Spesa previdenziale a 275 miliardi di euro ma il sistema è sostenibile
Nel 2020 la spesa per le prestazioni previdenziali del sistema obbligatorio, vale a dire l’insieme dei Fondi gestiti dall’Inps e dalle Casse Private, è stata di 234,7 miliardi di euro, in aumento di 4,5 miliardi (+1,95%) rispetto all’anno precedente. Se alle prestazioni previdenziali si aggiunge la spesa di carattere assistenziale che l’Istituto eroga, le uscite totali salgono a circa 274,7 miliardi di euro, con un incremento del 2,5% sull’anno precedente. Al risultato hanno contribuito gli assegni in pagamento con durata da 40 e più anni. Nello specifico, al 1.1.2021all’Inps risultano, 423.009 pensioni previdenziali relative a uomini e donne andati in pensione nel lontano 1980 o ancor prima. A cui si aggiungono 53.274 assegni di durata maggiore dei 40 anni corrisposti agli ex dipendenti pubblici. Questo è quanto emerge dal nono Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, che tuttavia stima una riduzione del rapporto spesa pensionistica/Pil, dal 14,27% del 2020 al 13,19% del 2021, fino al 12,32% nel 2024, evidenziando che ad oggi il nostro sistema pensionistico è sostenibile e lo sarà anche tra 15 anni, nel 2035 quando le ultime frange dei baby boomers, ovvero, i nati dal dopoguerra al 1980, si saranno pensionati. Tuttavia, ad avviso del Rapporto, perché si mantenga la sostenibilità pensionistica, sono necessarie alcune condizioni: 1) Le età di pensionamento, in quanto l’età effettiva media di pensionamento si è ridotta a circa 62 anni contro una media Ocse vicina ai 65 anni. Il Rapporto stima che dal 2012, tra 9 salvaguardie a seguito della Fornero, tra cui precoci, Ape sociale, Quota 100 e i “lavori gravosi” oltre 850 mila lavoratori (85 mila l’anno) sono andati in pensione con i requisiti di età molto bassi. Occorre quindi correlare l’età di pensionamento alla speranza di vita che in Italia è tra le più elevate a livello mondiale; 2) Invecchiamento attivo, migliorando l’organizzazione del lavoro prevedendo, al crescere dell’età, il passaggio a mansioni sempre più consone all’anagrafe e allo stato di salute del lavoratore; 3) Prevenzione nel senso di progettare una vecchiaia in buona salute. Su questo aspetto, il Rapporto evidenzia che in Italia manca una normativa sull’assistenza sanitaria integrativa e una gestione pubblica e privata per affrontare il fenomeno della non autosufficienza; 4) il mercato del lavoro che oggi vede la quasi totalità della spesa pubblica indirizzata verso le politiche passive/assistenziali del lavoro e poco nulla sulle politiche attive, sulla formazione professionale e sulla formazione continua, prevedendo più incentivi al lavoro. Impatto Covid – Il rapporto ha esaminato anche l’impatto economico sull’Inps a seguito della cancellazione di numerose pensioni di Invalidità, Vecchiaia e Superstiti per l’eccesso di mortalità del 2020 rispetto alla media 2015-2019. E’ emerso che il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate. Le cancellazioni di pensioni in pagamento da molti anni (spesso oltre 35) è stato elevato e ha compensato gli effetti di Quota 100 e di Ape sociale. I risparmi Inps, quantificati per il 2020 in 1,11 miliardi di euro considerando anche il minor risparmio dovuto all’erogazione delle nuove reversibilità, proiettati dal centro Studi per il decennio 2020- 2029 evidenziano un risparmio totale di 11,9 miliardi di euro. Fiorito Leo
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