il Punto Coldiretti

La marcia per il clima arriva a Roma: importante il ruolo del settore agroforestale

In vista del prossimo appuntamento climatico internazionale, il Climate Summit 2014 (previsto per il 23 Settembre a New York), convocato nell’ambito della 69esima Assemblea Generale Onu, fervono i preparativi di numerose manifestazioni parallele e concomitanti che si svolgeranno in tutto il mondo. Tra queste New York chiama Roma, un evento di sensibilizzazione che si svolgerà a Roma domenica 21 settembre. Si tratta di una iniziativa del Coordinamento Power Shift Italia, promossa e organizzata dall’Italian Climate Network, Legambiente e Kyoto Club in collaborazione con Avaaz Italia e con l’adesione di più di 20 organizzazioni (tra cui Coldiretti).

Questo evento, come numerosi altri, sarà parte della giornata di mobilitazione globale “Global Day of Action” (promossa da più di 500 associazioni).  “New York chiama Roma”, tra l’altro, si terrà in contemporanea con la People’s Climate March di New York, la manifestazione per il clima più grande finora mai organizzata. L’iniziativa mira a sensibilizzare opinione pubblica e i decisori politici nei confronti del tema dei cambiamenti climatici. L’attenzione mediatica sulla necessità di una strategia globale per affrontare il problema del clima, infatti, sembra crescere solo in concomitanza dei grandi summit internazionali, nonostante le conseguenze negative del cambiamento climatico appaiano sempre più evidenti (e spesso drammatiche) nella vita di tutti i giorni.

Il Quinto Rapporto di Valutazione dell’Ipcc, presentato tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014, ha, infatti, confermato definitivamente l’avvenuto riscaldamento terrestre, con un aumento delle temperature medie  misurate,  così come le sue cause antropiche.
Le conseguenze, già in atto, di questo cambiamento climatico – da non confondere con variazioni meteorologiche che, in certe aree e in certe stagioni, possono sembrare contradditorie (ad esempio inverni rigidi in certe aree, oppure qualche estate fresca e piovosa) – sono già gravi e possono peggiorare ulteriormente. Si tratta, infatti, di fenomeni di fondo (aumento dell’intensità e della frequenza di fenomeni atmosferici estremi, ondate di calore e lunghi periodi di siccità ecc.)  che stanno avendo già oggi considerevoli impatti sociali ed economici, specialmente sull’agricoltura, settore particolarmente vulnerabile in questo senso.

Tuttavia, sempre secondo l’Ipcc, nonostante le emissioni globali di gas serra siano cresciute dal 1990 di oltre il 30%, la finestra di mitigazione della crisi climatica – per contenerne e ridurne gli effetti in ambiti gestibili- è ancora aperta. Ciò anche grazie alla crescita a cui si è assistito negli ultimi anni  della green economy e delle tecnologie low carbon. 
L’obiettivo finale della Convenzione quadro delle nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), infatti, è quello di “stabilizzare la concentrazione di gas serra in atmosfera a livelli tali da prevenire pericolose interferenze antropiche con il sistema climatico”.

Secondo gli scenari più aggiornati (a cura dell’IPCC), in assenza di nuovi e incisivi interventi le emissioni mondiali di gas serra supereranno 80 Mld tCO2eq al 2050 e 100 al 2100, mentre per mantenere la concentrazione in atmosfera al di sotto dei 450 parti per milione di CO2eq (siamo oramai a quota 430ppm) e l’innalzamento della temperatura al di sotto della soglia dei +2°C rispetto al periodo pre-industriale, le emissioni, dovranno attestarsi a non più di 20-25 Mld tCO2eq al 2050, per poi arrivare al 2100 molto vicine – se non inferiori – allo zero.

In realtà, nonostante il Protocollo di Kyoto e le politiche di mitigazione messe in atto a livello mondiale, le emissioni globali hanno accelerato la loro crescita facendo segnare ,nel primo decennio del nuovo millennio, un tasso medio annuo di crescita del 2,2%  ,rispetto alla media dell’1,3% del trentennio 1970-2000. Tra le cause principali di tale aumento c’è l’enorme balzo in avanti compiuto dalle c.d. economie emergenti, come la Cina, che ha raggiunto oramai livelli di emissione pro capite allineati ai paesi europei .

