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Natura 2000 cresce in Europa ma in Italia le Regioni non pagano le indennità agli agricoltori

La Commissione europea ha aggiornato le superfici della Rete Natura 2000 ampliando il numero dei "Siti di importanza comunitaria", che passano da 166 a 22.558, grazie all’aggiunta di circa 18.800 chilometri quadrati.

Natura 2000 è una rete di zone protette composta di zone speciali di conservazione, istituite a norma della direttiva Habitat, e di zone di protezione speciale, istituite a norma della direttiva Uccelli. Si tratta di una vasta rete di spazi naturali conservati destinata a garantire la sopravvivenza di specie minacciate e di habitat particolarmente preziosi in Europa.

Le aree che ricadono nella Rete sono sottoposte ad un regime vincolistico meno stringente di quello vigente per i parchi, sì che attività come l’agricoltura, il turismo, la selvicoltura, le attività ricreative e persino l’attività venatoria possono continuare a svolgersi all’interno della Rete a condizione che siano sostenibili e in armonia con l’ambiente naturale.

Gli Stati membri selezionano i propri siti Natura 2000, istituiti a norma della direttiva Habitat, in partenariato con la Commissione. Una volta selezionati, i siti vengono ufficialmente riconosciuti dalla Commissione come "Siti di importanza comunitaria" (Sic).

Questo processo conferma lo statuto ufficiale dei siti e rafforza gli obblighi connessi alla loro protezione. Gli Stati membri dispongono a questo punto di sei anni per applicare le misure di gestione necessarie e designare i siti come zone di protezione speciale.

L’Unione Europea si serve di Natura 2000 per contrastare il fenomeno della perdita di biodiversità e recentemente si è posta come obiettivo il 2020, per proteggere i servizi ecosistemici come l’impollinazione (e di ripristinare questi servizi quando sono degradati) e di rafforzare il contributo dell’Ue nella lotta contro la perdita di biodiversità a livello mondiale.

La Rete copre quasi il 18% della massa continentale comunitaria e oltre 145.000 kmq di mari e oceani. I principali paesi interessati dall’ampliamento sono il Regno Unito, la Francia, il Belgio, la Grecia, Cipro, l’Ungheria, la Lituania e l’Italia.

Ad oggi, secondo i dati più recenti del Ministero dell’ Ambiente, in Italia i Sic e le Zps coprono complessivamente il 21% circa del territorio nazionale. Sono stati individuati da parte delle Regioni 2.287 Siti di Importanza Comunitaria (Sic), e 601 Zone di Protezione Speciale (Zps); di questi, 323 sono siti di tipo C, ovvero Sic coincidenti con Zps.

All’interno dei siti Natura 2000 in Italia sono protetti complessivamente: 132 habitat, 88 specie di flora e 99 specie di fauna (delle quali 21 mammiferi, 9 rettili, 14 anfibi, 24 pesci, 31 invertebrati) ai sensi della Direttiva Habitat; circa 381 specie di avifauna ai sensi della Direttiva Uccelli.

Purtroppo, il sistema di sostegno di  Natura 2000, previsto dai Piani di Sviluppo Rurale Regionali, in Italia è ancora all’anno zero. Nulla, infatti, è stato speso dalla Regioni delle risorse finanziarie stanziate per gli anni 2007-2013 a favore delle imprese agricole ricadenti nelle aree della rete.

Nessuna Regione, ad eccezione delle Marche, ha  avviato l’elaborazione dei Piani di Gestione che riguardano le singole aree né ha provveduto a calcolare le indennità spettanti alle singole imprese agricole  che costituiscono una  compensazione  per i costi aggiuntivi o i mancati redditi percepiti dagli agricoltori per essere soggetti a vincoli ambientali.

Infatti, se il piano di gestione di una Zps prevede di tutelare la presenza di una particolare specie dell’avifauna, l’agricoltore è obbligato a modificare le pratiche agronomiche. In tal caso può essere imposto all’imprenditore agricolo di ritardare nei prati gli sfalci per evitare la distruzione delle covate oppure viene assoggettato al divieto di superare una certa densità di pascolo per non disturbare la riproduzione a terra di determinate specie di uccelli, all’obbligo di lasciare fasce tampone inerbite lungo le zone umide per ridurre l’eutrofizzazione delle acque o ancora al divieto di conversione ad altre colture quando alcune specie di uccelli dipendono specificamente da certi tipi di coltivazioni (es. uliveti, risaie, ecc.), ecc.

Purtroppo questa situazione sta gravemente penalizzando le imprese agricole ricadenti nelle aree della rete Natura 2000 rispetto a quelle che ne sono al di fuori, in quanto si crea di fatto uno svantaggio competitivo. Le amministrazioni territoriali dovrebbero, quindi, sollecitare gli enti locali ad adottare gli strumenti di gestione previsti dalla legislazione vigente senza i quali Rete Natura 2000 rischia, in Italia, di diventare un handicap piuttosto che un’occasione di sviluppo sostenibile per molte aree rurali.

Guarda la tabella dei siti Natura 2000 nelle regioni italiane

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