il Punto Coldiretti

Nitrati, anche la Camera si schiera per la revisione della direttiva

Il Governo deve promuovere e sostenere, anche nel corso del semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea, il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi dieci anni, distinguendo i limiti in funzione delle macro regioni agricole europee in ragione anche dei fattori climatici e favorendo lo stoccaggio in armonizzazione con la gestione dell’attività produttiva. E anche i confini delle zone vulnerabili vanno rivisitati.

Questi alcuni degli impegni richiesti dalla Camera dei Deputati nella risoluzione approvata in Commissione Agricoltura (8/00088), che si inserisce nel percorso già da tempo avviato per la soluzione del problema dei nitrati e che ha visto, la scorsa settimana, la sottoscrizione del Protocollo tra Coldiretti, il Ministro dell’Agricoltura ed il Ministro dell’Ambiente per la tempestiva approvazione di un apposito decreto che definisca tempi, criteri e modalità per la ridefinizione del perimetro delle zone vulnerabili.

La XIII Commissione, dopo aver analizzato la disciplina comunitaria di riferimento, ha evidenziato che sulla base di ricerche condotte dalla regione Lombardia con l’università di Milano, la sovrapposizione della mappa delle zone vulnerabili con quella dei punti di superamento della concentrazione dei nitrati rivela che ci sono intere zone designate che non presentano alcun superamento della soglia dei 50 mg/l, necessaria a giustificare la designazione dell’area come vulnerabile. Altre aree mostrano, invece, un diffuso superamento della soglia dei 50 mg/l, ma non risulta che rivesta un ruolo realmente significativo il carico zootecnico, quanto, invece, la pressione delle acque reflue urbane in relazione alle criticità depurative o delle acque reflue di origine industriale.

Ciò nonostante, la perimetrazione delle aree vulnerabili copre ampie aree del nord Italia, mettendo in enorme difficoltà le attività di allevamento, pur in presenza di una concentrazione urbana ed antropica che ha certamente effetti importanti e decisivi sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee,  dovendo anche tenere conto della condanna dell’Italia in Corte di Giustizia, per il mancato rispetto delle prescrizioni comunitarie riguardo agli scarichi civili ed industriali (sentenza della Corte di Giustizia, 10 aprile 2014 – causa C-85/13 Commissione europea/Italia).

L’Ispra, in attuazione dell’Accordo Stato-Regioni siglato nel 2011, ha prodotto i primi  risultati dello studio finalizzato a predisporre  un quadro sinottico, per cinque regioni indagate (Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna),  della potenziale pericolosità a cui sono esposte le acque sotterranee in  ragione delle pressioni esercitate dal territorio e da alcune attività antropiche, segnalando che  «… non può essere attribuita prevalentemente al settore zootecnico la responsabilità del processo di contaminazione da nitrati alle sorgenti…».

Come precisato nella risoluzione approvata dalla Camera dei deputati, occorre una interpretazione aggiornata dell’applicazione della deroga al limite di 170 chili di azoto per ettaro all’anno, che consideri l’evoluzione intervenuta nei sistemi di gestione e trattamenti dell’effluente di allevamento nel corso del quasi quarto di secolo che ormai contraddistingue la vita della direttiva stessa. La Commissione agricoltura ha evidenziato, quindi, che sarebbe opportuno prendere atto che sono oggi disponibili processi di trattamento dell’effluente di allevamento (esempio digestione anaerobica più separazione spinta) che lo rendono, nella pratica agronomica, equiparabile ai fertilizzanti di sintesi. Serve, in particolare, considerare che le tecniche di gestione che vengono messe in atto per rendere possibile la sostituzione del concime chimico con l’effluente trattato, risultano anche ampiamente migliorative del complessivo impatto ambientale sia per quanto riguarda le acque, ma soprattutto per quanto riguarda le emissioni in atmosfera.

Nella sostanza, quindi, considerato  che il settore agricolo, ancora oggi, paga un prezzo pesantissimo in termini di limitazioni e costi produttivi, la Camera ha impegnato il Governo: a promuovere e sostenere il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE; ad assicurare rapidamente, tramite lo studio ISPRA, una chiara analisi delle fonti di inquinamento da nitrati, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali e per conseguenza a provvedere ad una revisione delle modalità di calcolo degli apporti di azoto di derivazione agricola, definendo le riduzioni percentuali da applicare in caso di accertata concorrenza di altri fattori inquinanti; ad assumere ogni iniziativa di competenza per la tempestiva revisione delle aree vulnerabili basata su dati scientifici aggiornati, promuovendo una modifica normativa in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l’obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di inquinamento; ad esercitare,  previa acquisizione dei risultati delle analisi dell’Ispra, il potere  sostitutivo nei riguardi delle regioni e delle province autonome che non hanno provveduto all’aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, anche sulla base dei criteri contenuti nell’accordo Stato- regioni del 2011; ad individuare ed attuare efficaci strumenti per garantire la proporzionalità e l’adeguatezza delle misure di contenimento dell’apporto di nitrati applicate al settore agricolo; ad assumere un’iniziativa normativa, in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l’obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di pressione; a sostenere una mediazione con la Commissione europea per il superamento del regime delle deroghe individuali per la definizione di una deroga a validità generale per gli allevatori che presentano ed attuano un Piano di Utilizzazione Agronomica che dimostri di adottare le buone pratiche per innalzare l’efficienza dell’azoto e di somministrare quantitativi di azoto efficiente commisurati al fabbisogno delle colture.

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