il Punto Coldiretti

Gesmundo: “Nati per dare dignità e diritti a un popolo”

Saluto alle autorità’, al ministro, ai nostri soci e al nostro presidente della repubblica. È’ l’ottobre del 1944, lo scontro divampa fra le forze alleate e l’esercito tedesco attestato lungo la linea gotica, mentre la guerra civile italiana fra partigiani e forze nazifasciste non conosce tregua – è in questo ottobre che Paolo Bonomi su ispirazione del cardinale montini, l’uomo che sara’ Paolo VI, da’ vita all’organizzazione dei Coltivatori Diretti.

Ho voluto sottolineare la temperie in cui è nata la nostra Organizzazione, e voglio ricordare che Bonomi milito’ nella resistenza, fu un partigiano, perche’ abbiamo il dovere di tracciare con nitidezza la matrice valoriale e ideale in cui ci collochiamo, quello di una forza democratica, antifascista che seppe porsi al centro del rinnovamento, direi della rifondazione del nostro paese, della nazione. Ho citato Montini e naturalmente Bonomi. Mai, lo sappiamo, un’impresa è figlia di un uomo ‘solo’, ma certo a Bonomi dobbiamo tutti qualcosa.

Fu un uomo, come altri padri della nostra patria repubblicana, dotato di straordinaria lungimiranza, di capacita’ strategiche rilevantissime, di convinzioni politiche e ideali fortissime. Fu un uomo che aveva in comune con gli altri grandi di quella stagione – De Gasperi, Fanfani, Togliatti, Calamandrei, Moro – una qualita’ preziosissima, che oggi talvolta facciamo fatica a ritrovare nella nostra classe politica e dirigente: Bonomi al pari di loro possedeva un gradiente di “liberalismo”, si’ un riconoscimento a priori di quegli ideali di tolleranza, libertà, eguaglianza, rispetto dell’individuo e quindi anche dell’avversario politico, che sono il principale combustibile della vita democratica.

Da subito Coldiretti nasce “per”, ma al tempo stesso nasce “contro”. Nasce per dare dignita’, diritti, riconoscimento economico, terra ad un popolo – quello delle famiglie contadine, dei coltivatori diretti, dei mezzadri – e raggiunge il suo obiettivo attraverso la riforma agraria: la piu’ grande e pacifica redistribuzione di ricchezza che ci sia stata nel nostro paese e una gigantesca sottrazione dall’oblio della storia, di un’intera comunita’ di donne e di uomini in carne ed ossa. Nasce contro chi ostacola questo disegno: di volta in volta la grande proprieta’ terriera, il latifondo improduttivo, le forze politiche che per miopia o interesse di parte, si battono contro la riforma agraria. E ancora nasce per – siamo nell’Italia della ricostruzione e solo alla meta’ degli anni cinquanta la produzione agricola raggiungera’ i livelli precedenti alla guerra – per garantire al paese autonomia alimentare e per far cio’ rilancia un hub diremmo oggi – la Federconsorzi – che consente l’accesso ai mezzi di produzione agricola a tutte le realta’ del paese soprattutto piccole e medie.

Bonomi è il primo a sollevare il tema, apparentemente contraddittorio, dell’autonomia alimentare, quello cioe’ di un Paese che esporta e trasforma cibo ma che al tempo stesso ha la necessita’ di proteggere le proprie produzioni. Un tema che guiderà poi la nascita della politica agricola comune e la accompagnerà fino ai nostri giorni. Un tema che, particolarmente in questa stagione, assume nuova rilevanza nel conflitto che si apre fra chi teorizza un mercato senza regole – per cui il cibo è una semplice commodity – e chi come noi continua a credere nella necessita’ di un mercato regolato per cui invochiamo la reciprocita’ nelle condizioni di scambio, in termini di lavoro, rispetto della sostenibilita’ ambientale e rispetto delle precauzioni per la salute dei consumatori.

