il Punto Coldiretti

Ok Spagna all’uso dell’1,3D per le orticole, il no dell’Italia penalizza i produttori

Una vera beffa per i produttori di orticole italiani. A distanza di un mese dalla decisione delle Amministrazioni nazionali competenti, in primis il Ministero dell’Ambiente, di negare l’autorizzazione all’uso di emergenza dell’1,3D per alcune produzioni orticole italiane tra le quali la carota, la Spagna il 16 luglio scorso ha adottato il provvedimento con il quale ne consente l’utilizzo per 120 giorni a partire dal 18 luglio fino al 15 novembre 2013 . L’impiego della sostanza attiva è consentito per tutte le orticole e la fragola. Anche la Francia ha adottato un analogo provvedimento.

Ancora una volta l’orientamento restrittivo assunto dai tre Ministeri competenti (Salute, Agricoltura ed Ambiente)  penalizza ingiustamente i produttori agricoli italiani ai quali si vieta di impiegare tale sostanza attiva che al momento è indispensabile per la lotta ai nematodi, soprattutto sulle colture orticole.

Il diniego dell’autorizzazione ha creato un notevole svantaggio concorrenziale, in modo particolare ai produttori di carote in aree altamente vocate come la zona di Maccarese nel Lazio e l’areale ferrarese in Emilia Romagna. Ma ad essere penalizzate sono anche altre colture importanti come il pomodoro in serra, il melone , le zucchine e le melanzane.

Non è chiaro come mai Francia e Spagna non abbiano avuto dubbi sull’opportunità di tutelare le proprie colture orticole mentre le amministrazioni italiane nonostante le relazioni tecniche presentate da Coldiretti e dalla DOW Agrosciences non abbiano voluto concedere l’uso d’emergenza di tale sostanza attiva pur sapendo che al momento non ci sono nematocidi di pari efficacia,  ma solo nematostatici la cui utilità  per la difesa di tali colture e della carota, in particolare,  è praticamente nulla.

L’attuale politica di autorizzazione dei fitofarmaci in Italia, improntata ad un orientamento particolarmente restrittivo,  sta creando un gap concorrenziale  tra la nostra agricoltura e quella degli altri Stati membri soprattutto su colture  minori sulle quali si regge lo sviluppo economico di intere aree rurali. Se prendiamo il caso specifico della produzione di carote si nota, dai dati dell’Istat, che negli ultimi anni c’è stata una flessione quando in Europa l’Italia è forse l’unico paese in grado di produrle per 12 mesi l’anno, secondo un calendario produttivo che si alterna nelle diverse aree geografiche (da gennaio ad aprile si producono carote nella zona di Maccarese sul litorale laziale; da marzo-aprile fino a maggio in Sicilia, in modo particolare nel Siracusano; da maggio a luglio nella zona di Ferrara; da giugno a novembre nell’area abruzzese del Fucino; da settembre fino a febbraio in Emilia Romagna, sempre nel Ferrarese)

Rispetto al 2006, nel 2012 il numero di ettari coltivati a carote è diminuito da 13.028 ha a 10.508 ha, mentre la produzione totale è passata da 6.260.304 quintali  a 5.014.555 quintali  con la perdita di più di un 1 milione di quintali. Quella effettivamente raccolta è in flessione da 6.120.932  quintali a 4.823.022 quintali.

Anche per quanto riguarda la commercializzazione, va fatta una distinzione: durante i mesi invernali, novembre e dicembre, le carote italiane vengono prevalentemente vendute nel Nord Europa, in paesi come Germania, Austria e la Gran Bretagna, che durante la stagione invernale non possono disporre di prodotti coltivati nelle proprie aree. In estate, invece, l’esportazione di carote italiane è senz’altro minore.

