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Lo studio: il biologico dà benefici ambientali ma non può sfamare il mondo

Numerose pubblicazioni hanno enfatizzato la necessità di avere maggiori cambiamenti nel sistema alimentare globale: l’agricoltura deve rispondere alla doppia sfida di nutrire un popolazione crescente che nel 2050 potrebbe raggiungere i 9 miliardi di persone, con una domanda in aumento di carne e cibi ad alto contenuto calorico e, allo stesso tempo, minimizzare l’impatto ambientale. Il metodo di produzione biologico sembrerebbe rispondere ad ambedue gli scopi ed è spesso proposto come soluzione a tale problema.

Tuttavia, chi contesta questa possibile soluzione evidenzia come l’agricoltura biologica abbia spesso rese più basse e, quindi, richieda maggiori estensioni di terre coltivabili per produrre la stessa quantità di cibo rispetto a quanto avviene con l’agricoltura convenzionale. Ciò determinerebbe una maggiore deforestazione e perdita di biodiversità con un’ evidente riduzione dei benefici attesi, in termini ambientali, dal metodo di produzione biologico.

Lo studio pubblicato su Nature, in questi giorni,  effettua un’analisi comparativa delle rese relative al metodo di produzione biologico e a quello convenzionale: si tratta di una meta-analisi e, cioè, un’ analisi statistica di tutti gli studi di qualità pubblicati in precedenza raggruppati come se fossero una unica grande ricerca. È il medesimo approccio, impiegato alcuni anni fa, per stabilire se vi fossero differenze in termini nutrizionali, tra alimenti biologici e convenzionali, che produsse una risposta sostanzialmente negativa che deluse quanti si attendevano un diverso riscontro.

Lo studio attuale  dimostra che le rese ottenute in agricoltura biologica sono in genere più basse rispetto a quelle dell’agricoltura convenzionale. Le differenze di resa sono in alcuni casi più alte, a seconda del sistema e del luogo  di produzione. Mediamente si registra una resa inferiore del 5% (ad es. per i legumi e le colture perenni su suoli  da leggermente acidi a leggermente alcalini), il 13% più bassa quando sono usate le migliori pratiche biologiche ed addirittura il 34% quando si parla di colture come i cereali .

Gli autori dell’articolo affermano che "Anche se le rese sono solo uno dei vari benefici ecologici, sociali ed economici forniti da un particolare sistema di produzione agricola, è ampiamente accettato che avere alte rese sia un aspetto centrale per la sicurezza alimentare sostenibile su una superficie agricola limitata".

In alcune condizioni, grazie alle buone pratiche agricole, alcuni tipi di colture e in condizioni di crescita specifiche, le rese ottenibili dal metodo di produzione biologico possono equiparare quelle dell’agricoltura convenzionale, ma più spesso ciò non è possibile. Per stabilire se l’agricoltura biologica può essere uno strumento importante per garantire un’alimentazione sostenibile occorre valutare se i fattori limitanti le rese possono essere compensati dai benefici sociali, ambientali ed economici che apporta tale metodo di produzione.

In particolare, se le rese medie per la frutta biologica rappresentano solo il 3% in meno di quella convenzionale e l’11% in meno per i semi oleosi, i cereali e gli ortaggi bio, invece,  hanno una riduzione media di rese del 26% e 33% rispettivamente. I ricercatori ritengono che almeno in parte questi cali di rese si possano spiegare con una minore disponibilità di azoto e di fosforo, specialmente in alcuni tipi di terreni. In particolare, lo studio evidenzia che spesso le coltivazioni biologiche sembrano non ricevere abbastanza fosforo da rimpiazzare quello perso con il raccolto, anche se sono necessarie altre sperimentazioni, per confermare queste ipotesi.

Distinguendo i paesi con agricoltura avanzata da quelli poveri e in via di sviluppo i ricercatori trovano che nei paesi industrializzati l’agricoltura biologica rende il 20% in meno, mentre nei paesi poveri e in via di sviluppo le rese sono ridotte addirittura del 43%. La ragione di una così grande differenza di resa nei paesi non industrializzati, spiega l’articolo, è dovuto al fatto che negli studi considerati nella meta-analisi le rese dell’agricoltura convenzionale erano spesso relative a coltivazioni irrigate o in stazioni sperimentali di ricerca e quindi molto più alte della media. Nei pochi casi in cui il confronto tra le due tipologie di coltivazioni è stato fatto in condizioni "tipiche" di un luogo, le rese non avevano differenze statisticamente significative (tra l’8% e il 13% in meno), ed erano basse entrambe.

