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Corte dei Conti, necessario intervenire sulle future pensioni

Sull’urgenza di garantire condizioni di equità intergenerazionale in un quadro di spesa per la protezione sociale complessiva che sarà messo sotto pressione dall’invecchiamento della popolazione e dalla marcata crescita del tasso di dipendenza degli anziani si aggiunge ora anche il richiamo della Corte dei Conti, che affronta la questione nel “Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica”.

Nel rapporto, approvato lo scorso 25 maggio, la magistratura contabile sostiene che la spesa sociale rappresenta una delle voci del bilancio pubblico più significative. Secondo il DEF, da poco approvato, l’incremento nominale di tali prestazioni rappresenterà, tra il 2022 e il 2026, quasi il 90 per cento dell’aumento complessivo delle uscite correnti. Complessivamente detta spesa ammonta a 407 miliardi nel 2022 (21,3 per cento del Pil). Al suo interno, un peso particolarmente rilevante è quello della spesa per la previdenza, che ha superato i 352 miliardi, il 18,5 per cento del Pil. Sotto accusa il varo di Quota 100 nel 2019, la recessione pandemica nel 2020 e la crisi energetica e inflazionistica nel 2021-22 che causerà nel 2030 e 2040 un aumento di oltre un punto del rapporto spesa pensionistica/Pil.

A giudizio della Corte, le prospettive pensionistiche potranno migliorare solo in presenza di una crescita più robusta dei redditi e di un aumento della continuità di contribuzione: in una parola, grazie ad un miglioramento significativo delle condizioni complessive dell’economia e del suo mercato del lavoro.

I numeri – Oltre 722 mila i nuovi pensionamenti nel 2022 nel settore privato, con una attenuazione delle pensioni anticipate (-5,9 %), una diminuzione dei trattamenti ai superstiti (-6 %), rispetto al picco registrato nel 2021, a causa dei tragici effetti della pandemia sulla popolazione più anziana; l’aumento delle pensioni di vecchiaia (7,6 %) in ragione del venir meno degli effetti di contenimento associati all’adeguamento dell’età alla speranza di vita.

L’importo medio mensile delle pensioni previdenziali liquidate nel 2022 nel settore privato è risultato pari a 1.119 euro, in lieve riduzione rispetto ai 1.132 euro del 2021 (-1 %).

Quanto all’età media alla decorrenza del pensionamento di vecchiaia è pari, per il complesso delle Gestioni, a 67,3 anni, dato superiore all’età minima prevista dalla legge (67 anni). Secondo il Rapporto, tale differenza è determinata sia dalla circostanza che la pensione decorre dal mese successivo al compimento dell’età utile e sia dalla più elevata età registrata nelle Gestioni dei comparti dei lavoratori autonomi e dei parasubordinati. Inoltre, in alcune Gestioni, i lavoratori potrebbero non raggiungere il requisito contributivo minimo al compimento dell’età anagrafica minima prevista.

Quanto all’età di pensionamento interessante l’ultima indagine che mette a confronto i Paesi dell’Ocse, in cui l’età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro è risultata pari, nel 2020 in Italia, a 61,3 anni per le donne e 62,3 anni per gli uomini, a fronte di valori presentati dai paesi EU27 di 61,9 anni per le donne e 62,6 anni per gli uomini.

La Corte dei Conti si esprime, dunque, sostenendo la necessità di ridare certezza e stabilità al quadro normativo, dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni e un approccio che consideri la sostenibilità di lungo termine del sistema previdenziale tanto sotto il profilo finanziario quanto dal punto di vista sociale. A tale riguardo, sostiene la Corte, a seguito delle forti pressioni che la crescita del tasso di dipendenza degli anziani eserciterà sulla spesa per pensioni è importante l’orientamento a irrobustire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni favorendo carriere più continue e livelli salariali più sostenuti, nonché incentivare la previdenza integrativa soprattutto per coloro che andranno in pensione con il sistema di calcolo interamente contributivo.

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