il Punto Coldiretti

Mercato delle sementi e dei fitofarmaci, il senato avvia un’indagine conoscitiva

La XIII Commissione Agricoltura della Camera ha avviato un’indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci.  Nell’ambito dell’audizione, Coldiretti ha evidenziato come le filiere agroalimentari, si basano prima di tutto sulle sementi: cuore di un economia agricola plurale e differenziata, come quella italiana http://www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Agrofarmaci/Documents/audizione%20parlamentare%20%2014%20dicembre%202010_def%20Gusmerotti.pdf).

Proprio per questo, è indispensabile conoscere le condizioni in cui il relativo mercato si sviluppa. Siamo convinti che anche da tali dinamiche si possano apprendere le ragioni della enorme riduzione della base genetica e della diversità genetica delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura. Ci si riferisce, in particolare, al posizionamento delle imprese che operano nel settore, rispetto alle quali è necessario verificare, mediante approfondite indagini conoscitive, l’eventuale caratterizzazione in senso oligopolista. Ciò, in aggiunta alle cause considerate tipicamente come le determinanti di tale fenomeno, quali: l’urbanizzazione, il disboscamento, la pressione demografica, il degrado ambientale ed il cambiamento delle pratiche agricole.

I dati a disposizione, infatti, indicano come, a livello internazionale, dall’inizio del ventesimo secolo, tre quarti della diversità genetica delle principali colture agrarie sia scomparsa. Attualmente, solo 150 specie vegetali risultano coltivate, 12 delle quali forniscono approssimativamente il 75% della nostra alimentazione e 4 di esse (riso, mais, grano e patata) producono più della metà del cibo consumato dall’uomo. Anche in Italia, la diversità genetica vegetale ed animale per l’alimentazione subisce un degrado continuo, basti pensare che sono considerate a rischio di estinzione ben 1.500 varietà di frutta. Un altro esempio indicativo riguarda il frumento: alla fine del secolo scorso si stima che in Italia ne esistessero oltre quattrocento varietà, mentre agli inizi degli anni novanta otto varietà di frumento costituivano l’80% del seme. Non si deve trascurare, poi, che analoghe preoccupazioni riguardano le varietà animali.

D’altra parte, la perdita di queste risorse diminuisce le possibilità di scelta degli agricoltori, che traggono dalle sementi, proprio, una espressione della propria libertà imprenditoriale. A questo proposito, si osserva come, seppur la diversità di risorse presenti nelle imprese agricole sia ancora gestita e documentata, per lo più, in maniera inadeguata, la consapevolezza in ordine al contributo che può dare alla sicurezza alimentare locale stia gradualmente aumentando.

Per tutti questi motivi devono essere prodotte e messe in circolazione sementi che siano realmente diversificate (non solo nel nome), ampliando la base genetica.

Il secondo Rapporto sullo Stato delle Risorse fitogenetiche mondiali per l’alimentazione e l’agricoltura, redatto dalla Fao nel 2010, evidenzia, ad esempio, come il commercio internazionale delle sementi sia dominato da cinque compagnie che rappresentano il 30% circa del mercato globale. Anche il mercato delle sementi transgeniche è cresciuto, passando da 280 milioni di dollari americani nel 1996 a 7 bilioni nel 2007. Mentre, gli investimenti del settore pubblico nella produzione di sementi sono diminuiti in maniera significativa.

Per quanto stia aumentando, dunque, il riconoscimento dell’importanza del ruolo dei sistemi informali delle sementi nel mantenere la biodiversità agricola, occorrono maggiori sforzi a sostegno delle produzioni locali, per il miglioramento dell’accesso a sementi di qualità e per lo sviluppo dell’imprenditoria a piccola scala.

Inoltre, lo sviluppo delle piante e la produzione di semi sono sempre più isolate l’una dall’altra, sebbene un uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e agricoltura può essere realizzato solo mediante un pieno coordinamento tra la ricerca sulle coltivazioni, la produzione di semi ed un effettivo sistema di distribuzione agli agricoltori.

A tali fini occorrono strategie nazionali integrate per la gestione di queste risorse, che richiedono il rafforzamento del legame tra gli stakeholders coinvolti nella conservazione, nel miglioramento genetico, nella produzione e nella distribuzione di sementi; il miglioramento della formazione e delle opportunità educative per rafforzare i programmi nazionali in materia, soprattutto sugli aspetti normativi e politici; il coordinamento tra i finanziamenti delle diverse azioni praticabili.

Alcuni strumenti per favorire la diversificazione delle sementi sono già operativi. Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, entrato in vigore nel 2004, pone l’accento sulla speciale natura di tali risorse, sulle peculiarità delle loro caratteristiche e sulla necessità di risolvere con soluzioni specifiche i problemi particolari che esse presentano.

Per quanto riguarda la programmazione nazionale in materia, nel 2008, è stato adottato il Piano Nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo, da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, mentre  la Strategia nazionale per la biodiversità, predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è stata approvata l’8 ottobre 2010. Ambedue i piani  contengono misure utili in materia di risorse genetiche.

Coldiretti ha evidenziato come la conservazione e il miglioramento delle risorse genetiche vegetali in situ e in azienda dipenda, dalla possibilità effettiva di utilizzare tali risorse in modo duraturo e richiede norme che permettano la commercializzazione di materiali genetici diversificati. Il quadro giuridico di riferimento, deve, perciò consentire la commercializzazione di varietà provenienti dalla conservazione in situ e non incluse negli elenchi ufficiali delle sementi, che si fondano sui criteri di conformità DUS (carattere distintivo, uniformità e stabilità).

