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Meteo, ecco gli effetti dell’andamento climatico nelle campagne

L’Inea ha pubblicato la nota trimestrale gennaio – marzo 2013 (leggi) sull’andamento climatico e le implicazioni in agricoltura. Un documento utile per capire quanto hanno inciso le condizioni meteo sulle produzioni agricole. Nei mesi invernali di gennaio e febbraio l’andamento meteorologico è risultato mediamente in linea con i valori climatici, ad esclusione delle precipitazioni, che hanno registrato significativi scarti dalla media 1971-2000 (+53 per cento a gennaio e +38 per cento a febbraio).

Nonostante l’elevato valore quantitativo delle precipitazioni rispetto alla media, la loro distribuzione ha, tuttavia, evidenziato aree con deficit pluviometrici nel Nord Ovest e nel settore alpino e prealpino centrale. In generale, le maggiori anomalie rispetto al clima sono state rilevate nel mese di marzo, con un +60 per cento di precipitazioni rispetto alla media di riferimento (dati Isac-Cnr) e con punte del +120-180 per cento nel Nord (Veneto +207 per cento, Friuli +190 per cento).

Le condizioni verificatesi in alcune aree hanno reso difficolto l’accesso ai campi, incidendo negativamente sulle operazioni di semina primaverile e su quelle di diserbo e di concimazione del frumento. A livello mondiale, Il mese di marzo ha manifestato un andamento invernale su gran parte dell’Europa, nella Russia occidentale, nel Nord della Cina e in Nord America. I dati della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) hanno confermato valori di 6-8°C inferiori alla media del periodo sul territorio europeo centro settentrionale, fino a -9-10°C nelle repubbliche baltiche e Russia. Le anomalie termiche sono risultate di entità inferiore in Spagna, Francia e Italia.

Con riferimento alle principali implicazioni nel settore agricolo e alimentare, nei primi due mesi dell’anno i maggiori disagi nel comparto, dovuti all’alternanza di periodi più miti e crolli repentini delle temperature, si sono avvertiti a causa del rallentamento della distribuzione dei prodotti freschi come ortaggi e latte, in ragione delle perturbazioni nevose che hanno interessato in particolare le regioni Liguria, Lombardia, Piemonte, Friuli, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio.

Un’altra conseguenza è stata l’aumento delle spese per il riscaldamento delle serre e delle stalle con aggravio dei costi produttivi. In Sicilia, nel Ragusano e nel Catanese in particolare, si sono registrate grandinate che hanno causato danni a serre e a colture in pieno campo.

Gli eventi precipitativi intensi, in particolare nel Centro Nord, hanno causato allagamenti estesi, condizioni di asfissia, in particolare nei terreni argillosi, e conseguenti alterazioni della germinabilità dei semi, mentre i cali delle temperature di febbraio hanno determinato condizioni di pericolo per le colture in pieno campo, come verze, spinaci, radicchio, carciofi e broccoli, a causa dell’arresto della crescita da congelamento.

Le condizioni perduranti di freddo e la frequenza delle ondate di maltempo che hanno caratterizzato marzo hanno aggravato ulteriormente alcune situazioni producendo estesi allagamenti, con effetti negativi soprattutto per le foraggere. Le condizioni hanno anche determinato rischi per gli alberi da frutto in fase di germinazione.

Le regioni maggiormente coinvolte dal maltempo sono state l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Friuli, dove, come già accennato, le operazioni colturali quali diserbo e concimazione e le attività di semina di patate, angurie, meloni, cipolle, ecc., in molte aree non sono state eseguite a causa dell’impossibilità di accedere al campo con i trattori.

Particolari difficoltà si sono avute anche nel Pesarese dove le piogge intense hanno determinato fenomeni di dissesto e smottamenti. In merito ai primi bilanci produttivi e alle previsioni sulle rese delle colture tipiche del periodo, alcuni risultati sono emersi dalle prime raccolte e alcune ipotesi sono state formulate osservando anche i condizionamenti e gli andamenti degli altri Paesi. In relazione ai dati e alle stime disponibili nei primi mesi del 2013, la produzione di mele nel 2012 evidenzia una contrazione del 15 per cento per la Golden Delicious, minore per Gala, Red Delicious e Fuji (dati Assomela).

