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Le colture geneticamente modificate non riducono l’uso di fitofarmaci

Una delle principali argomentazioni utilizzate a favore delle colture geneticamente modificate è che queste consentono di ridurre l’impiego di fitofarmaci e di ridurne l’impatto ambientale. Oggi quest’affermazione è stata confutata, con dati alla mano, da alcuni ricercatori che hanno contestato le conclusioni del principale studio condotto sull’argomento, pubblicato, nel 2013, ad opera  degli  inglesi Graham Brookes & Peter Barfoot,  “Gm crops: global socio-economic and environmental impacts 1996-2011 (v. in Internet: www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Ogm/Documents/studio%20inglese%20ogm%20fito.pdf) nell’ambito del quale è stato valutato l’impatto ambientale degli ogm.

Lo studio evidenzia che un’analisi comparata, tra colture GM e convenzionali,  rispetto all’uso di fitofarmaci si può fare solo rispetto all’agricoltura statunitense perché è l’unico paese che ha dati esaustivi e che il confronto  è molto difficile perché il quantitativo di fitofarmaci impiegato è diverso a seconda che gli agricoltori convenzionali usino o meno tecniche agronomiche, a basso impatto ambientale. I ricercatori evidenziano che l’impatto ambientale non è legato alla quantità di fitofarmaci impiegati per ettaro/coltura,  ma alla tossicità del prodotto fitosanitario ed hanno costruito, pertanto, un indice di impatto ambientale (EIQ – quoziente di impatto ambientale, v. slides allegate: in Internet: http://www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Ogm/Documents/ogm%20fitofarmacidef.pdf).

Secondo tale studio le colture GM resistenti agli erbicidi hanno consentito agli agricoltori di ridurre l’uso di  erbicidi senza arrecare danni alle colture, sebbene ciò si sia verificato più nel caso del mais che della soia. Le le colture GM resistenti al Roundup sono state create per tollerare il glifosate, il fitofarmaco più usato al mondo nell’agricoltura professionale e hobbistica per combattere le infestanti,  secondo gli autori, meno tossico e persistente degli erbicidi tradizionali  e  con minori rischi per la salute dell’operatore  che lo impiega (EFSA lo ha, recentemente, assolto dalle accuse di cancerogenicità). Di conseguenza,  gli agricoltori hanno abbandonato l’uso degli altri erbicidi e hanno impiegato solo il glifosate.

Tuttavia, secondo Graham Brookes & Peter Barfoot ,  le colture GM resistenti agli erbicidi hanno portato a un aumento nell’uso di erbicidi, mentre le colture GM che producono insetticidi (ad es. il mais Bt) hanno condotto a una riduzione nell’uso di tali prodotti. Dopo i primi anni,  in cui l’indice di impatto ambientale (EIQ) dei fitofarmaci è inferiore per la soia ogm, poi, a causa della resistenza al glifosate, il parametro è aumentato per la soia ogm perché gli agricoltori hanno dovuto affiancare al glifosate, altri erbicidi.

Le conclusioni dello studio inglese sono state contestate dal rapporto GMO Myths and Truths di John Fagan, Michael Antoniou e Claire Robinson che, invece, dimostra come nel lungo periodo i parassiti target sviluppino una resistenza alle tossine Bt nelle colture GM Bt.  Anche quando le tossine Bt sono efficaci nell’uccidere i parassiti target, gli altri parassiti presenti sulla coltura che non sono controllati dalla modificazione genetica delle tossine Bt, si trasferiscono nella nicchia ecologica che consente loro di sopravvivere e moltiplicarsi. Ciò comporta un ritorno all’impiego dei tradizionali insetticidi da parte dell’agricoltore.

