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Ogm, ecco perché rimane impossibile coltivarli

La sentenza del Consiglio di Stato, che sul ricorso dell’azienda agricola Silvano Dalla Libera (Futuragra) ha disposto l’annullamento dell’atto con cui il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) aveva dichiarato di non poter procedere all’istruttoria per la richiesta di autorizzazione alla messa a coltura di varietà di mais Ogm, in carenza delle norme regionali che dovrebbero disciplinare e garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche, merita qualche chiarimento. Infatti, da più parti è stato dichiarato che da ora in avanti sarà sempre possibile coltivare mais Ogm in Italia, ma le cose non stanno così.

Ciò che il Consiglio di Stato ha stabilito è che la richiesta di autorizzazione alla messa a coltura presentata dall’impresa agricola sia, in astratto, accoglibile, alla luce del principio europeo della coltivabilità degli Ogm se autorizzati e che si tratta di un procedimento di esclusiva competenza statale. E infatti, il Consiglio di Stato ha ordinato al Ministero di concludere il procedimento, entro un termine di 90 giorni.

In sintesi, secondo il giudice amministrativo la mancanza dei piani di coesistenza regionali non può costituire un ostacolo al rilascio della autorizzazione alla messa a coltura. Ma questo, non significa che il Mipaaf sia obbligato a concludere positivamente l’istruttoria, concedendo l’autorizzazione.

Il nostro ordinamento, infatti, prevede che la messa a coltura dei prodotti sementieri sia soggetta ad una specifica autorizzazione, mirante a garantire i prodotti sementieri tradizionali dal contatto con quelli Ogm e che questi non arrechino danno biologico all’ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche.

Si tratta di un provvedimento che il Ministero delle Politiche agricole deve rilasciare di concerto con quello dell’Ambiente e con quello della Salute, previo parere della Commissione per i prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate. In particolare, questa Commissione dovrebbe indicare le condizioni tecniche da seguire nella messa a coltura di sementi Ogm.

Chi coltivi sementi Ogm senza la prescritta autorizzazione rischia, dunque, di essere sanzionato con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni o dell’ammenda fino a € 51.700, applicabile anche in caso di  revoca o sospensione dell’autorizzazione e con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 7.600 a € 46.500 nel caso in cui non osservi le prescrizioni stabilite nel provvedimento di autorizzazione.

Anche volendo prescindere dagli aspetti più strettamente legati alla coesistenza – che si riferisce alla possibilità, per le imprese agricole di scegliere tra colture Gm, produzione convenzionale e biologica, nel rispetto degli obblighi regolamentari in materia di etichettatura o di standard di purezza – in ordine ai quali la Corte Costituzionale (sentenza n. 116/2006) ha dichiarato la competenza regionale a disciplinare con legge i piani, rimane aperta la questione della compatibilità tra di esse, che, invece, il futuro provvedimento del MipaafF dovrebbe considerare nell’autorizzare o meno la messa a coltura del mais Ogm.

In conclusione, dal provvedimento ministeriale è possibile attendersi tanto un diniego di autorizzazione alla messa in coltura, ad esempio, per motivi legati all’integrità delle coltivazioni tradizionali ed al rischio di danno biologico all’ambiente circostante, quanto l’imposizione di specifiche condizioni di coesistenza da rispettare nelle fasi di coltivazione.

Inoltre, occorre considerare, sempre ai fini dell’istanza di autorizzazione, la necessità di ottemperare alla serie di adempimenti previsti dalla speciale disciplina sementiera. Si vuole evidenziare, proprio, come sia questa disciplina a prevedere la possibilità, per il Ministero, di richiedere alla Commissione europea l’autorizzazione a vietare, in tutto o in parte del territorio nazionale, la commercializzazione delle sementi geneticamente modificate, se è accertato che la coltivazione di una varietà iscritta al Catalogo comune europeo possa nuocere a quella di altre varietà o specie; oppure se possa presentare un rischio per la salute umana o per l’ambiente, anche con riguardo alle eventuali conseguenze sui sistemi agrari, tenuto conto delle peculiarità agro ecologiche e pedoclimatiche.

La stessa disciplina, inoltre, prevede che il Mipaaf possa chiedere alla Commissione europea di essere autorizzato a vietare l’impiego di una varietà Ogm iscritta nel Catalogo comune qualora, ad esempio, sia appurato che la coltivazione di tale varietà possa risultare dannosa dal punto di vista fitosanitario per la coltivazione di altre varietà o specie, oppure qualora in base ad esami ufficiali in coltura si sia constatato che la varietà non produce, in nessuna parte del territorio di tale Stato, risultati corrispondenti a quelli ottenuti con un’altra varietà comparabile ammessa nel suo territorio o se è notorio che la varietà, per natura e classe di maturità, non è atta ad essere coltivata in alcuna parte del territorio di detto Stato membro.

Proprio facendo leva su queste prerogative, che sono ulteriori rispetto alla nota clausola di salvaguardia, la Commissione europea ha autorizzato la Repubblica di Polonia a vietare sul proprio territorio l’impiego di alcune varietà di granturco iscritte al Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole per ragioni legate a fattori climatici ed agricoli.

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