seufert, Navin Ramankutty  & Jonathan A. Foley).

In sostanza, il “mangiare geografico” per Coldiretti, avrà la meglio sul cibo globalizzato ed omologato ottenuto con gli ogm, ma questo richiede un grande investimento nella ricerca in agricoltura verso tecniche agronomiche e di gestione dell’impresa agricola che consentano di realizzare un modello di alimentazione sano e diversificato per rispondere alle diverse esigenze dei consumatori  supportato da processi di produzione che non possono essere quelli dell’agricoltura di stampo “bucolico” come pensano alcuni, ma improntati ad un giusto mix di innovazione e tradizione.

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