il Punto Coldiretti

L’efficienza energetica come motore della ripresa economica

Nell’ambito della quinta conferenza nazionale per l’efficienza energetica, organizzata a Roma dall’Associazione Amici della Terra, è stato presentato un dossier dal titolo “La ripresa vuole efficienza”. L’interessante documento offre numerosi spunti di riflessione sui risultati e sulle prospettive delle politiche di efficienza energetica attuate ed attuabili nel nostro Paese, attraverso una analisi che prende in esame i settori maggiormente coinvolti, in termini di consumi energetici.

Il dossier non manca di fare il punto sul livello di conseguimento degli obiettivi nazionali in relazione al pacchetto clima (20-20-20), evidenziando come l’andamento delle emissioni di gas serra, tra il 2008 e il 2012, non abbia consentito all’Italia di raggiungere il target 2010 assegnato dall’Ue. Infatti, solo nel 2012 le emissioni hanno raggiunto il livello previsto per il 2010 (-6,5 per cento) e, allo stato attuale, sembra evidente che l’obiettivo del -20 per cento al 2020 sia conseguibile solo se si aggravasse ulteriormente la crisi economica.

Per quanto riguarda la quota di rinnovabili in Italia, si può stimare che nel 2012 questa abbia raggiunto il 12,5 per cento dei consumi energetici totali, con un anticipo di quattro anni rispetto al percorso indicato dal Piano di Azione Nazionale (PAN). Ciò è dovuto principalmente al boom delle Fonti energetiche rinnovabili (Fer) elettriche e ai consumi di Fer termiche fino ad oggi non contabilizzati (come quelli relativi al riscaldamento residenziale per mezzo della legna), ma anche al calo dei consumi dovuto alla crisi.

Rispetto agli obiettivi di efficienza energetica, sempre nel 2012, l’Italia avrebbe già compiuto più di metà del percorso per avere un livello dei consumi in linea con l’obiettivo al 2020 (con l’attuale trend, tra l’altro, già nel 2013 si dovrebbe arrivare molto vicino al completo raggiungimento di questi obiettivi) Tuttavia, la riduzione dei consumi di energia non implica necessariamente un aumento dell’efficienza energetica. Il dato, infatti, può essere dovuto anche al calo delle attività economiche, per via della crisi, e/o a processi di delocalizzazione di attività industriali energivore e con criticità ambientali.

Partendo da queste considerazioni, il documento pone come prioritaria la riformulazione degli obiettivi di efficienza energetica in modo che siano coerentemente correlati con gli altri obiettivi di politica energetico ambientale e con effettive misure di efficienza adottati negli specifici comparti.
Per quanto riguarda l’incidenza dei diversi settori rispetto al fabbisogno energetico finale nazionale, il dossier riporta i dati relativi al 2011, evidenziando come al primo posto, in termini di consumi di energia, ci sia il settore dei trasporti (34 per cento), seguito dal residenziale (26 per cento), industria (25 per cento), servizi (13 per cento) e agricoltura (2 per cento).

Sempre nel dossier, nell’ambito dell’analisi dedicata al settore industriale, risulta interessante l’indagine, condotta da Enel Fundation, sulla cosiddetta “italianità” delle filiere tecnologiche dell’efficienza energetica, sulla base di una attribuzione, per ciascuna filiera produttiva, di parametri quali la collocazione nazionale delle attività di ricerca e sviluppo, la realizzazione e/o assemblaggio dei componenti e le ricadute occupazionali.
 
E’ da segnalare che tra le filiere tecnologiche a maggiore “italianità” spicca la produzione e diffusione delle caldaie a biomassa, a conferma della ulteriore virtuosità insita nella produzione di energia termica, specie se mediante l’impiego di biomassa di origine agro-forestale.

Sulla base dello scenario italiano dello stato di attuazione delle politiche energetico ambientali, delle valutazioni disponibili in termini di efficacia e costi delle diverse linee di intervento (rinnovabili elettriche, rinnovabili termiche e efficienza energetica), delle risorse presenti nell’industria italiana e delle potenziali sinergie con le politiche economico-industriali necessarie per uscire dalla crisi, lo studio, in generale, tenta di ricomporre le priorità delle politiche pubbliche rilevanti.

Se, sotto questo profilo, la Strategia Energetica Nazionale (SEN) offre importanti indicazioni (come la priorità riconosciuta in termini generali agli interventi per l’efficienza energetica e al potenziale delle rinnovabili), risulta evidente come, attualmente, la sua attuazione presenti delle contraddizioni, soprattutto rispetto al ruolo predominante delle rinnovabili elettriche rispetto al mancato riconoscimento del potenziale di quelle termiche.

Per quanto riguarda l’agricoltura, seppure, proprio a causa della scarsa incidenza nei consumi energetici, il settore non sia stato oggetto di una specifica analisi nell’ambito del dossier, va comunque evidenziato il contributo potenziale del settore agro-forestale nel campo dell’efficienza energetica, sia nell’ambito della produzione di energia rinnovabile (elettrica, termica e biocarburanti) con metodi sostenibili dal punto di vista ambientale, territoriale e paesaggistico, sia relativamente al contributo al bilancio nazionale delle emissioni, attraverso il sequestro del carbonio ad opera delle piante e del suolo.

