il Punto Coldiretti

Manifesto grandi carnivori, l’Ue dimentica l’agricoltura

Il Presidium del Copa, l’organizzazione degli agricoltori europei, si è riunito per votare il Manifesto della Commissione Ue sui grandi carnivori, dall’orso al lupo, ma le Organizzazioni agricole, tra cui Coldiretti, degli Stati membri nei quali ci sono rilevanti problemi di convivenza tra tali specie e l’agricoltura hanno espresso, in maggioranza, la necessità di rivederne i principi. Il Copa ha, quindi, chiesto alla Dg Ambiente della Commissione di riformulare i contenuti del manifesto sulla base di quanto emerso dal confronto. Il documento, se opportunamente modificato dall’organismo comunitario, sarà dunque riesaminato dal Copa ad aprile, quando deciderà se approvarlo o meno.

L’Unione europea si sta ponendo come obiettivo la protezione e la gestione dei grandi carnivori europei, in considerazione del fatto che uno stato di conservazione soddisfacente per queste specie può essere raggiunto efficacemente soltanto attraverso una forte cooperazione tra i Paesi, un approccio di gestione del livello di popolazione ed un dialogo diffuso con le parti interessate.

Proprio per questo, lo scorso anno, la Direzione Generale Ambiente della Commissione europea ha lanciato una nuova iniziativa per i Grandi Carnivori con lo scopo di incoraggiare un dialogo attivo con tutte le parti interessate ed esplorare le modalità di promozione della coesistenza fra uomo e grandi carnivori in Europa. Questo processo si basa sui risultati di iniziative precedenti, come ad esempio la Guida sulla gestione del livello di popolazione dei grandi carnivori del 2008 o l’iniziativa per i grandi carnivori per l’Europa. Sono anche considerate le esperienze positive dei progetti Life e l’iniziativa europea per la caccia sostenibile del 2004.

Come primo passo di questo processo, la Dg Ambiente ha ospitato a Bruxelles il 25 gennaio 2013 un seminario che ha visto la partecipazione di più di 80 rappresentanti dei più vari interessi (allevatori di bestiame e di renne, cacciatori, proprietari terrieri, ambientalisti, biologi esperti di conservazione, gruppi per il benessere animale, politici, amministratori e giornalisti).

La parte principale del seminario è stata dedicata a piccoli gruppi di discussione nei quali i vari rappresentanti sono stati chiamati ad esprimersi su tre questioni chiave: la visione per il futuro dei paesaggi rurali, i principali ostacoli al raggiungimento di questa visione e proposte per superarli. Il metodo di confronto per “visioni” (detto visioning) è ritenuto utile a generare idee ed identificare i principali interessi dei partecipanti.

Per contribuire ulteriormente alla discussione sono stati forniti diversi studi e documenti. La Dg Ambiente è ora impegnata su diversi fronti per dare un seguito ai risultati del seminario. Prima di tutto è in corso la preparazione di quattro Piani di Azione per l’orso, la lince, il lupo e il ghiottone che prenderanno in considerazione le dimensioni sociali ed economiche della conservazione dei grandi carnivori e gli aspetti particolari di ciascuna popolazione. Le bozze di questi piani sono in fase di discussione.

Inoltre, saranno realizzate quattro iniziative pilota per testare vari meccanismi di risoluzione dei conflitti riguardanti diverse popolazioni di grandi carnivori. Queste azioni pilota saranno finalizzate al coinvolgimento delle parti interessate nel compimento di determinate azioni volte alla risoluzione di conflitti reali in contesti specifici. Infine, saranno intensificate le attività di comunicazione che includeranno una campagna mediatica per attirare l’attenzione sul destino dei grandi carnivori nell’Unione europea e per garantire una presentazione adeguata del dibattito sulla stampa nazionale ed europea.

La presenza di grandi carnivori nelle aree rurali è frutto di alcuni mutamenti, avvenuti in tali aree, ai quali hanno contribuito, in parte le misure di conservazione delle amministrazioni locali e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, da parte di alcune associazioni. La diffusione sul territorio dei grandi carnivori è il risultato di programmi di reintroduzione, progetti e iniziative promosse da diversi soggetti tra quali gli Enti parco, che non hanno, in assenza di partecipazione e di adeguato coinvolgimento delle popolazioni e delle categorie direttamente interessate, adeguatamente valutato gli impatti sulle attività tradizionali agro-silvo-pastorali esercitate in ambito montano e collinare. Almeno in Italia, infatti, il ritorno dei grandi carnivori è avvenuto in assenza di politiche mirate di gestione della presenza di tale fauna sul territorio con la naturale conseguenza del porsi di un problema serio di convivenza con le attività agricole non solo zootecniche, ma anche  apicoltura e frutticoltura.