Per ovviare a questo problema è stato suggerito agli agricoltori che usano mais Bt, di continuare a coltivare più del 20% dei campi con varietà convenzionali (NON Bt). Queste zone sono dette aree rifugio. Se un insetto resistente al Bt si evolve, si accoppierà con gli insetti delle aree rifugio. In tal modo i geni resistenti hanno poche possibilità di stabilizzarsi.  Tuttavia, le aree rifugio non sempre funzionano, sia perché è un metodo non sempre adottato nella giusta misura sia perché non sempre nelle aree rifugio, i parassiti si comportano come previsto. L’impollinazione incrociata tra coltura GM Bt e non Bt, causa un basso-medio livello di  tossine Bt nelle aree rifugio, rendendole meno efficaci.

Gli ogm, inoltre,  hanno causato un aumento dell’uso di neonicotinoidi, soprattutto, nella coltivazione di mais e soia GM. Oggi questi prodotti sono banditi dall’UE come concianti perché sospettati di causare la morte degli insetti impollinatori. Le colture GM consentono, quindi,  una riduzione degli insetticidi? Il rapporto  GMOs: Myths and Truths, dimostra che nel  lungo periodo tale affermazione non è vera e  contesta l’interpretazione dei dati fatta da  Brookes & Barfoot.

I dati sulle colture americane del  2011,  evidenziano un 34-44% in più di fitofarmaci per la soia GM  ed il 79-100% in più  per il mais GM. Gli studi iniziali evidenziavano che negli ettari coltivati con  mais Bt il quantitativo di insetticidi diminuisce fino al 2000, ma dal 2000 in poi si registra un netto incremento nell’uso di tali prodotti. Più di 40 milioni di ettari sono stati coltivati con sementi trattate con neonicotinoidi  e la percentuale di sementi non trattate è ora molto contenuta.

Alcuni ricercatori hanno dimostrato che gli studi che pubblicizzavano le colture Bt come causa di riduzione del quantitativo di insetticidi non avevano considerato i trattamenti alle  sementi (concia) e così avevano sottostimato l’uso di insetticidi. Per valutare l’impatto delle colture Bt sugli insetticidi, piuttosto che confrontarle  con le colture non OGM, trattate con i fitofarmaci, sarebbe più corretto confrontarle con le colture non ogm coltivate con metodo biologico o di difesa integrata, situazione in cui gli insetticidi sono eliminati o ridotti. Ciò renderebbe più chiaro che tali pratiche agricole possono meglio ridurre l’uso di insetticidi massimizzando allo stesso tempo le rese ed il reddito agricolo.

In sostanza, le colture GM Bt non riducono o eliminano gli insetticidi in quanto il gene GM Bt modifica la pianta trasformando essa stessa in un insetticida. L’insetticida GM è presente in forma attiva in ogni parte della coltura incluse le parti che le persone e gli animali mangiano. Pertanto, le colture GM Bt non riducono o eliminano gli insetticidi, ma modificano semplicemente il tipo di insetticida ed il modo in cui è somministrato.  L’agricoltore, invece ,di usare uno spray, utilizza la pianta stessa che diventa una sorta di insetticida vivente. Inoltre, il quantitativo di insetticida prodotto dalla pianta è spesso maggiore della quantità di insetticidi chimici usati sulle stesse colture secondo il metodo  convenzionale.

Ma vediamo rispetto al  Mais Bt per la lotta alla piralide cosa succede rispetto all’uso di fitofarmaci.  Il mais Bt per la lotta alla piralide produce altrettante, se non più tossine, per ettaro, che la media di insetticidi chimici applicati su un ettaro coltivato con mais non Bt. Per quanto concerne, poi, il Mais Bt autorizzato, per  la lotta alla diabrotica, ogni ettaro produce un maggior volume di tossine Bt rispetto allo 0,2 kg di insetticidi applicati in media per ettaro per il controllo (0,19 libbre/acro) della diabrotica, in modo convenzionale: (il mais MON88017 produce 0,62 kg/ha di tossine bt; il mais DAS 59122-7 produce due proteine di tossine bt in totale 2,8 kg/ha, 14 volte più dei normali trattamenti insetticidi).