Questo è lo scenario che fa da cornice al nuovo accordo, la cui firma è attesa nel 2015, e che, per essere efficace, dovrà, questa volta, impegnare tutti i governi mondiali.
Per quanto riguarda la strategia e le misure che dovranno essere messe in atto, sarà importante ridurre l’uso dei combustibili fossili, dare maggiore impulso all’efficienza energetica, sviluppare un sistema di produzione elettrica a basse emissioni, prevedere modalità di trasporto più sostenibili, sviluppare infrastrutture low carbon e dare maggiore impulso alle strategie di adattamento e mitigazione, che, oltre a dover essere perseguite arrestando la deforestazione, interessano in modo particolare il settore agroforestale, sia per la sua particolare vulnerabilità dal punto di vista climatico, sia per il contributo positivo che può giungere dalle grandi potenzialità del settore nel campo della conservazione del carbonio nei suoli e nelle piante (carbon sink), sia attraverso la valorizzazione delle biomasse di origine agricola per produrre energia rinnovabile.

Per quanto riguarda, in particolare, la possibilità di promuovere e contabilizzare gli assorbimenti di CO2 dall’atmosfera (il c.d. settore Lulucf – Land-Use, Land-Use Change and Forestry), si tratta di un’attività che potrebbe avere ricadute molto positive per il settore agro-forestale, incentivando una corretta gestione del territorio, attivando economie locali ad alta intensità di occupazione, orientando le pratiche agricole verso modalità e varietà a minore impatto ambientale.

Attualmente, tuttavia, il pieno sviluppo di questa attività, in Italia, risulta ostacolato da una serie di problemi. Il principale è legato alla questione della cosiddetta “doppia assegnazione” o “doppio conteggio” (double counting), che si verifica nel caso in cui un operatore voglia immettere nel mercato volontario assorbimenti provenienti da superfici agro-forestali già contabilizzate nel registro nazionale delle emissioni. Sarebbe auspicabile, quindi, l’introduzione della  possibilità, da parte degli operatori agroforestali, di uscire dal registro nazionale e poter utilizzare i crediti generati dalla propria attività nell’ambito dei mercati volontari, qualora questo risulti conveniente.
Si spera, infatti, che un rilancio degli obiettivi internazionali nel campo della mitigazione climatica riporti l’attenzione anche sulla necessità di prevedere forme di riconoscimento economico per il ruolo di conservazione del carbonio (carbon sink) ad opera delle imprese agroforestali.

In questo contesto, va rilevato, tra l’altro, che il servizio di sink di carbonio delle foreste italiane, secondo alcune stime del Ministero dell’Ambiente, ad un prezzo di 5 €/t CO2 e facendo riferimento ai 5 anni relativi alla prima rendicontazione delle emissioni italiane (2008-12), è stato valutato intorno ai 633 milioni di euro (= 25,3 MtCO2 x 5€ x 5 anni). Il dato può dirsi confermato anche in base ai più recenti dati pubblicati nel rapporto ISPRA Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2012. National Inventory Report 2014, nell’ambito del quale, inoltre, emerge chiaramente come la cosiddetta voce Lulucf (Land Use, Land Use Change and Forestry) contribuisca sensibilmente al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. I dati più recenti vedono la quantificazione di assorbimenti di CO2 (da sottrarre alle emissioni) ad opera delle foreste nazionali pari a circa 31 milioni di tonnellate di Co2 eq per il 2010, 19 milioni di ton./CO2eq per il 2011 e 18,5 milioni di ton./CO2eq per il 2012.

L’incidenza di questi assorbimenti è tale da portare la percentuale di riduzione delle emissioni nazionali nel periodo osservato (2010-2012), dal -11,36% (dato senza la contabilizzazione della voce Lulucf) al -14,34% (contabilizzando la voce Lulucf).
Rispetto a ciò, quindi, appaiono, allora, del tutto legittime le aspettative da parte dei proprietari forestali per la richiesta di internalizzazione economica, almeno parziale, di tale servizio (considerando che il 60% della superficie forestale contabilizzata è di proprietà privata). Attualmente, infatti, nel nostro Paese, la contabilizzazione degli assorbimenti interessa solo le superfici forestali e non prevede alcun riconoscimento del diritto di accesso ai cosiddetti “crediti di carbonio” da parte dei privati.

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