L’aumento della presenza dei grandi carnivori è al tempo stesso conseguenza, ma anche causa dei processi di abbandono dello spazio agro-silvo-pastorale e di aggravio delle difficoltà connesse all’esercizio delle attività tradizionali costrette a confrontarsi con sfavorevoli tendenze di mercato, vincoli burocratici e politiche agricole che non tengono in adeguata considerazione la specificità di questi ambiti. L’impatto dei grandi carnivori induce in particolare l’abbandono di vaste estensioni di pascoli riducendo la biodiversità e determinando conseguenze negative sul piano delle protezione idro-geologica e della prevenzione degli incendi boschivi.

La contrazione delle attività zootecniche estensive e pastorali porta con sé il rischio di estinzione di numerose popolazioni autoctone di animali domestici a limitata diffusione per i quali è previsto un preciso impegno di tutela sulla base dell’adesione dell’Italia e della Ue alla Convenzione per la biodiversità.

Il manifesto proposto dalla Commissione Ue sulla coesistenza dei grandi carnivori non è stato condiviso da Coldiretti in quanto in   nessuno dei quattro punti viene fatta menzione della necessità di individuare idonee misure per la coesistenza nelle aree rurali tra l’attività agricola e la presenza di tali specie oggetto di tutela, con particolare riferimento al lupo, che in Italia, ma anche in altri paesi, è la specie che sta creando maggiori problemi.

In merito, al primo punto che fa riferimento alla direttiva Habitat si osserva che se tale provvedimento è lo strumento giuridico più appropriato per garantire la conservazione e la gestione dei grandi carnivori dall’altro lato, non offre attualmente agli agricoltori gli strumenti per essere compensati dei danni che questi subiscono dalla presenza dei grandi carnivori. Oltretutto le organizzazione agricole europee da tempo chiedono che la direttiva possa essere rivista lasciando maggiore flessibilità agli Stati membri rispetto agli aspetti tecnici riportati negli allegati della direttiva (relativi alle specie oggetto di misure di conservazione/protezione/gestione).

Anche per quanto riguarda il punto 3 del manifesto nella quale si propone l’accettazione della necessità di un dialogo costruttivo tra le parti interessate è di estrema vaghezza e non menziona le organizzazioni agricole come parti prioritariamente interessate a risolvere i conflitti legati alla presenza dei grandi carnivori ed alla necessità di individuare idonee misure di prevenzione e risarcimento dei danni.

In sostanza, il manifesto si pone come un’enunciazione di principi diretti esclusivamente a tutelare la sopravvivenza della specie dei grandi carnivori senza minimamente accennare alla pressione socio economica che tali animali creano nelle aree agricole e alla necessità di conciliare le due esigenze. Né tanto meno si profila come obiettivo di carattere generale quello di individuare soluzioni di prevenzione e risarcimento dei danni che siano diverse dagli interventi ipotizzabili nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale.

Il Manifesto non costituisce quindi un documento di partenza condivisibile che possa essere una base comune per avviare nella Piattaforma che la Dg Ambiente intende costruire, a metà giugno, un dialogo costruttivo tra le parti.

Oltretutto trattandosi di un documento non emendabile a maggior ragione si ritiene di dover esprimere un parere negativo in toto. Il Manifesto avrebbe invece dovuto prevedere: la necessità di individuare più incisive misure di prevenzione e di mitigazione degli attacchi e un più adeguato risarcimento di tutti i danni diretti e indiretti subiti; il coinvolgimento, in tutte fasi di elaborazione e di gestione degli interventi di gestione dell’impatto dei predatori, anche di rappresentanti e tecnici espressione delle categorie interessate, correggendo una situazione attuale che vede le gestione della materia affidata ai soli soggetti interessati alla tutela dei predatori; la programmazione scientifica della consistenza dei popolamenti sui territori.

Coldiretti sta seguendo con estrema attenzione la tematica che rientra nella più grande problematica dei danni da fauna selvatica rispetto ai quali il disagio delle imprese agricole per la mancanza di adeguati strumenti di prevenzione e risarcimento, ingenerando perdite di reddito che non sono ammissibili. La tutela della conservazione delle specie non deve infatti entrare in conflitto con l’attività agricola non solo per ragioni di ordine economico ma anche perché l’abbandono di tale attività determina effetti negativi sull’ambiente e, quindi, tutti i fattori che possono indurre in crisi le aziende agricole devono essere adeguatamente risolti al fine di garantire lo sviluppo delle aree rurali e il mantenimento degli habitat.

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