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Piano strategico per l’agricoltura bio, servono interventi specifici

In merito al Piano strategico per lo sviluppo dell’agricoltura biologica in corso di elaborazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Coldiretti, in una lettera indirizzata dal Presidente Roberto Moncalvo al viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero, ha chiesto alcuni interventi specifici per garantire un’adeguata organizzazione della filiera agroalimentare biologica.

Nel sottolineare  alcuni temi che dovrebbero avere un maggiore peso nel documento in corso di elaborazione, il Presidente Moncalvo ha evidenizato come l’idea di un Piano strategico nazionale per l‘agricoltura biologica sia un’iniziativa del tutto condivisibile vista la necessità, a fronte di una domanda crescente, di sviluppare la filiera agroalimentare bio in modo più rispondente alla richiesta dei consumatori, evitando il ricorso alle importazioni.
Nella missiva si rileva che, per quanto riguarda le Politiche di filiera, nonostante la performance positiva nel 2015, con un aumento del numero di operatori rispetto al 2013 del 5 per cento e della superficie investita a biologico del 5,8 per cento, si registra un evidente paradosso in quanto pur essendo l’agricoltura bio la misura più finanziata nell’ambito dei Psr con 1.396 milioni di euro, (il 7.9 per cento della spesa pubblica totale sostenuta nell’ambito dei Piani dal 2000 ad oggi), gli importatori si sono quadruplicati, mentre le imprese agricole bio sono diminuite dal 2000 del 15 per cento.

Pertanto, il piano strategico deve apportare dei correttivi alla filiera. Innanzitutto al settore della cerealicoltura, in quanto la produzione è rimasta dal 2000 più o meno stabile,  con una drastica riduzione nel biennio 2012-2013 pari a -1,6 per cento. Dal momento che la produzione di pasta e di prodotti e base di cereali costituisce un must del made in Italy, è evidente che occorre incentivare la produzione nazionale di grano duro e tenero per soddisfare la domanda nazionale ed estera.

Ma servono modifiche anche al settore della zootecnia biologica, in quanto all’aumento del numero di capi allevati dal 2000 ad oggi (+38 per cento), corrisponde una riduzione delle superfici a pascolo pari al 41 per cento e dei foraggi pari al 38.1 per cento con difficoltà a produrre soia e mais ogm free sufficienti per l’alimentazione animale. Lo stesso discorso vale per l’ortofrutta, dove si registra un trend preoccupante dato che la produzione rispetto al 2000 è aumentata del 44 per cento, le importazioni sono salite del 113 per cento.
Coldiretti ha sottolineato, del resto, come l’agricoltura biologica – che ha  origine da un modello di sviluppo rurale innovativo – non possa trasformarsi in una semplice politica commerciale, senza alcun interesse all’origine del prodotto. Diviene, quindi, necessario valorizzare il ruolo delle imprese agricole biologiche nelle specifiche filiere, mettendo in campo iniziative per favorire l’aggregazione del mondo della produzione, con particolare riguardo alla logistica, alle politiche dei prezzi, all’accesso ai mezzi tecnici.
La valorizzazione del made in Italy dovrebbe, quindi, costituire il minimo denominatore comune di tutti gli interventi previsti nel Piano strategico nazionale tanto più che le regole europee di etichettatura  già prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del prodotto. Tale obbligo potrebbe essere utilizzato per favorire il riconoscimento del biologico, da parte dei consumatori, tramite la previsione di uno specifico marchio che renda facilmente riconoscibili gli alimenti  bio costituiti da materie prime interamente prodotte sul territorio italiano.

Sarebbe auspicabile, inoltre, inserire anche il biologico nelle iniziative di tutela e valorizzazione dell’agroalimentare made in Italy già messe in campo dall’Amministrazione. Altro aspetto di centrale importante, sottolineato da Coldiretti, è il lavoro fin qui svolto per informatizzare le procedure amministrative relative al biologico. L’introduzione del Sib – Sistema Informativo per il Biologico è senza dubbio, un importante passo in avanti a favore della trasparenza e della semplificazione di tutto il settore.

Coldiretti ha chiesto, quindi, che si prosegua nel lavoro di riduzione di tutta la documentazione cartacea capace di appesantire il lavoro di tutti gli attori del comparto, prevedendo la totale informatizzazione di tutto il procedimento documentale evitando che ci sia, come avviene ora, il doppio binario cartaceo ed informatizzato, per cui ogni impresa agricola sia costretta ad una duplicazione di adempimenti burocratici.

In tale contesto, è evidente l’importanza della funzionalità operativa dei CAA, condizione non derogabile, in quanto garanzia di un rapporto tra Pubblica Amministrazione ed imprese che consente tramite servizi di qualità, il corretto svolgimento delle pratiche amministrative in tempi rapidi e senza errori: il che è destinato a  semplificare ed agevolare la relazione tra operatore biologico e Pubblica Amministrazione.

Altro aspetto di prioritaria importanza  è quello relativo al Controllo delle importazioni. Dall’analisi dei dati Sinab è evidente che il tema delle importazioni di prodotto biologico da paesi terzi è sempre più centrale nelle dinamiche di sviluppo del biologico italiano ed europeo. Al riguardo, é necessario intensificare le attività di controllo e certificazione del prodotto biologico in entrata da paesi terzi anche con un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzione, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra Ue e sostenere, con determinazione, nell’ambito del dibattito sulla proposta di regolamento di riferma dell’agricoltura biologica, l’introduzione del principio di conformità in sostituzione del principio di equivalenza.

Secondo Coldiretti, inoltre, lo sviluppo del biologico rende sempre più evidente la necessità di rivedere in profondità il sistema di controllo. A tal fine è necessario coordinare le azioni amministrative anche con le iniziative parlamentari in essere e la riforma del regolamento a livello europeo. In proposito, sarebbe opportuno rivalutare l’attuale modello di certificazione che attribuisce tale funzione ad enti di natura privata che si è visto non sono in grado di evitare il verificarsi di fenomeni fraudolenti. Tali enti, infatti, sono stati in alcuni casi parte attiva nelle frodi riscontrate dagli organi di vigilanza e costituiscono attualmente un cartello in grado di orientare il mercato delle tariffe imposto alle imprese agricole.

Dal momento che la proposta di regolamento in discussione a Bruxelles non sembra impedire che gli organismi di controllo e certificazione abbiano natura pubblica, sarebbe opportuno modificare il sistema attuale che incontrerebbe, inoltre, una maggior fiducia da parte dei consumatori i quali non comprendono come un alimento possa essere certificato come biologico da un organismo privato, pagato dalla stessa impresa agricola. che chiede l’attestazione di conformità alla legislazione vigente del processo produttivo adottato.

Ma il Piano strategico dovrebbe contenere misure che finanziano la ricerca, in quanto le imprese agricole possono convertirsi al biologico se riescono a risolvere le difficoltà agronomiche che frenano la crescita del settore nelle colture vegetali per la mancanza di mezzi di lotta naturali per la lotta a malattie e parassiti e le difficoltà relative al metodi di allevamento bio. Fondamentale, inoltre, é che la ricerca comporti un coinvolgimento delle imprese agricole nei progetti sperimentali in modo che ci siano un approccio integrato che favorisca oltretutto la divulgazione dei risultati agli agricoltori. Coldiretti ha proposto, inoltre, di investire nella consulenza ed assistenza tecnica offrendo agli operatori del bio servizi innovativi nel settore del marketing e dell’assistenza tecnica nonché la previsione di un logo che identifichi  e valorizzi le produzioni bio ottenute al 100 per cento con materie prime italiane. 

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