Il nostro Paese ha di recente ottenuto il riconoscimento comunitario per la carota Igp dell’Altopiano del Fucino, uno delle produzioni di maggior qualità di questa zona  in quanto presenta caratteristiche particolari che non si ritrovano  in carote coltivate in altre aree: non è legnosa, ha un sapore molto dolce, ha una radice di forma cilindrica con punta arrotondata e un colore arancio intenso essendo molto ricca di beta-carotene ed acido ascorbico (vitamina C). Proprio quest’anno è iniziata la commercializzazione della carota del Fucino con il marchio comunitario Igp.

Oltretutto, la carota   può  essere coltivata solo nei suoli sciolti e sabbiosi per un migliore accrescimento ipogeo che sono quelli più favorevoli alla proliferazione dei nematodi od alla rapida propagazione di infestanti (Cyperus spp.). E’ proprio in questi casi specifici che intervengono le tecniche di disinfestazione del suolo.

Non a caso secondo uno studio di Nomisma Il ruolo economico della disinfestazione del suolo nell’agricoltura italiana (2008) la carota è la coltura per la quale più si ricorre alla disinfestazione. E’, perciò, particolarmente diffusa lungo i litorali dove si manifestano con maggiore evidenza i problemi legati ai nematodi, ai quali la coltura è particolarmente sensibile. In Sicilia, in cui si concentra circa il 26 per cento del totale della superficie italiana investita a carota, la disponibilità di terreni consente ampie rotazioni colturali tali da mitigare questi problemi e limitare il ricorso alla fumigazione. Ove necessario, si interviene con nematocidi non volatili e la fumigazione interessa solo una quota minima della superficie.

Una situazione analoga si verifica anche nel Lazio ove, però, la minor disponibilità di terreno impone cicli colturali più stretti e monosuccessioni frequenti, per cui il ricorso alla fumigazione è pratica più diffusa nelle province di Latina e di Roma. Così pure accade in Emilia-Romagna e soprattutto nei terreni sabbiosi del delta del Po dove il ricorso alla fumigazione è pratica obbligatoria, interessando gran parte della superficie regionale investita a carota.

In Emilia Romagna, la carota può essere coltivata in monosuccessione o entrare in rotazione con radicchio o pomodoro da industria. Indipendentemente dall’epoca di semina e dal tipo di ciclo, i terreni sabbiosi del litorale ferrarese, in cui la coltivazione è concentrata, impongono un trattamento del terreno con fumiganti a causa dell’elevata suscettibilità della coltura ai nematodi. Il principio attivo quasi esclusivamente utilizzato è l’1,3D, spesso distribuito a strisce o localizzato. Infatti, in tale regione il peso della fumigazione  riguarda il 100 per cento della superficie investita.

Si valuta che siano coinvolte dalla fumigazione circa il 31 per cento delle aziende orticole in pieno campo ed al 15 per cento delle aziende orticole che utilizzano serre e altri sistemi di protezione. I 2.500 ettari di coltura fumigata occupano circa 818 Ula, pari al 5,2 per cento sul totale agricolo provinciale, e generano Plv per 63,2 milioni di euro, l’1,7 del valore agricolo nel complesso. Il costo della fumigazione si attesta sui 440 €/ha. La produzione ed il prezzo di vendita non particolarmente elevati (rispettivamente 55 tonn./ha e 10 centesimi/kg) generano una Plv di circa 5.500 €/ha ed un Margine operativo lordo (Mol) positivo per circa 2.500 €/ha.

Nel Lazio, in particolare nell’area del Maccarese, la scarsa disponibilità di terreni, anch’essi in prevalenza sabbiosi, fa orientare gli agricoltori verso la fumigazione effettuata prevalentemente con 1,3D e Metam sodio. In quest’area particolarmente vocata la carota ha rese più elevate rispetto ad altre zone per cui si possono raggiungere circa 80 tonn./ha di raccolto che ad un prezzo medio variabile di 0,20€/kg, porta il ricavo a 16.000 €/ha. Il costo di produzione sebbene più elevato rispetto al Ferrarese (6.283 €/ha) viene, perciò, ampiamente coperto, generando un Mol di circa 9.700 €/ha. Rispetto alla superficie regionale fumigata corrisponde una Plv di circa 227 milioni di euro (circa il 14 per cento del totale delle colture considerate), valore costituito in maniera preponderante da carota (116 milioni di euro). In termini di Plv, sfiora il 41 per cento, mentre per le altre colture questa incidenza è più contenuta: dal 17,8 per cento del tabacco all’11,3 per cento della cipolla ed al 10,9 per cento del melone.

