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Ok all’uso della deltametrina su lampone e more contro la Drosophila suzuki

E’ stata autorizzata dal Ministero della Salute la sostanza attiva deltametrina da utilizzare su piccoli frutti (lampone e mora di rovo), per il controllo della Drosophila suzukii, dal 16 agosto al 13 dicembre 2016 (nome del formulato commerciale  DECIS EVO ).  La dose prevista è di 50ml/hl (0,5 l/ha) e il trattamento deve essere effettuato al comparire del parassita:  sono consentite al massimo 2 applicazioni in serra a distanza di 7 giorni.

Il provvedimento è molto importante in quanto occorre tutelare e sostenere lo sviluppo della coltivazione dei  piccoli frutti, settore che presenta  interessanti prospettive di mercato  risultando economicamente vantaggioso in quanto, il consumo continua a crescere e la produzione attuale non riesce a soddisfare la richiesta del mercato interno; infatti, ben il 70% delle vendite di questi frutti è di importazione. La domanda dei consumatori italiani  è attualmente coperta dalle produzioni italiane per circa un terzo, ma dobbiamo ricorrere a importazioni da Paesi del nord Europa, Stati Uniti e anche dal Sud America, come il Cile, nel periodo invernale, quando la nostra produzione è di fatto assente.

La coltivazione dei lamponi, secondo gli ultimi dati Istat, interessa 351 ettari di superficie totale per una produzione di oltre 25.000 quintali. Numeri che fanno dell’Italia il secondo produttore europeo di piccoli frutti con l’Inghilterra che è il mercato più importante per il consumo fresco, con una sempre più evidente attenzione ai prodotti biologici. Le regioni italiane tradizionalmente più vocate per questo tipo di colture sono il Trentino Alto Adige, l’areale del veronese  e il Piemonte ma nell’ultimo decennio si sono sviluppate realtà aziendali  anche in Sicilia, Campania ed Emilia Romagna.

La potenzialità produttiva di un impianto di lampone è molto alta e dipende da numerose variabili: il numero di polloni per metro lineare e la produttività del pollone stesso, il tasso di germogliamento dei laterali, il numero di fiori per laterale ed il tasso di allegagione, il peso medio del frutto ed, in particolare, lo svernamento dei tralci. La variabilità nelle produzioni ottenute è quindi molto elevata. La potenzialità produttiva può raggiungere i 20 q/1000 mq, ma la media generalmente è molto più bassa. La raccolta dura circa 30-40 giorni per le varietà unifere e 60 per le rifiorenti, con resa di 3-4 kg/ora per l’unifero e 2-2,5 kg/ora per il rifiorente).

Il prodotto fresco richiede un’attenzione particolare. Occorre individuare  il giusto grado di maturazione, per ridurne i livelli di deperibilità: molte aziende raccolgono in stadi precedenti alla maturazione completa per poter ottimizzare la vita post-raccolta del prodotto. Il fabbisogno di manodopera della coltura è dovuto soprattutto al notevole impegno per la raccolta e ad una resa piuttosto scarsa e dipende ovviamente  dall’entità della produzione. Risulta, quindi, particolarmente elevato nelle situazioni di piena produzione arrivando a circa 650 ore/1000 mq, delle quali ben 500 possono essere imputate solo alla raccolta
Mora rovi, come il lampone, sono arbusti della famiglia delle Rosacee, genere Rubus, in cui sono comprese numerose specie ed ibridi. La pianta spontanea è diffusa negli ambienti più diversi di tutti i continenti, molto spesso come infestante. La coltura della mora di rovo riscontra rispetto ad altri piccoli frutti, una minore diffusione nel nostro Paese, ma anch’essa è oggetto di sempre maggiore interesse da parte dei produttori agricoli, specialmente negli areali del centro-sud, le cui produzioni si inseriscono nel mercato del prodotto fresco in periodi di scarsa offerta, ampliandone il periodo di commercializzazione.

Le attuali varietà commerciali sono derivate da incroci di specie molto diverse morfologicamente e geneticamente eterogenee, che permettono di coltivare il frutto in ambienti pedologicamente diversificati. In genere si coltiva la specie fruticosus senza spine. Due limiti di considerevole importanza per questa coltura sono determinati da uno standard qualitativo dei frutti non sempre apprezzabile dal consumatore, ed una ridotta disponibilità di cultivar che siano in grado di estendere o forzare programmandolo il periodo di produzione.

Il rovo  è molto sensibile alle gelate invernali, in particolare le varietà inermi; è una pianta rustica che cresce bene su terreni non particolarmente ricchi di sostanza organica, a reazione neutra o acida e che tollera moderatamente i terreni calcarei. Le radici, come nel caso del lampone, soffrono il ristagno idrico, sebbene siano poco suscettibili alle alte temperature in fase di raccolta ed alla siccità. La pianta di rovo è biennale, con ceppaia perennante, da cui emergono in fase vegetativa i polloni che, insieme ai germogli vegetativi, crescono durante la primavera, producono foglie e gemme, sino all’induzione della dormienza, momento in cui le gemme differenziano. La primavera dell’anno successivo i germogli sviluppano, si avrà la prima fioritura, più o meno scalare a seconda della varietà, e la prima fruttificazione estiva. Anche di mora esistono tipologie unifere, che sono le più diffuse, e rifiorenti, in fase di sviluppo nel breeding e di messa a punto delle più opportune tecniche di produzione.

Le economie di scala sono fondamentali perché queste colture possano essere competitive: se da un lato è vero in via generale che piccoli e medi produttori non possono sostenere i costi di molti macchinari specializzati, di sistemi di imballaggio innovativi, raffreddamento e conservazione – che rappresentano i mezzi di incremento della qualità e dell’efficienza e di abbattimento dei costi –  dall’altro ci sono elementi di forza costituiti dal fatto che  le zone più tradizionali e vocate per la produzione di mirtillo, lampone e mora (Trentino e Piemonte), sono organizzate prevalentemente in cooperative di soci, che pur avendo spesso superfici limitatissime, riescono per questo ad essere competitive. Ma ampie zone del territorio nazionale – che avrebbero tutto il potenziale per la produzione del fresco – incluse le superfici, non sono state esplorate o sviluppate adeguatamente. Il Mezzogiorno, in particolare, che potrebbe avere un potenziale enorme per le produzioni nazionali invernali, produce notevolmente sotto il proprio livello, anche a scapito di una domanda sempre più insistente di prodotti tracciabili, garantiti e più locali possibili.

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