Il mais Smartstax , autorizzato anche dall’UE, sintetizza sei proteine di tossine Bt, tre contro la piralide e tre contro la diabrotica. La produzione totale di tossine Bt è stimata in 4,2 kg/ha (3,7 libbre/acro) cioè 19 volte in media in più della dose di insetticida applicato su mais convenzionale. In questo caso, nessuno studio è mai stato fatto se questi alti livelli di tossine Bt in piante GM, siano sicuri per l’alimentazione umana o animale, nel lungo periodo. Per quanto concerne gli effetti delle colture GM resistenti agli erbicidi, un  aspetto negativo nel lungo periodo, è costituito dal fatto che le piante GM sviluppano resistenza al glifosate. Di conseguenza, gli agricoltori devono aumentare le dosi di  tale prodotto  ed integrarlo  con altri erbicidi.

Pertanto,  le colture GM tolleranti agli erbicidi possono richiedere alla fine un più alto consumo di erbicidi e, quindi, viene meno il beneficio ambientale e per la salute dell’operatore, nonché il vantaggio economico per cui sono state create. Nel rapporto GMOs: Myths and Truths , si evidenzia  il trend in aumento del consumo di erbicidi in colture GM,  quali cotone, soia e mais rispetto alle quali alla fine, il ROUNDUP, perde tutta la sua convenienza in quanto, nel mondo, sono stati individuati 24 casi di infestanti resistenti al glifosate per cui gli agricoltori, dopo alcuni anni,  tornano a ricorrere alle arature ed ad impiegare altri erbicidi. Secondo i dati USDA,  alla fine, si sono usati 191,5 milioni di kg di erbicidi in più che se non si fosse impiegato il glifosate, associato alle colture GM. 

In conclusione,  secondo lo studio sopra citato, il glifosate impiegato su colture geneticamente modificate, pur non essendo di per sé dannoso per l’ambiente,  finisce  per diventarlo in quanto causando resistenza costringe gli agricoltori ad usarlo in dosi massicce insieme ad altri erbicidi dando luogo a delle pratiche agronomiche intensive. Viene meno, in sostanza, l’obiettivo primario per cui si ricorre ad una coltura GM associata al Roundup: ridurre le arature e gli effetti negativi dei fitofarmaci di sintesi chimica  rispetto alla tutela della salute e dell’ambiente e massimizzare i benefici per le colture.

Le colture GM rispetto a questo obiettivo non hanno assolto la loro missione, ma hanno aumentato l’uso di erbicidi e insetticidi a causa delle resistenze indotte. L’obiettivo dell’attuale politica agricola è quello di  ridurre gli effetti negativi dei fitofarmaci di sintesi chimica  rispetto alla tutela della salute e dell’ambiente e massimizzarne i benefici per le colture. A fronte di quanto sopra evidenziato,  se si effettua un confronto tra le colture GM americane e le colture convenzionali europee, in termini di riduzione dei fitofarmaci, si osserva che in Italia, nel  periodo 2002-2013 secondo i dati ISTAT si registra una riduzione di tali prodotti pari a  -45,2% (per gli insetticidi -50%, per gli erbicidi -30%). Inoltre, Francia, Germania e Svizzera hanno ridotto l’uso di erbicidi e insetticidi, a partire dal 1995, rispettivamente dell’ 85% e 24%.

Gli studi dimostrano che il ricorso alla difesa integrata è in grado di abbattere l’uso dei prodotti fitosanitari in modo molto più significativo delle colture GM e non creano fenomeni di resistenza. In merito è molto interessante la conclusione di uno studio della Harvard University secondo il quale «E’ meglio aumentare gli investimenti nella ricerca per individuare fitofarmaci di sintesi chimica che abbiano un elevato tasso di specificità per combattere alcune avversità. Sono da approfondire parallelamente anche le tecniche di lotta biologica. Il mix dei due strumenti di difesa fitosanitaria possono consentire di combattere le avversità delle colture limitando al massimo gli effetti nocivi sulla salute umana e l’ambiente».

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