Occorre, cioè, consentire la coltivazione e la commercializzazione di sottospecie indigene e varietà che si sono adattate naturalmente alle condizioni locali e regionali e che sono minacciate dall’erosione genetica, proprio per garantire l’uso sostenibile di tali risorse. In tal senso, per tutelare le varietà da conservazione, ossia quelle dotate di determinate caratteristiche, a partire da un legame tra risorsa genetica, storia e territorio, l’Italia ha disciplinato, con decreto ministeriale del 18 aprile 2008, le condizioni per la commercializzazione di sementi di varietà da conservazione. Queste, dopo essere state iscritte in una apposita sezione del Registro nazionale delle varietà di specie agrarie e ortive, possono essere commercializzate in modiche quantità, mediante vendita diretta da parte dei produttori e soltanto in ambito locale.

Di importanza strategica sono i Piani di Sviluppo Rurale che devono prevedere, in maniera strutturale, misure idonee a favorire l’uso, da parte degli imprenditori agricoli, della diversità genetica in agricoltura. Infatti, oltre a quanto già stabilito, come, ad esempio, dalla misura 214 dei pagamenti agro ambientali – che prevede la possibilità di sostenere le risorse genetiche, sia vegetali (in particolare, quelle naturalmente adattate alle condizioni locali e regionali e minacciate di erosione genetica) che animali – servono interventi capaci di garantire una maggiore diffusione ed efficacia delle azioni volte a tutelare la diversità genetica agricola ed a garantirne un uso sostenibile. A questo proposito si vuole evidenziare come l’analisi dei pagamenti agroambientali riveli, proprio, una grave scarsità di azioni specificamente finalizzate alla conservazione delle specie selvatiche e dei loro habitat previste dalla misura 214.

Infine è utile segnalare che in materia di tutela delle risorse genetiche autoctone, alcune Regioni, tra cui, la Campania, il Lazio, le Marche, il Piemonte, la Toscana, il Veneto, l’Umbria, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna hanno emanato disposizioni specifiche.

Per quanto riguarda i prodotti fitosanitari, nell’ambito dell’audizione parlamentare Coldiretti ha sottolineato come i dati mostrino che l’Italia sia un Paese particolarmente virtuoso, in quanto fortemente orientato ad un loro uso sostenibile.

Il Rapporto Istat sulla distribuzione per uso agricolo dei prodotti fitosanitari, pubblicato nel 2010, evidenzia che, nel decennio 1999-2009 la quantità di prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo (che nel 2009 ammonta 147,5 mila tonnellate) è diminuita complessivamente di 10,7 mila tonnellate (6,8%). In particolare, segnano un andamento in calo i fungicidi (13,1%), gli insetticidi e acaricidi (23,2%) e gli erbicidi (3,2%). Il Rapporto mostra come i prodotti molto tossici e tossici si siano ridotti di oltre la metà (63,5%), mentre quelli non classificabili dell’8,4%. Nel decennio considerato diminuiscono anche i principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari complessivamente di 7,9 mila tonnellate (9,6%). Risultano, invece, in forte crescita i prodotti di origine biologica, che passano da 68,9 a 410,6 tonnellate, mentre le trappole salgono da 601 mila a 863 mila unità. La diffusione dei prodotti di origine biologica e delle trappole rappresenta il segmento più innovativo della distribuzione, anche se le quantità immesse al consumo risultano ancora di entità limitata.

E’ possibile affermare come il calo generalizzato dei quantitativi impiegati di agrofarmaci, specialmente tossici e molto tossici, sia dovuto, soprattutto, all’utilizzo di buone pratiche agronomiche – incentivate dalle misure agro-ambientali dei Piani di Sviluppo Rurale – che si fondano sul minor utilizzo di mezzi tecnici chimici nelle coltivazioni agricole. In generale, comunque, le moderne tecniche agronomiche e gli indirizzi di politica comunitaria tendono a ridurre le quantità di prodotti fitosanitari impiegate nelle coltivazioni, dando priorità sia alla difesa delle piante mediante metodi di lotta integrata e biologica, sia al mantenimento delle caratteristiche qualitative delle produzioni agricole.

Inoltre, occorre ricordare che, come evidenziato dai dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della salute, rispetto alla presenza di residui di fitofarmaci negli alimenti, l’Italia sia al primo posto in Europa per l’efficienza del sistema di controllo, che ha consentito, dal 1993 al 2009, di ridurre il numero di campioni irregolari dal 5% allo 0,8%. Infatti, il 99,2% dei campioni ortofrutticoli analizzati nel 2009 risulta assolutamente sicuro, in quanto rispettoso dei parametri di legge (62,5% a residuo zero e 36,7% con residui entro il limite di legge, su 4595 campioni analizzati). Tali risultati classificano l’Italia nettamente al di sotto della media europea, che si attesta intorno ad un valore del 3% di campioni irregolari sul totale analizzato.

Tutto questo evidenzia come il modello di produzione agroalimentare nazionale si sia da tempo orientato verso un modello a basso impatto ambientale. Ciò nonostante, si ritiene che una indagine volta a comprendere le dinamiche del mercato dei fitosanitari, per comprendere, anche in questo caso, quali siano le caratteristiche delle imprese produttrici ed il loro posizionamento, possa essere senz’altro utile ai fini di una ricostruzione completa del sistema di riferimento in materia.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
2008 © Copyright Coldiretti - powered by BLUARANCIO S.p.A. | Redazione contenuti

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi