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L’Italia verso Rio+20: buone pratiche per uno sviluppo sostenibile

Con la Risoluzione Res/64/236 del 23 dicembre 2009, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stabilito di organizzare nel 2012 la conferenza sullo sviluppo sostenibile (Uncsd), denominata anche Rio+20, in quanto cadrà a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro Unced del 1992.
 
La Conferenza che si svolgerà dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro avrà due temi principali. Il primo è l’economia verde (Green Economy) nel contesto dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà, da intendersi come transizione verso un sistema economico (adattato al contesto nazionale), che non sia solo un miglioramento ambientale, riducendo le minacce globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali ma anche al  tempo stesso promozione del benessere sociale ed economico. 

L’altro è la promozione di in quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile, come riferimento al sistema di governance globale per lo sviluppo sostenibile, includendo le istituzioni incaricate di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile attraverso i suoi tre pilastri: sociale, ambientale ed economico.

Nell’ambito del Forum tenutosi il 10 gennaio 2012 presso la facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza di Roma, si è dibattuto circa le buone pratiche da porre in essere per garantire uno sviluppo sostenibile.

Dal confronto,  tra esperti è emerso che il quadro complessivo rispetto alla Conferenza del 1992 è molto cambiato, ma purtroppo in negativo. Si registra, infatti, con la crisi economica globale un aumento del debito pubblico dei singoli Stati, una grande contrazione dei consumi ed un aumento della povertà.

Inoltre, dopo circa 20 anni di dibattito ed accordi internazionali  rispetto al problema del cambiamento climatico, la situazione anziché migliorare è decisamente peggiorata, in quanto le emissioni sono in crescita del 45%  e se non si mettono in campo subito contromisure efficaci, l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi  sarà impossibile da raggiungere.

L’Ocse nel 2011 ha prodotto una Strategia per la crescita verde, nell’ambito del quale sono indicati due tipi d’intervento essenziali. Il primo comprende politiche di ampia applicazione, capaci di rafforzare sia la crescita economica che la conservazione del capitale naturale.

Si tratta di strumenti fiscali e normativi, come le misure di politica fiscale e di concorrenza, che, se ben progettate e portate a termine, permettono una allocazione più efficiente delle risorse. È questa l’agenda abituale della politica economica, assieme alla consapevolezza di portare beneficio anche all’ambiente. Si auspica, inoltre, l’inclusione delle politiche per l’innovazione in questo tipo di interventi.

Il secondo include politiche capaci di incentivare l’uso efficiente delle risorse naturali e di rendere più costoso l’inquinamento. Tali politiche comprendono un mix di strumenti di mercato, come ad esempio le tasse ambientali, e di strumenti non di mercato, come le normative, le politiche di appoggio tecnologico e gli approcci volontari.

Qualunque sia il contesto nazionale, l’attribuzione di un prezzo all’inquinamento o allo sfruttamento eccessivo di risorse naturali rare, attraverso meccanismi quali imposte o sistemi di permessi negoziabili, dovrebbe essere un elemento centrale del mix di politiche. I meccanismi di prezzo tendono a ridurre i costi sostenuti per raggiungere un determinato obiettivo e forniscono incentivi per incrementare ulteriormente l’efficienza e l’innovazione.

Secondo l’Ocse, un maggiore uso delle tasse ambientali può giocare un ruolo importante nelle riforme fiscali orientate alla crescita economica, poiché potrebbe aiutare a ridurre le distorsioni introdotte sia dalle imposte sul reddito personale e societario sia dai contributi sociali. Anche le tasse sui prodotti energetici e sulle emissioni di anidride carbonica possono costituire parte di un più ampio pacchetto di consolidamento fiscale, offrendo un’interessante alternativa a tasse più elevate sul lavoro o sul reddito societario o a tagli della spesa pubblica.

Tuttavia, non tutte le situazioni si prestano a essere gestite con strumenti di mercato. In alcuni casi, una normativa ben progettata, politiche attive di supporto tecnologico e approcci volontari potrebbero rivelarsi più appropriati per affiancare tali strumenti. Inoltre, in numerose situazioni, la capacità di risposta delle imprese e dei consumatori ai segnali inviati dalla politica dei prezzi può essere rafforzata da misure informative che evidenzino le conseguenze dei danni ambientali causati da attività specifiche, nonché la disponibilità di alternative più pulite.

In sostanza, dice l’Ocse “le decisioni di politica economica prese oggi devono essere più lungimiranti, dal momento che i modelli di crescita e i cambiamenti tecnologici tendono a servirsi gli uni degli altri creando, in tal modo, una dipendenza dal percorso seguito e da vincoli tecnologici e istituzionali. Non bisogna dimenticare che gli impatti ambientali sono cumulativi e talvolta irreversibili. Agendo sin da oggi per evitare esiti sfavorevoli, irreversibili o addirittura catastrofici, potremmo pagare un minor dimenticare che gli impatti ambientali sono cumulativi e talvolta irreversibili. Agendo sin da oggi per evitare esiti sfavorevoli, irreversibili o addirittura catastrofici, potremmo pagare un minor prezzo in termini economici domani”.
In vista dell’appuntamento di RIO+20,  l’Istat ha avviato un  progetto per misurare il benessere equo e sostenibile, nato da un’iniziativa congiunta con il Cnel,  che si inquadra nel vivace dibattito internazionale sul cosiddetto “superamento del Pil”, stimolato dalla diffusa convinzione che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico, ma anche sociale e ambientale, corredati da misure di diseguaglianza e sostenibilità.

E’ stato creato su Internet un sito http://www.misuredelbenessere.it/ , nell’ambito del quale tutti possono offrire il proprio contributo in termini di proposte, che riporta strumenti d’informazione sul progetto e consente a cittadini, istituzioni, centri di ricerca, associazioni, imprese di definire “che cosa conta davvero per l’Italia”.
Sono state individuate 12 dimensioni del benessere:ambiente, salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni.

Nell’ambito del Forum è stato fatto notare all’Istat che occorre introdurre un’altra voce che è quella dell’agricoltura e dell’alimentazione in quanto è dal settore primario che occorre partire se si vuole garantire davvero uno sviluppo sostenibile. L’agricoltura, infatti, è in grado, grazie alla Politica Agricola Comunitaria, di garantire produzioni di alta qualità ottenute con processi di produzione a basso impatto ambientale e che valorizzano la biodioversità, nonché tramite le biomasse può fornire fonti energetiche rinnovabili.

Ciò che è emerso dal Forum è che oggi i paesi occidentali non hanno ancora percepito l’importanza di garantire un modello di sviluppo sostenibile nell’ambito della programmazione dei propri interventi economici,  così come non si stanno ponendo l’obiettivo di promuovere una nuova cultura di gestione d’impresa che inserisca la sostenibilità tra gli elementi caratterizzanti la propria attività aziendale.

In sostanza l’ambizione è quella di far sì che si possa uscire dalla crisi economica globale promuovendo un modello di sviluppo diverso da quello utilizzato in passato, attento ad una gestione ottimale delle risorse ambientali, affinché le generazioni future possano contare non solo sulla salvaguardia del pianeta, ma anche su un tenore di vita migliore di quello attuale.

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