Risultati analoghi sono emersi un altro studio, recentemente pubblicato, The crop yield gap between organic and conventional agricolture (Agricultural Systems, Volume 108, April 2012, Pages 1-9) dal quale emerge che le rese della produzione biologica sono state stimate mediamente il 20% inferiori rispetto all’agricoltura convenzionale. Pertanto, secondo lo studio pubblicato su Nature,  le differenze di resa tra agricoltura biologica e convenzionale esistono, ma che sono altamente dipendenti dal contesto

Questi risultati suggeriscono che in alcuni casi i sistemi di produzione biologica oggi possono avere rese quasi simili ai sistemi convenzionali, con particolari tipi di coltura, condizioni di crescita e l’uso delle migliori pratiche agricole, ma spesso non lo fanno. Miglioramenti tecnici che correggano i fattori che limitano le rese nell’agricoltura biologica e/o la sua adozione in quelle condizioni agroecologiche dove si comporta al meglio possono essere in grado di ridurre la disparità tra le rese dei due sistemi.

Le rese sono solo una parte di una serie di fattori economici, sociali e ambientali che devono essere presi in considerazione nel misurare i benefici dei diversi sistemi di coltivazione. Nei paesi industrializzati la questione centrale è se i benefici ambientali della produzione biologica compensino i costi della riduzione della produttività (in termini ad esempio di prezzi del cibo più alti ed esportazioni di cibo ridotte).

Sebbene diversi studi abbiano suggerito che l’agricoltura biologica possa avere un impatto ambientale ridotto rispetto all’agricoltura convenzionale, le prestazioni ambientali dell’agricoltura biologica per unità di output o di input potrebbero non essere sempre vantaggiose. Nei paesi in via di sviluppo una questione chiave è se l’agricoltura biologica possa contribuire ad aumentare il reddito dei piccoli agricoltori soprattutto nelle aree marginali e aumentarne la sicurezza alimentare.

Da un lato, è stato suggerito che l’agricoltura biologica possa migliorare i redditi degli agricoltori a causa della minor costo degli input, prezzi più stabili e più alti, e una diversificazione del rischio. D’altra parte, l’agricoltura biologica nei paesi in via di sviluppo è spesso orientata all’export, legata ad un processo di certificazione da parte di organismi internazionali, e la sua redditività può variare da un luogo all’altro e nel tempo.

In sostanza, lo studio dimostra che l’agricoltura biologica può essere utilizzata efficacemente in alcuni casi, ma non in altri, e che se estesa, come viene spesso auspicato da alcuni, in modo generalizzato, avrebbe un impatto sull’ambiente e sulla biodiversità negativo e contrario proprio alla filosofia stessa di tale metodo di produzione, visto che richiede un maggior utilizzo di terreni agricoli necessari per la coltivazione soprattutto dei cereali e degli ortaggi.

A fronte delle conclusioni di questo autorevole studio, sarebbe opportuno abbandonare la sterile querelle che contrappone l’agricoltura biologica a quella convenzionale ed individuare nell’interesse comune, soluzioni complementari  o alternative stabilendo a seconda dei diversi contesti territoriali,  quale sistema di produzione agricolo possa produrre  i migliori risultati sia dal punto di vista delle rese che dell’impatto ambientale, senza pregiudizi ideologici, ma valutando attentamente  i costi e i benefici delle diverse opzioni.

In sostanza, nell’ambito di un modello di agricoltura sostenibile è opportuno ricorrere a tecniche diverse – inclusa l’agricoltura biologica, quella convenzionale e anche sistemi in cui siano presenti le caratteristiche dell’uno e dell’altro metodo – per produrre la quantità di alimenti necessari a soddisfare  la domanda mondiale, a prezzi accessibili, garantendo il giusto reddito per gli agricoltori e limitando l’impatto  ambientale.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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