Ed è proprio su questo terreno, penso ai cibi da laboratorio e ancor piu’ ai cibi ultratrasformati, che nasce per coldiretti la necessita’ di affidarsi ad una pluralita’ di fonti di ricerca universitaria in grado di segnalare – in modo autonomo e indipendente – cio’ che nuoce e cio’ che non nuoce alla salute dei cittadini. Noi siamo nati per proteggere la proprieta’ contadina, lo scheletro antico che innerva il Paese. Il nostro impegno per l’etichettatura dell’origine, la rinascita di Consorzi Agrari d’Italia, il sostegno a bonifiche ferraresi – ad un tempo la piu’ grande azienda agricola italiana e infrastruttura centrale del sistema agroalimentare italiano – il nostro impegno nella costruzione di una rete di mercati in grado di avvicinare la campagna alla citta’ e la conseguente nascita a livello mondiale di una associazione che raccoglie tutti i paesi in cui ci sono mercati contadini, la nostra esplicita contrarieta’ ai cibi da laboratorio, sono sempre figli di quella scelta iniziale legata alla volonta’ di garantire a tutti i cittadini un accesso sicuro ad un cibo sano e di qualità, rispettoso dei territori e delle comunità. 

È un filo rosso dell’agenda coldiretti, disegnata sempre nella direzione di intrecciare gli interessi dell’agricoltura italiana a quelli piu’ generali del Paese. Se Coldiretti ha saputo reggere alle conseguenze – positive e negative – dell’ondata industrialista e post-industrialista, se oggi pur con forti difficolta’ la piccola e media impresa famigliare continuano ad essere un fattore coesivo della nostra societa’, lo dobbiamo a quella scelta maturata nell’autunno del 1944 e poi sviluppatasi negli anni successivi. Siamo stati e siamo un’organizzazione di comunita’, creatrice di strumenti di prossimita’ con il nostro popolo e con quel piu’ ampio popolo con il quale agli inizi degli anni 2000 sigliamo il “patto con il consumatore”, rompendo ogni argine settoriale o corporativo.

E ancora se l’agricoltura italiana negli ultimi trent’anni ha ridotto le emissioni e l’impiego di fitofarmaci, come nessuna altra nazione al mondo, se sul cruciale tema delle risorse idriche ed energetiche siamo in grado di offrire oggi al paese l’opportunita’ di un piano di invasi in grado di costituire un valido elemento di contrasto ai cambiamenti climatici, significa che al binomio sostenibilita’/ambiente abbiamo saputo dare una concretezza forse silenziosa ma non per questo meno potente. Tutto ciò è un indubbio lascito della dottrina sociale della chiesa, delle nostre solide radici repubblicane e democratiche, del nostro poderoso e mai acritico filo-europeismo.

Solo una parola sull’Europa. Noi piu’ di tutti gli altri siamo consapevoli di cosa significhi il termine “eccezionalismo agricolo”, il riconoscimento cioe’ che l’agricoltura svolge un ruolo fondamentale nella vita dei popoli. Ed è per questo diversa dagli altri settori dell’economia. Perché è legata ad interessi generali, pubblici, che meritano un trattamento “speciale”. È cosi da sempre e tale prerogativa resta viva nell’unione europea. Nasce con essa, oso dire che ne è alle fondamenta. Noi all’Europa non rinunceremo mai e contemporaneamente ci aspettiamo che l’Europa si mantenga fedele a quelle fondamenta. Ma voglio ribadire che noi meglio di ogni altro, sappiamo ciò che l’Europa ha dato alla nostra agricoltura e dimenticarlo sarebbe imperdonabile oltre che anti-storico.

Queste sono le nostre radici e le radici non si spezzano. Il nostro nome è rimasto lo stesso, la nostra bandiera è quella che alzammo nel 1944, siamo forza fondante di questa repubblica, siamo orgogliosamente il popolo dei contadini che ha saputo saldarsi con le ambizioni dei cittadini, siamo coloro che producono cibo e ogni giorno, silenziosamente, salvaguardano l’ambiente. Siamo un esempio unico di democrazia economica sempre declinato agli interessi generali del Paese. Siamo Coldiretti.

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