Il percorso di riconoscimento di questo ruolo e lo sviluppo del grande potenziale del settore in campo energetico, tuttavia, risulta ancora limitato da diversi fattori di criticità. Proprio questa analisi, tra l’altro, è stata oggetto di confronto in un apposito tavolo di coordinamento, istituito dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nell’ambito del quale Coldiretti ha contribuito con una serie di indicazioni di percorso, con particolare riguardo alla necessità di integrazione degli impianti energetici nel territorio e di revisione di alcune normative per aumentare il contributo energetico del settore agro-forestale.

Le proposte possono essere così riassunte. Innanzitutto occorre definire limiti per installazione di impianti a fonti rinnovabili in area agricola, non soltanto legati a tutela paesaggio (come nelle linee guida), ma per ragioni connesse a tutela suolo (es. solare termodinamico) e risorse idriche. Serve poi prevedere la non finanziabilità di impianti solari termodinamici su suolo agricolo, se non gestiti da imprenditori agricoli, che abbiano la quasi totale disponibilità dell’area necessaria

Ancora, è necessario giungere al più presto alla definizione dei criteri per la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica di un residuo come sottoprodotto; ma serve anche definire modifiche al DM 7 aprile 2006, anche per disciplinare l’utilizzazione agronomica del digestato proveniente da impianti di biogas, e consentire l’ uso olio vegetale puro come carburante agricolo, senza limiti.

Nell’ambito della certificazione obbligatoria degli oli vegetali puri ai fini del loro impiego, va assicurata la compatibilità dei costi della certificazione per le imprese agricole, il mantenimento degli attuali livelli incentivanti per biomasse e biogas, specie per piccoli impianti gestiti dagli agricoltori e, nell’ambito di una eventuale ri-modulazione degli incentivi elettrici, oltre che mantenere fermi i criteri già definiti nel D.lgs.28/11 e nel DM 6 luglio 2012, con particolare riguardo alla differenziazione degli incentivi in funzione della tipologia di biomassa, delle taglie di impianto e delle preferenze/priorità da assicurare ad impianti gestiti direttamente dalle imprese agricole.

Per quanto riguarda l’incentivazione del biometano, gli incentivi, in coerenza con quelli previsti per il settore elettrico, devono tenere conto della priorità di incentivare la filiera zootecnica a monte e non soltanto gli impianti di produzione a valle (il biometano è, di fatto, l’estensione della filiera del biogas). Sulla base del testo della versione attualmente circolante, il decreto, infatti, rischia di non costituire un’opportunità per il settore agricolo nella misura in cui, per quanto riguarda il biometano utilizzato nei trasporti, incentiva esclusivamente il soggetto a valle della filiera, mentre, per il biometano immesso nelle reti di trasporto e distribuzione del gas naturale, non stabilisce, come invece è avvenuto per gli incentivi elettrici, alcuna differenziazione volta a valorizzare l’impiego delle biomasse residuali di origine agricola (reflui zootecnici), in base a criteri di maggiore sostenibilità ambientale e di efficienza energetica.

Nel settore dell’energia termica è necessario fare in modo che gli incentivi possano costituire uno stimolo per il recupero della gestione forestale, favorendo la filiera bosco-legno-energia. L’attuale normativa, infatti, non risponde a tale necessità e rischia di non condurre ai risultati attesi.

Infine, vanno modificati gli strumenti normativi esistenti affinché, anche nel campo dell’efficienza energetica, si tenga nella giusta considerazione il contributo del settore agricolo. Oltre alla predisposizione di ulteriori schede per l’accesso ai certificati bianchi, il sistema andrebbe rivisto anche in funzione di alcune specificità del settore, molte delle quali accumunabili con quelle delle piccole e medie imprese in generale. L’attuale sistema di incentivazione dell’efficienza energetica attraverso i certificati bianchi, infatti, risulta ritagliato sulle caratteristiche del settore industriale e non risulta rispondente ai fini della diffusione di interventi di efficientamento energetico in agricoltura.

Tra i principali fattori limitanti, si ravvisa, ad esempio, la mancanza della definizione di modalità atte a disciplinare il rapporto tra i destinatari dell’incentivo (Esco, ecc) e i soggetti che effettivamente sostengono gli investimenti per il miglioramento dell’efficienza energetica. Anche le taglie minime, necessarie al conseguimento del diritto ai certificati, rappresentano un ostacolo per l’accesso a questo sistema da parte delle imprese agricole di piccola e media dimensione. Da ultimo, oltre alla mancanza di una armonizzazione tra i diversi incentivi destinati all’efficienza energetica (certificati bianchi, decreto termico, detrazioni fiscali), si segnalano le difficoltà legate alla cumulabilità di queste misure rispetto ad altri sostegni nazionali, a cui di solito accedono le imprese agricole.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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