Nel Lazio circa il 90 per cento della produzione di carote del comprensorio è destinata alla G.D.O., pertanto le aziende per poter conferire il prodotto sono obbligate ad adottare Tecniche di Produzione Integrata e ad attenersi al Disciplinare di Produzione Integrata Regione Lazio e/o Linee Guida Nazionali.

Durante la coltivazione le problematiche principali che si riscontrano sulla carota possono essere suddivise in due gruppi: patologie che colpiscono l’apparato fogliare (Alternaria dauci, Erysiphe spp.); patologie che colpiscono l’apparato radicale (Sclerotinia spp. Pythium spp., Rhizoctonia solani, Meloidogyne spp.).
Mentre per il primo Gruppo il controllo viene ottenuto con successo con adeguati avvicendamenti colturali e con la gamma di principi attivi autorizzati (es. Difenoconazolo, Azoxystrobin, Pyrimethanil, prodotti rameici, Zolfo), per il secondo Gruppo la difesa presenta delle difficoltà maggiori in particolare per ii controllo dei Nematodi Galligeni (Meloidogyne spp.). Infatti, mentre per la difesa dai cosidetti "Patogeni Tellurici" – tra i maggiori si citano la Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp., Pythium spp, il loro controllo viene realizzato grazie all’utilizzo di alcuni principi attivi Dazomet, Metam Na, Metam K autorizzati anche dal Comitato Nazionale di Difesa Integrata del Mipaaf; con la revoca dell’autorizzazione all’utilizzo dell 1,3 Dicloropropene si apre un enorme punto interrogativo sul controllo dei nematodi.

Poco incoraggianti fino ad oggi i risultati delle varie prove condotte dai produttori con le alternative proposte all’ 1,3 dicloropropene, quali ad es. Paecilomyces lilacinus; trattamenti a base di estratti vegetali (tannini); micorrize, batteri della rizosfera ecc. Anche le prove sperimentali con il sovescio di rafano e senape nematocida non hanno portato a risultati confortanti se non abbinati ad applicazioni di 1,3 dicloropropene a dose dimezzata come riportato su alcune pubblicazioni scientifiche.

L’esclusione del 1,3 dicloropropene, limita fortemente la produzione della carota e delie altre specie in successione nelle aree vocate a tale coltura, con inevitabili ripercussioni a livello economico ed ambientale; può sembrare un paradosso ma l’esclusione del più efficace dei nematocidi fino ad oggi in commercio potrebbe avere ripercussioni anche a livello ambientale; la mancanza di un’alternativa valida sta portando molti produttori ad un utilizzo eccessivo di altri prodotti da sempre noti per la loro attività sui funghi tellurici ed erbe infestanti, ma con scarso potere di controllo nematocida o di nematocidi ad azione nematostatica applicati nel ciclo colturale creando problemi di residui sul prodotto.

Purtroppo di tutto ciò le Amministrazioni italiane non hanno tenuto conto e oggi il settore orticolo paga duramente gli effetti del diniego dell’uso d’emergenza  dell’1,3D . Quest’orientamento restrittivo nell’uso dei fitofarmaci che contraddistingue nell’Ue solo l’Italia, è una politica miope che avrà come unica conseguenza l’aumento delle importazioni di orticole dall’estero a danno dei produttori agricoli e dei consumatori italiani: i primi registreranno una perdita economica per la riduzione delle rese e una  minore qualità delle produzione,  i secondi  avranno  sul mercato orticole con standard di sicurezza alimentare sicuramente inferiori alle nostre produzioni nazionali.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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