Per le pere, il calo è stato del 34 per cento rispetto al 2011 (- 31 per cento in Europa). I risultati produttivi della campagna della barbabietola da zucchero  sono stati positivi nel contesto generale negativo delle colture a ciclo primaverile-estivo, con una superficie investita in aumento rispetto alle annate precedenti. I contratti già sottoscritti hanno indicato un aumento medio delle superfici a livello nazionale di oltre il 9 per cento (da 55.000 a 60.000 ettari), con un incremento del 15 per cento circa in Emilia e del 50 per cento nelle Centro Sud.

Altre colture, mais e soia in particolare, sono risultate fortemente penalizzate dall’andamento siccitoso del 2012, con sensibili diminuzioni di prodotto cui si è aggiunta l’oscillazione dei prezzi e le incertezze sui pagamenti dei prodotti per motivi di ordine sanitario. Ma vediamole nel dettaglio.

La produzione di mais ha conseguito risultati negativi in termini di quantità e qualità (sicurezza) a causa dell’andamento meteorologico estivo del 2012: una riduzione da circa 10 a 8 milioni di tonnellate, secondo peggior risultato degli ultimi 15 anni nonostante la superficie investita sia risultata stabile.  Il gran caldo ha determinato una diminuzione di rese a 8,4 t/ha (10 nel 2011) inserendosi in un contesto già difficile rappresentato anche dalla mancata introduzione di sementi più produttive.

Considerando, poi, la specializzazione territoriale della coltura, che vede al Nord più del 90 per cento della superficie investita, è difficile prevedere come questi dati negativi incideranno sulle scelte future; le previsioni per il 2013 stimano una diminuzione nel Nord Est (39 per cento), un incremento del Nord Ovest (53 per cento) e ancora un crollo al Centro (5 per cento) e al Sud (3 per cento).

Sul futuro raccolto del riso, il peso del taglio di oltre 10.000 ettari alle risaie della Lombardia, primo produttore italiano, con mezzo milione di quintali in meno di prodotto, delinea le prime stime delle intenzioni di semina: il 10-15 per cento delle superfici sarà destinata a soia e mais. Le quotazioni hanno subìto un crollo che, associato anche all’aumento dei costi del carburante e del lavoro e alla competizione sul mercato europeo di Paesi esportatori come Myanmar (ex Birmania) e Paraguay, hanno di fatto scoraggiato i principali produttori di riso italiani.

Dalle indicazioni provenienti sul comparto del frumento, a partire dalle valutazioni della semina e tenendo in considerazione le recenti condizioni meteorologiche, nel 2013 si dovrebbero attendere raccolti più cospicui a livello mondiale. Le prime stime elaborate dall’International grains council segnalano per la campagna 2013-2014 un incremento di produzione globale di frumento duro e tenero di circa il 4 per cento rispetto all’ultima campagna.

A livello europeo, lo stesso incremento è previsto per i cereali in generale (ad esclusione del riso) con una superficie investita a livello di Ue27 leggermente incrementata rispetto al 2012 (57 milioni di ettari). Diversa è invece la situazione negli Stati Uniti, dove si stima un calo dell’8-9 per cento per le produzioni di frumento pur a fronte di un leggero incremento delle superfici investite.

Migliore sembrerebbe la proiezione del Canada, dove i quantitativi di frumento potrebbero incrementare del 5 per cento rispetto al 2012. In Italia, i dati provvisori emersi da una prima indagine condotta sull’andamento della nuova campagna di semina indicano un crollo delle superfici a grano duro nel Centro Italia e una certa stabilità nel Sud e isole.

La stima negativa nell’Italia centrale va associata alle condizioni meteorologiche avverse che hanno ritardato o impedito del tutto le operazioni di semina, con riduzioni previste fino al 30 per cento della superficie a grano duro nelle aree interne della Toscana, con punte del -60 per cento lungo il litorale tirrenico.

La siccità 2012 ha penalizzato i raccolti di medica, nonostante non sia una coltura particolarmente idroesigente, che hanno subito flessioni fino al 50 per cento nelle aree vocate dell’Emilia-Romagna, del Veneto e delle Marche (fa eccezione la Lombardia con il -10 per cento) e con rese medie inferiori a 7 t/ha.

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