il Punto Coldiretti

Più biologico nei Psr, la Rete rurale fa appello alle regioni

L’agricoltura biologica costituisce un settore di punta dell’agroalimentare italiano e può svolgere una funzione sempre più strategica rispetto alle nuove sfide individuate nell’ambito dell’Health Check, in particolare riguardo a: lotta ai cambiamenti climatici secondo gli obiettivi del Protocollo di Kyoto; ottimizzazione della gestione delle risorse idriche; tutela della biodiversità e ristrutturazione del settore lattiero-caseario.

Nonostante l’effetto depressivo causato dalla crisi economica e finanziaria in atto a livello mondiale, da qualche anno si registra un aumento sia dei consumi, che delle superfici coltivate, confermando la vitalità del settore sostenuto dalla domanda crescente, da parte dei consumatori, di alimenti di qualità ottenuti con processi di produzione a basso impatto ambientale.

Allo scopo di fotografare lo stato del settore dell’agricoltura biologica in Italia e di analizzare i punti di forza e di debolezza della strategia perseguita a livello sia nazionale che regionale-provinciale, la Rete rurale nazionale ha effettuato un’analisi comparata delle politiche regionali a favore dell’agricoltura biologica, disposte con i programmi di sviluppo rurale 2007-13.

Il documento individua le linee di azione da privilegiare per rendere più incisive tali politiche e assicurare una maggiore uniformità di applicazione a livello regionale, così da ridurre le discriminazioni tra agricoltori che praticano il biologico in aree diverse dal punto di vista amministrativo, ma simili per caratteristiche pedo-climatiche, tecnico-economiche e di mercato.

Un impulso decisivo a un ulteriore sviluppo dell’agricoltura biologica italiana può derivare dal coordinamento e dalla messa a sistema di tutti i finanziamenti a questa diretti a titolo delle diverse politiche, comunitaria, nazionale e regionali.

La Rete rurale fornisce, quindi, alcuni suggerimenti operativi per migliorare le politiche regionali di sostegno all’agricoltura biologica evidenziando, ad esempio, come risulti opportuna l’attivazione della misura 132 relativa alla promozione dei sistemi di qualità per finanziare i costi di certificazione, in quanto può garantire all’agricoltore biologico un maggior livello di sostegno, soprattutto in presenza di importi di pagamento per l’azione agricoltura biologica pari ai massimali fissati dalla legislazione comunitaria, e/o un sostegno a un più ampio numero di agricoltori rispetto a quello delle aziende che accedono alla misura 214 concernente i pagamenti agroambientali.

Un’altra possibilità che le Regioni hanno è quella di ammettere a finanziamento solo le imprese agricole in cui tutta la Sau aziendale è investita a biologico o l’intero allevamento è biologico, implicando una scelta più radicale da parte dell’agricoltore. In aggiunta, la Regione potrebbe fissare anche una superficie minima e il limite dimensionale dell’allevamento biologico per garantire un effettivo impatto sull’ambiente, sebbene esista il rischio di discriminare aziende di piccole dimensioni, ma vitali, che potrebbero contribuire efficacemente allo sviluppo del biologico.

L’obiettivo di distogliere l’agricoltore dall’ottenimento di un facile sostegno, tramite la scelta del biologico, viene più facilmente garantita tramite la fissazione di condizioni aggiuntive che incidono sulla sfera commerciale, nel senso di richiedere all’agricoltore che il prodotto sia commercializzato tutto o in parte come certificato biologico.

Coldiretti, del resto, ha sempre condiviso la scelta operata da alcune amministrazioni regionali di sostenere finanziariamente il biologico solo a condizione che l’impresa agricola commercializzi la produzione. Si tratta di un orientamento  che merita di essere valorizzato ai fini del nostro impegno alla costruzione della filiera corta ed all’incontro con i cittadini consumatori.

Infine, la rete Rurale evidenzia come la fissazione di un pagamento più elevato per le foraggere nel caso di aziende zootecniche biologiche appaia più appropriata rispetto alla fissazione di un generico pagamento, contribuendo alla diffusione della zootecnia biologica. Sarebbe più adeguato, tuttavia, concedere un sostegno specifico per gli allevamenti di tipo non indiretto, possibilmente differenziato per tipologia di allevamento.

E’ condivisibile, inoltre, la scelta di includere tra le foraggere anche i prati e i prati-pascoli, ma solo se in presenza di allevamenti biologici e purché tali superfici siano pascolate, così come la scelta di consentire la cumulabilità con la misura 215 relativa al benessere animale.

In funzione delle nuove sfide, inoltre, sarebbe importante prevedere degli impegni aggiuntivi che determinano un innalzamento del livello del sostegno, come, ad esempio, la copertura vegetale dei seminativi nel periodo autunnale e invernale, l’inerbimento di vigneti e frutteti, ecc.

Infine, riguardo alle priorità accordate agli agricoltori nell’accesso all’azione agricoltura biologica della misura 214 relativa ai pagamenti agroambientali, la Rete rurale ritiene  opportuno privilegiare non solo quelle di tipo territoriale, relative alle aree Natura 2000, alle aree protette e alle Zone Vulnerabili da Nitrati, scelta comunque importante ai fini della salvaguardia della biodiversità, ma anche attribuire  priorità alle aziende che aderiscono ad accordi agroambientali, a quelle che si convertono alla produzione biologica ed ai giovani imprenditori agricoli, in generale, più sensibili alle tematiche ambientali.

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