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No dell’Ue alla riautorizzazione del triciclazolo per la lotta al brusone del riso

Il triciclazolo, sostanza attiva molto efficace per la lotta al brusone del riso ma con un impatto ambientale e tossicologico rilevante, non ha superato la fase di ri-valutazione da parte della Commissione Ue per il rinnovo della sua registrazione e, quindi, non potrà essere impiegato su tale coltura.

Tra le motivazioni scientifiche che hanno portato al mancato rinnovo del Triciclazolo vi è il parere dell’Efsa, che non ha ritenuto conclusiva la valutazione del potenziale genotossico e cancerogeno della sostanza e non ha potuto stabilire i valori di riferimento (ADI, ARfD e AOEL) da utilizzare nelle valutazioni del rischio per la salute umana, in mancanza di dati adeguati derivanti da sperimentazioni recenti rispondenti ai requisiti stabiliti dal reg. CE 1107/2009. Di conseguenza,  non è stato possibile effettuare la valutazione del rischio per gli operatori, i lavoratori, gli astanti, i residenti e i consumatori.

L’Agenzia ha inoltre constatato l’impossibilità di valutare compiutamente alcuni aspetti, tra cui la potenzialità del Triciclazolo di agire come interferente endocrino e il rischio di contaminazione delle acque sotterranee da parte dei metaboliti la cui rilevanza tossicologica è sconosciuta.
La decisione della Commissione ha degli effetti per quanto riguarda il Limite Massimo di Residui: al momento, resta in vigore il valore di  1 ppm in attesa che lo Scopaff Residui di Bruxelles decida il nuovo Lmr che potrebbe: o restare uguale, o essere fissato ad un livello intermedio se paragonato al Limite di Quantificazione (Loq=0.001 ppm) o addirittura fissato al limite del Loq. Generalmente, la decisione viene assunta dalla Commissione Ue entro un anno dalla pubblicazione del regolamento di non autorizzazione della sostanza. Se l’esecutivo comunitario dovesse decidere di abbassare Lmr da 1  a 0.01 (Lq) il riso stoccato nei magazzini e nei punti vendita non potrà essere commercializzato che dopo tre anni dalla fissazione del nuovo limite.

Al momento, il riso che è stato trattato nella campagna 2016 può essere commercializzato solo in Italia perché la legislazione italiana a differenza degli altri Stati membri, prevede che il controllo sui residui presenti in un alimento sia fatto tenendo conto dell’Lmr in vigore al momento in cui è stato effettuato il trattamento. Per quanto riguarda, invece, le importazioni di riso da paesi extraeuropei queste di fatto sono impossibili in quanto vale il limite Lq pari 0.01.

Inoltre, non è possibile importare in Europa il riso trattato con il triciclazolo da paesi extra-europei poiché il livello di residuo rilevabile sarebbe al di sopra del Loq e ciò interessa un percentuale elevata del totale importato. Per quanto concerne la questione dell’Lmr la Commissione ha già interpellato gli Stati membri per avere un parere in merito alla fissazione del nuovo Lmr . La Dg Sante deve presentare una proposta il 28/29 novembre prossimi. Saranno, poi, raccolti i parere degli Stati membri ed, infine, ci sarà il voto finale.

La mancata autorizzazione del triciclazolo ha conseguenze anche per quanto riguarda un’eventuale richiesta di uso d’emergenza in quanto, in base alle linee guida del Ministero della Salute in vigore da gennaio di quest’anno,  per una sostanza non autorizzata l’uso d’emergenza non  dovrebbe essere reiterato a meno che siano stati effettuati studi di monitoraggio che dimostrino come l’impiego della sostanza attiva, precedentemente autorizzata, non abbia comportato effetti negativi per l’ambiente e siano state fornite adeguate informazioni sanitarie sugli operatori, astanti e residenti.

Inoltre, per un esito favorevole dell’istanza deve essere dimostrata la totale assenza di sostanza attive alternative, la mancata possibilità da parte del sistema socio economico di adeguarsi e la necessità di evitare danni economici inaccettabili alle economie locali nonché l’avvio di un concreto programma di ricerca volto alla definizione di sostanze alternative.

Proprio l’impatto ambientale del triciclazolo potrebbe  essere un punto critico per un’ eventuale richiesta di uso d’emergenza , visto che i dati Ispra sullo stato di contaminazione delle acque da prodotti fitosanitari, includono tale sostanza attiva tra quelle che  hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali nelle acque superficiali.

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